Jean-Luc Mélenchon (foto LaPresse)

Arriva da sinistra Mélenchon a sostenere il sovranismo italiano

David Carretta

L’Ue è diventata "una prigione del popolo" e "gli italiani hanno diritto di decidere cosa è bene per l’Italia", ha spiegato il leader della France insoumise

Strasburgo. Il governo italiano ha trovato un alleato nell’Unione europea nella prova di forza con la Commissione di Jean-Claude Juncker sul documento programmatico di bilancio per il 2019. “I francesi hanno interesse a difendere tutti quelli che difendono la sovranità popolare. E’ la ragione per cui è necessario prendere le parti del governo italiano”, ha detto il leader della France insoumise, Jean-Luc Mélenchon, tribuno dell’estrema sinistra populista, che aspira a rovesciare l’establishment europeo ma soprattutto a prendere il posto di Emmanuel Macron all’Eliseo. L’Ue è diventata “una prigione del popolo” e la decisione della Commissione di bocciare la manovra di Movimento 5 Stelle e Lega è “una spogliazione della sovranità di una nazione e di un popolo. Gli italiani hanno diritto di decidere cosa è bene per l’Italia”, ha spiegato Mélenchon, durante una conferenza stampa all’Europarlamento. L’insubordinato Mélenchon, che appena qualche giorno si ammantava della carica di deputato all’Assemblea nazionale per dichiarare “la Repubblica sono io” e respingere poliziotti e magistrati che stava perquisendo le sedi del suo movimento per irregolarità finanziarie, dice di non voler avere nulla a che fare con Luigi Di Maio e Matteo Salvini. “No”, risponde seccamente Mélenchon quando il Foglio gli chiede se sia pronto a discutere con i 5 Stelle in vista delle europee. Ma contro l’Ue, le sue istituzioni e le sue regole, la battaglia del populismo sovranista è comune a entrambe le estreme dello spettro politico. In Europa “non c’è democrazia perché gli italiani hanno votato in un modo, è stato costituito un governo e la Commissione decide altro”. Secondo Mélenchon, “Juncker e i suoi amici, il signor Moscovici e gli altri, hanno deciso che c’è un arbitro di dimensioni superiori, la Commissione europea”.

 

Mélenchon è una ciambella di salvataggio in un oceano di isolamento europeo per il governo populista. “Non pagheremo mai per le promesse elettorali e populiste”, hanno detto quelli che dovevano essere i migliori amici nell’Ue, come il cancelliere austriaco Sebastian Kurz, volto del sovranismo presentabile del centrodestra. Il presidente di Alternativa per la Germania, Joerg Meuthen, ha applaudito a Salvini perché, con lo scontro con la Commissione sulla manovra, “insegna che l’Italia è uno stato sovrano”. Di conseguenza, essendo sovrana, l’Italia dovrà caricarsi “sulle proprie spalle” le conseguenze della sua irresponsabile politica di bilancio in caso di crisi finanziaria.

 

Il caso Mélenchon ricorda che il populismo dell’estrema sinistra non è meno pericoloso del populismo dell’estrema destra. Il tribuno insubordinato è impegnato nella convergenza delle lotte con il suo alter ego dall’altro, la leader del Rassemblement national, Marine Le Pen. I tratti comuni sono sempre di più: dal richiamo costante a un effimero “popolo” alla sottile xenofobia (qualche giorno fa Mélenchon si è messo a fare il verso a un giornalista per il suo accento poco parigino), dalla presenza costante di un capro-espiatorio (Soros) al nazional-statalismo economico. Il populismo di estrema sinistra si sta impossessando anche delle posizioni anti migranti. In Germania, una delle leader di Die Linke, Sarah Wagenknecht, ha lanciato il suo movimento Aufstehen (In piedi, ndr) contro l’immigrazione. Più che costituire una minaccia numerica, il mélenchonismo sta contagiando politicamente i partiti tradizionali del centrosinistra.

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