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Ma quale Rai, ora sono maturi i tempi per la tv dell'Onestà su Instagram

Andrea Minuz

“Linea gialla” e “I viaggi di Dibba”. Idee di palinsesto gialloverde

Ora che Instagram ha annunciato la creazione di una piattaforma televisiva aperta a tutti, ora che ognuno di noi potrà finalmente trasformare la propria vita in un palinsesto, sono maturi i tempi per una televisione della democrazia diretta, una televisione dell’Onestà, tutta ovviamente da rilottizzare “dal basso”. Diciamo basta a questa odiosa pratica di sbranarsi per occupare la Rai, di infilare Paragone in Cda, Gabanelli al Tg3 o Isoardi a Sanremo. Fa tanto “Novecento”. Se cambiamento dev’essere, cambiamento sia. I giovani che hanno votato per l’agognato reddito di cittadinanza la tv non la guardano più da un pezzo e nell’immediato futuro la guarderanno sempre meno: “Rispetto a cinque anni fa, il quaranta per cento in meno”, diceva l’altro giorno Kevin Systrom, fondatore e amministratore delegato di Instagram, annunciando IGTV, la televisione del social network “delle foto”, come si diceva fino all’altro ieri (qui al Foglio l’avevamo anticipato in tempi non sospetti: le “stories” di Fedez e Ferragni erano già televisione).

  

Lo speech politico è ormai una performance senza contraddittorio e l’effetto bolla dei social network (quella cosa che ci fa entrare in contatto solo con chi la pensa già come noi per poi stupirci ogni volta che Salvini sale nei sondaggi) è risolto con una mossa radicale: in televisione guarderemo noi stessi e basta. Il futuro intravisto da McLuhan, Andy Warhol, Orwell e Philip K. Dick dai e dai è finalmente arrivato. Che ognuno si faccia la propria tv e si lasci stare quell’anticaglia della Rai. Invece di occuparla come nella Prima Repubblica, anziché farle inseguire le irraggiungibili mirabilie della Silicon Valley, questo è il momento per spingerla a ritrovare un austero, sacrosanto, oggi più che mai indispensabile destino di vero Servizio Pubblico. Qualcosa di alternativo alla rabbia, agli algoritmi, alle fake news, all’egolatria digitale.

 

L’M5s punti tutto su “Di Maio Channel”, canale Instagram dedicato ventiquattro ore su ventiquattro a vita, opere e video del ministro dello Sviluppo economico. Le dirette Facebook sono il passato. Quelle di Di Maio poi nascono vecchie, stantie, sembrano uscite dalla Rai pedagogica. Vedi la diretta del primo giorno di lavoro, con lui che entra a Palazzo Piacentini e a voce bassa, mentre se ne va a spasso tra le decorazioni di Sironi e Ferrazza, ci spiega cosa si fa in quel Ministero come un Alberto Angela della democrazia diretta. E’ ora di un restyling.

 

Si può tentare anche col canale “M5s Adventure”, programmi di punta: “Linea Gialla”, su e giù per la penisola tra le eccellenze della “decrescita felice”, e “I Viaggi di Dibba”, anche se il (momentaneo) limite di un’ora a video può qui in effetti essere penalizzante. Vedremo. Fatto sta che la televisione è morta ma tutti inseguono i contenuti televisivi. Da “Snapchat TV” a “Watch”, la tv del gigante digitale di Menlo Park, a Amazon che si è già preso la Premier League a Apple che ha siglato un accordo con Oprah Winfrey. Poche ore prima dell’annuncio della nuova piattaforma video di Instagram, Facebook ha diffuso la notizia che a breve sarà possibile trasformare i video in diretta in quiz interattivi a premi e game-show. Matteo Salvini, che ha iniziato col “Pranzo è servito” di Corrado, starà già buttando giù qualche idea: rifare “Affari tuoi” con le lire o “Caccia e vinci”, il primo game-show sovranista-identitario-razzista della nuova era del populismo televisivo.