Rosy Bindi (foto LaPresse)

Perché non si può fare dell'Antimafia un'icona intangibile

Massimo Bordin

La polemica sul “garantismo a intermittenza” del Mattino e il rischio di una preoccupante e un po’ plumbea acriticità 

La risposta assai dura, pubblicata dal Dubbio, del ministro della Giustizia a un’intervista di Massimo Adinolfi, nella quale l’editorialista del Mattino replicava agli attacchi della presidente della commissione Antimafia sulle posizioni garantiste del quotidiano napoletano, è interessante per più di un motivo. Diamo pure per comprensibile un certo sovrappiù polemico, in fondo Andrea Orlando e il professore Adinolfi hanno lavorato insieme e ora non sono d’accordo, ma, anche fatta la doverosa tara, l’argomentazione del ministro resta pesante. Non come quella della presidente Rosi Bindi che, con lo stile che la distingue, ha interpretato gli articoli del Mattino come un dettato dell’editore, presuntivamente intimorito dalle nuove norme contro la corruzione. A questo Orlando non è arrivato. Il ministro però ha ripreso la categoria del “garantismo a intermittenza” e l’ha usata come una clava contro il peraltro incolpevole Adinolfi. Fa riflettere soprattutto un passaggio nel quale il ministro cita un editoriale, del direttore del Mattino Alessandro Barbano, in cui, scrive Orlando, “si arriva a mettere in questione lo stesso ruolo della commissione antimafia nella democrazia italiana”. Difficile credere che il ministro pensi davvero che l’operato della commissione sia stato, e sia anche oggi, sempre producente per la nostra democrazia e che ignori un dibattito, anche a sinistra, ricco di spunti critici sul suo operato passato e recente. Farne una icona intangibile mostra il segno di una preoccupante e un po’ plumbea acriticità. Una qualche intermittenza nel giudizio forse aiuterebbe.

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