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Incidenti provocati che provocano una guerra civile a bassa intensità

Guido Vitiello

Un gip, l’Anpi o la nave di una ong nel mirino. Tattiche salviniane

Mamma, Ciccio mi tocca. Toccami, Ciccio, che mamma non vede. Si assuma “Ciccio” come variabile che può designare, secondo i casi, il gip di Agrigento, un pubblico ministero, la nave di una ong, l’Anpi, il Salone del libro di Torino, i comunisti in Rai, la psicopolizia del politicamente corretto, la Germania, il deep state, Saviano, la lobby gay, la lobby di Lotta Continua, la lobby dei gay di Lotta Continua (magari esiste, chissà), e si sarà risaliti al grande algoritmo che regola la tattica retorico-politica dei salviniani. La motovedetta dei finanzieri mandata a infilarsi come una zeppa tra la fiancata della nave e il muro del molo rivela, prima e più che un ordine irresponsabile impartito dal ministro, un ordine del discorso, per usare la formula di Foucault, uno schema che definisce il campo della discussione e assegna le rispettive posizioni dei partecipanti. Al largo di Lampedusa abbiamo potuto ammirare la perfetta allegoria navale di un meccanismo che i volenterosi esecutori del salvinismo azionano a ciclo continuo, giorno e notte. L’algoritmo di Ciccio ha tenuto a battesimo il governo gialloverde. In quel caso, Ciccio era il presidente Sergio Mattarella e il suo rifiuto di nominare un teorico dell’addio all’euro come ministro dell’Economia. Il barchino di Paolo Savona fu spedito scelleratamente tra la nave del popolo e il molo del Quirinale, per provocare il primo di una lunga serie di teatrali incidenti. Mamma, Sergio mi tocca; toccami, Sergio, che mamma non vede. L’impuntatura pretestuosa sul nome di Savona, che a sua volta s’impuntò sul proprio nome con voluttuosa megalomania, non aveva altra ragione che quella: mostrare fino a che punto l’establishment faceva testuggine contro la volontà popolare. Scommettere su un boiardo della Prima Repubblica e non su qualche punk scappato dalla Gabbia, così da far passare Mattarella per un capriccioso tiranno che si accaniva irragionevolmente contro un anziano gentiluomo di sperimentata innocuità, fu una mossa senza dubbio astuta. Molti abboccarono, o trovarono conveniente abboccare.

 

Poi è stata la volta della Diciotti – altro incidente teatrale, altra reazione tenacemente perseguita e suscitata con malizia, altra spaccatura artefatta tra amici e nemici del popolo: Salvini in quel caso la fece grossa, ma grossa davvero, e poi si appiattì come una motovedetta umana per attirarsi una speronata giudiziaria. Dopo qualche giorno di smargiassate – arrestatemi, processatemi, eccetera – una speronatina arrivò, ma un’ammaccatura leggera; lui e i suoi madrigalisti moderni della compagnia Fuori dal Coro, però, erano già pronti a intonare abusivamente una celebre aria berlusconiana: i pm vogliono fare politica ma non li ha eletti nessuno! Cosa generalmente vera, peraltro. Salvo il dettaglio, non indifferente, che Berlusconi quell’aria poteva cantarla con buon diritto: i magistrati lo andavano a cercare spontaneamente e con sospetta solerzia, mentre Salvini fa l’impossibile perché gli mettano le mani addosso. Popolo, Ciccio mi tocca!

 

Una volta capito lo schema generale, tanti altri episodi di minor conto diventano facilmente decifrabili. L’opera indefessa di quell’indefesso di Morisi consiste appunto nel trovare il Ciccio del giorno – foss’anche una maestra di provincia, una liceale con un cartello in un corteo, un prete svitato – per dar fiato alle trombe petulanti del piagnisteo. Ma tutto il fronte sovranista, non certo il solo Salvini, ha imparato a usare l’algoritmo, e a seminare provocazioni sperando nella grazia di un eccesso di reazione (che spesso arriva). Si assuma Ciccio=Anpi e si avrà la “fatwa” contro il professor Marco Gervasoni, il miscelatore del cocktail marinettiano “Sea Watch bum bum”, che aveva anche paragonato la nave della ong alla Kriegsmarine nazista nel 1943; si assuma Ciccio=deep state rosso della Rai e si avrà la “caccia alle streghe” contro la giornalista del Tg2 Anna Mazzone, quella del “blitz della crucca”, che si è difesa citando Pasolini (come se non gli fossero passati già abbastanza volte sopra con la macchina, poveretto). Ci sono anche cicciomani da comunità di recupero, come Mario Giordano. E potremmo andare avanti per pagine.

 

Ora che conoscete i poteri dell’algoritmo di Ciccio, però, non provatelo a casa. Non è il solito vittimismo ristagnante della palude italiana, è qualcosa di più sofisticato: una tattica di guerra civile fredda. Che di incidente in incidente sta sfiorando temperature pericolose.