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Il governo e la manovra da panico

Valerio Valentini

“Tutto previsto”, dice Conte sulla bocciatura da parte della Commissione Ue. Ma i grilloleghisti non hanno soluzioni alternative e nella maggioranza cresce la paura per l’incidente

Roma. Il senatore grillino si concede una pausa dai lavori, mentre nell’Aula si discute di legittima difesa. Controlla gli indici di borsa sul tablet e si lancia in una metafora: “Immagina un vicolo stretto che però abbia degli sbocchi laterali. Bene, più vai avanti, ignorando quelle vie di fuga, più finisci per avvicinarti al muro”. Il tutto per dire, con uno sforzo d’inventiva notevole, che “siamo in un vicolo cieco”. E sarà pur vero, come dice Giuseppe Conte, che la bocciatura ufficiale della manovra italiana da parte della Commissione europea era “nell’aria”, ma ancor più reali sono state le telefonate allarmate che, nei giorni scorsi, un gruppo di grillini di Palazzo Madama ha fatto all’indirizzo di Via Veneto e Via XX Settembre. Dall’altra parte, a ricevere le lamentele (“Ma cosa abbiamo davvero intenzione di fare, con la manovra?”), Luigi Di Maio e Laura Castelli.

   

Il ministro dello Sviluppo esulta, intanto, e l’ufficio di comunicazione a cinque stelle, con lo zelo di sempre, dirama l’ordine alle truppe: “Massima condivisione”. E allora tutti a fare post e tweet di giubilo: “E’ la prima manovra italiana che non piace alla Ue. Non mi meraviglio: è la prima manovra italiana che viene scritta a Roma e non a Bruxelles!”. Ma quanto questo entusiasmo sia concreto stanno a dimostrarlo le conversazioni tra parlamentari del M5s che domenica, tra gli stand del Circo Massimo, si scambiavano consigli su come trasformare i loro mutui a tasso variabile in mutui a tasso fisso. E insomma la paura c’è, al di là delle dichiarazioni di circostanza: “Ma finché i sondaggi non segnano una chiara insofferenza della gente per questa manovra, è illusorio attendersi da quei due anche solo un mezzo passo indietro”, ammette, nel governo, chi continua a spendersi per tentare di muovere a migliori consigli i vicepremier. 

  

Perché non è solo Di Maio ad alimentare questo scriteriato gioco al rialzo. C’è anche Matteo Salvini a tirare dritto. Unica novità nella speranza che tanto basti a persuadere i tecnici di Bruxelles, “il sorriso”. Il leader del Carroccio esibisce un garbo quasi impensabile: “Risponderemo cortesemente a tutte le lettere”, dice. Ma proprio mentre lui vara questa stagione dell’urbanità, un suo eurodeputato in cerca del quarto d’ora di notorietà, tale Angelo Ciocca da Pavia, pensa bene di calpestare con la suola della scarpa – “suola made in Italy!!!”, ci tiene a precisare – i fogli che Pierre Moscovici aveva appena finito di leggere durante la conferenza stampa in cui il commissario europeo agli Affari economici aveva spiegato i motivi della bocciatura della manovra italiana. Il tutto ripreso e tronfiamente postato sui social: “Ho fatto bene???”.

  

Meno entusiasta, invece, Giancarlo Giorgetti, che da giorni ripete la sua preoccupazione: “Se l’Europa non crede nelle nostre stime di crescita, significa che dovremmo praticamente riscrivere tutto”, ha confidato ai suoi. Ma questo è politicamente improponibile per Matteo Salvini. Un conto è limare, correggere e posticipare l’avvio delle misure più costose, un altro è riscrivere tutto. Certo, nel governo sono convinti che lo scontro con Bruxelles possa essere risolto sul piano diplomatico, più che strettamente contabile: “Non è solo una questione di numeri, è evidente”, dice un esponente grillino dell’esecutivo. E però in questa trattativa l’Italia ha già ceduto: prima riducendo il deficit per il 2020 e il 2021, poi spiegando che il 2,4 è “il tetto massimo, per il 2019, ma magari non si avrà bisogno di raggiungerlo”. Insomma, il governo dal petto in fuori e il mento in alto ha dimostrato di avere paura. Al punto che lo stesso Conte, forse un po’ sibillinamente, ieri s’è lasciato scappare due parole di troppo: “Il 2,4 non si tocca...”, ha sentenziato, per poi aggiungere: “...al momento”. Un’apertura? Assolutamente no, precisano da Palazzo Chigi.

   

Ma è indubbio che nelle prossime tre settimane, termine entro cui il governo dovrà rispondere a Bruxelles, una soluzione andrà presa. “Anche se le strade laterali sembrano davvero finite, ormai”. L’unica possibilità di non restare intrappolati nel “vicolo cieco”, sarebbe “fare una retromarcia”, spiegano i leghisti, raccogliendo la metafora degli alleati grillini. Ma la retromarcia né Salvini né Di Maio possono permettersela: con buona pace di Carige e delle altre banche che, con lo spread stabile sopra quota 300 e con il declassamento di Standard & Poor’s alle porte, sono in una situazione di estrema sofferenza. “Read my lips: non way for Italexit”, dice Conte. Ma l’atteggiamento del governo sembra incompatibile con ciò che si legge sulle labbra, a meno che l’obiettivo non dichiarato sia proprio l’incidente fatale.