Il salvataggio dei migranti al largo della Libia da parte della Alan Kurdi

Il nuovo scontro tra Salvini e le ong: scene di ordinario caos nel Mediterraneo

Luca Gambardella

Un altro centinaio di migranti salvati dal veliero Alex e dalla nave Alan Kurdi. La confusione con Malta, il nuovo test per il decreto sicurezza bis e lo scontro ideologico

Nelle ultime ore due nuovi salvataggi di migranti nel Mediterraneo alimentano la guerra di nervi tra il governo italiano e le ong. Soprattutto, si tratta di due nuovi banchi di prova per l’applicazione del decreto sicurezza bis, tanto voluto dal ministro dell’Interno Matteo Salvini ma rivelatosi inefficace, come ha sancito la magistratura nel caso della Sea Watch 3.

 

I due salvataggi

La successione degli eventi mette sempre più in difficoltà il Viminale, che ha già subìto un colpo molto duro per il caso Sea Watch 3 (oggi, la comandante Carola Rackete ha fatto sapere di avere querelato Salvini per diffamazione, dopo un video pubblicato su Facebook dal ministro dell’Interno). Ieri sera il veliero Alex, dell’ong italiana Mediterranea-Saving Humans, ha salvato 54 migranti nella zona sar libica. La barca, lunga appena 18 metri, ha fatto rotta verso nord e staziona adesso al limite delle acque territoriali italiane, il cui accesso è stato però bloccato dal nostro governo proprio in base al decreto sicurezza bis. A causa delle difficili condizioni a bordo, 13 persone sono state evacuate su una motovedetta della Guardia costiera italiana per ricevere le cure necessarie sulla terraferma. Stamattina invece la nave Alan Kurdi, dell’ong tedesca Sea Eye, ha raccolto altri 65 migranti intercettati a 34 miglia dalle coste libiche. Il loro gommone non aveva strumenti per la navigazione e aveva a bordo solo 10 litri di acqua potabile. “Sono stati incredibilmente fortunati”, ha detto il direttore delle operazioni della Alan Kurdi, Gordon Isler.

 

 

Salvini: "Vadano in Tunisia o in Germania"

Con il solito refrain “io non mollo”, il ministro Salvini ha invece ripetuto che se le due navi ong non si dirigeranno verso la Tunisia o verso Malta, “sarà l’ennesimo atto di disobbedienza, violenza e pirateria”. Su Twitter, il capo del Viminale è sembrato però meno disinvolto del solito. Da Trieste, dove si trova stamattina, si è limitato a ripetere che “a Tunisi sbarcano migliaia di turisti ogni giorno” e che quindi i migranti possono essere portati lì. 

 

Anche oggi, Salvini si è rivolto alla Germania affinché accolga i migranti a bordo della Alan Kurdi, che batte bandiera tedesca. Ma intanto, come dimostra il caso dei migranti sbarcati dalla Sea Watch 3, aumentano i dubbi sulla reale volontà del ministro dell’Interno di portare a termine un’equa redistribuzione dei migranti tra gli altri paesi dell’Ue. In un comunicato diffuso ieri, Berlino ha dichiarato che “al momento il governo federale non ha ricevuto alcuna richiesta di accoglienza delle persone" da parte dell’Italia. E dire che il Viminale aveva ripetuto più volte che la responsabilità dell’accoglienza spettava al governo tedesco.

  

I dubbi sulla missione Mediterranea

Lo scontro dialettico ormai è incancrenito tra le dichiarazioni inesatte (se non apertamente false) rivolte dal ministro dell’Interno (come quelle sulla possibilità di fare sbarcare i migranti in Tunisia) e le provocazioni delle ong, determinate a portare all’implosione il sistema autoritario messo in piedi dall’Italia per legittimare i respingimenti. La missione di Mediterranea Saving-Humans è iniziata circa un anno fa, come risposta al ritiro dello stato italiano e dell’Ue da qualsiasi responsabilità nelle operazioni di salvataggio nel Mediterraneo. Ma sin dall’inizio, alcuni aspetti della missione dell’ong avevano attirato diverse critiche sulla sua opportunità. All’epoca il vicepremier del M5s, Luigi Di Maio, aveva accolto positivamente l’iniziativa, definendo le navi pronti alla partenza delle “sentinelle civiche”. Oggi invece il ministro grillino ha cambiato decisamente i toni: “Credo che la questione della Mediterranea sia l'ennesima dimostrazione che ormai le ong hanno trovato il loro palcoscenico”, ha dichiarato.

 

Il caso del veliero Alex è emblematico. E’ un’imbarcazione piccola, non adatta ad attività sar (search and rescue), che sulla carta doveva limitarsi al monitoraggio del Mediterraneo centrale. Ora invece si ritrova sovraccarica di persone, con una linea di galleggiamento pericolosamente bassa in caso di peggioramento delle condizioni del mare e con pochi mezzi a bordo per prestare le cure necessarie ai naufraghi. D’altra parte, il diritto internazionale – come ha ricordato anche l’ordinanza del gip di Agrigento per il caso Rackete – impone il salvataggio di chiunque ne abbia necessità. Il risultato è questo braccio di ferro tra ong e autorità italiane, che però si traduce spesso in situazioni caotiche.

 

La confusione con Malta

Secondo l’equipaggio di Alex, le indicazioni ricevute dall’Mrcc di Roma, quello che coordina i soccorsi, sono state poco chiare. In un primo momento sembrava che Malta fosse pronta ad accogliere i migranti a bordo in base a un’offerta rivolta all’Italia proprio dalla Valletta: l’accoglienza dei 54 naufraghi a Malta in cambio di altri 50 migranti che invece avrebbero dovuto fare il percorso inverso, verso l’Italia. Ma il veliero, date le sue difficili condizioni a bordo e lo scirocco previsto in aumento nel pomeriggio, ha detto che non poteva sopportare un viaggio così lungo fino a Malta e ha chiesto il trasbordo dei naufraghi su navi militari. Ma finora, l’Italia si è rifiutata di offrire una nave per il traporto delle 54 persone.

  • Luca Gambardella
  • Sono nato a Latina nel 1985. Sangue siciliano. Per dimenticare Littoria sono fuggito a Venezia per giocare a fare il marinaio alla scuola militare "Morosini". Laurea in Scienze internazionali e diplomatiche a Gorizia. Ho vissuto a Damasco per studiare arabo. Nel 2012 sono andato in Egitto e ho iniziato a scrivere di Medio Oriente e immigrazione come freelance. Dal 2014 lavoro al Foglio.