Le canzoni di protesta sono quasi tutte dimenticabili

Rolling Stone ha catalogato le 40 considerate essenziali dal 1939 a oggi. Di fasi come la Seconda guerra mondiale o il 68 è rimasto poco. Forse perché la protesta nasconde il vuoto di idee e la mancanza di bellezza

Antonio Gurrado

Rolling Stone, quanto meno nell’edizione americana, ha catalogato le quaranta essenziali canzoni di protesta dal 1939 a oggi. Si parte da Billie Holiday e si arriva a Lil Baby ma, più che la selezione, colpisce la distribuzione: su quaranta canzoni di protesta irrinunciabili, cinque sono del 2020. Considerato che il dossier copre ottant’anni, perché ci fosse una distribuzione equilibrata o il 2020 avrebbe dovuto rientrarci con mezza canzone o i titoli selezionati avrebbero dovuto essere quattrocento. Senza considerare che del 2020 abbiamo visto finora manco due terzi, ragion per cui entro dicembre c’è tempo per incidere almeno un altro paio di canzoni di protesta fondamentali, anche tre se siamo ottimisti. Per rendere l’idea, secondo Rolling Stone durante la seconda guerra mondiale le canzoni di protesta memorabili sono state solo due, e massimo quattro nel biennio di fuoco 1968-1969.

 

Tale sproporzione ha tre possibili spiegazioni. La prima, e più semplice, è che nella storia recente del mondo non c’è mai stato da protestare tanto quanto nel 2020. La seconda, e più crudele, è che delle grandi battaglie del passato e delle loro colonne sonore oggi non ce ne frega più nulla. La terza è in realtà un corollario. Col tempo le canzoni di protesta sono destinate a sbiadire non solo perché le loro cause contingenti diventano meno pressanti ma anche perché, diciamocelo, a parte rare eccezioni monumentali le canzoni di protesta non sono un gran che; anzi, sono spesso la frettolosa copertura di una carenza di idee di fondo, in cui l’estetica sonora e verbale viene sacrificata alla reiterazione di slogan di facile presa (o direttamente allo sciacallaggio, di cui puzza la canzone di una tipa che s’intitola “I can’t breathe”). Il catalogo di Rolling Stone, a volerlo considerare indicativo, dimostra questo solo dato inconfutabile: se quest’anno spiccano così tante canzoni di protesta essenziali è perché mancano canzoni di bellezza memorabile. Circostanza che mi farebbe venire sì voglia di protestare, ma purtroppo sono stonato.

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