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Il reddito di cittadinanza divide Grillo e Di Maio

Massimo Bordin

E' un provvedimento "ispirato ai paesi liberali che utilizzano la flex security" oppure "serve a garantire a tutti un reddito per diritto di nascita"? Nel M5s le idee sono confuse

Le agenzie di stampa sono uscite a distanza di tre ore una dall’altra e confermano quello che qui si era scritto a proposito di una divergenza netta fra Beppe Grillo e Luigi Di Maio su come debba essere inteso il reddito di cittadinanza. Di fronte a un nuovo testo messo sul suo blog da Grillo e rilanciato dalle agenzie Di Maio, nel suo incontro con la Confcommercio a Milano, aveva tenuto a dire che “il M5s non ha intenzione di dare soldi alle persone senza che facciano nulla” e che il reddito di cittadinanza “non è uno strumento legato all’assistenzialismo ma ispirato ai paesi liberali che utilizzano la flex security”.

 

Mentre Di Maio diceva questo ai commercianti, sulle agenzie usciva un nuovo testo di Grillo che proponeva di garantire a tutti un reddito per diritto di nascita perché, scriveva, “siamo davanti a una nuova èra, il lavoro retribuito, e cioè legato alla produzione di qualcosa, non è più necessario una volta raggiunta la capacità produttiva attuale” che, se le parole hanno un senso, andrà mantenuta se non aumentata. La contraddizione fra le due interpretazioni dello stesso obiettivo è stridente. Può essere spiegata con la volontà di Di Maio di ingraziarsi la sala ma va segnalato anche un passo avanti di Grillo nelle sue teorizzazioni. Non siamo più al pasticcio regressivo della decrescita e al rimpianto del baratto ma a una lettura, semplificata ed estremizzata, di una sociologa del lavoro, Dominique Meda, una cui citazione campeggia sopra l’elaborato di Grillo. Meda comunque è uscita dall’Ena e non dall’università di Pretoria.

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