Sergio Marchionne (foto LaPresse)

Quattro cose da conoscere per parlare di Marchionne sapendo cos'ha fatto per Fiat

Redazione

Occupazione, cassa integrazione, internazionalizzazione e i conti. Così il manager ha risanato un'azienda sull'orlo del collasso

C'è chi lo ha dipinto come un “nemico” del popolo e degli operai. Persino la Conferenza episcopale italiana, commentando le notizie su Sergio Marchionne e sulla fine dei suoi 14 anni alla guida di Fca, ha sottolineato che “andrebbe approfondito il tema della ricaduta sociale dei suoi interventi”. Ecco allora alcuni dati (veri) sull'èra Marchionne.

 

Grafica di Enrico Cicchetti su dati Fim Cisl


  

Occupazione

Quando Marchionne è arrivato nel 2004, il gruppo (Fca, Cnhi, Ferrari e Sevel) aveva 179.040 dipendenti nel mondo e  83.320 in Italia (all'epoca esisteva una joint Fiat GM Powertrain). Otto anni dopo erano cresciuti di 110.185 nel mondo e di 3.244 in Italia. Lo scorso anno la crescita era +130.058 e +3.579. Certo su questi livelli occupazionali pesano sia l'acquisizione di Chrysler, sia le perdite occupazioni dovute alla chiusura di Termini Imerese, Iris Bus, Cnh Imola. Ma il saldo resta comunque positivo.

 

Cassa integrazione

Nello stesso periodo, dopo la chiusura di Termini Imerese, il ricorso agli ammortizzatori sociali è sceso dal 27 per cento del 2012 (solo Cigs) al 7 per cento (Cigs e Contratti si solidarietà) del 2018. Va sottolineato che a differenza della Cassa integrazione in deroga (utilizzata da Fca solo a Termini Imerese dopo la chiusura), sia la Cigo (cassa ordinaria) che la Cigs (cassa integrazione straordinaria) sono pagate da azienda e lavoratore e non dalla fiscalità generale.

 

Internazionalizzazione

C'è una differenza, che spesso non viene considerata, tra delocalizzare ed espandersi. Marchionne in questi 14 anni ha costruito diversi stabilimenti all'estero. E lo ha fatto spesso utilizzando soldi dei governi di altri paesi. Ha ricevuto, ad esempio, un finanziamento dall'amministrazione Obama (restituito in anticipo rispetto alla scadenza), ma soprattutto sovvenzioni dal governo serbo e dal Guangzhou Automobile Group, per aprire stabilimenti Kragujevac (2008) e in Cina (2010).

 

I conti

Prima dell’arrivo di Sergio Marchionne la Fiat proveniva da un periodo di perdite pesanti: 4,2 miliardi di euro nel solo 2002, due miliardi di euro nel 2003, 1,5 miliardi di euro nel 2004. Un totale di 7,7 miliardi di euro di perdite in un solo triennio. Insomma Fiat era destinata al fallimento e aveva aveva smesso da tempo di essere una “eccellenza italiana”.

 

“Marchionne ha ereditato una Fiat, che negli anni aveva ricevuto molto denaro pubblico, e ciò nonostante era sull'orlo del collasso. L'ha risanata e l'ha trasformata in un gruppo senza debiti – ha spiegato Marco Bentivogli, segretario generale della Fim Cisl – Ma si è sempre tenuto distante dalla politica italiana che caso mai lo ha usato per mostrare i propri successi. Si è tenuto lontano dalla politica per evitare di entrare in quel cortocircuito di ricatti, assunzioni clientelari, privilegi che non sono conciliabili con una grande azienda multinazionale . Oggi il Paese è del resto ricco di imprese che esportano buona parte della produzione senza dover dire grazie alla politica, io la chiamo l'Italia a prescindere ”.

Di più su questi argomenti: