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A Sanremo tutti sono a proprio agio più di Baglioni

Mario Leone

Nella prima serata del Festival della canzone italiana i pochi giovani in gara suonano vecchio come i colleghi più attempati

Lo confesso stavo per spegnere il televisore sulla sigla introduttiva. I big in gara che intonano un verso in sequenza. Quelle sigle tipo “We are the world” con le stelle della musica pop riunite per raccogliere fondi per l’Africa. E’ iniziato così il sessantottesimo festival della canzone italiana. Dopo la vigilia, passata sul red carpet, si entra nel vivo e subito una doppia sorpresa. Fiorello apre la serata e deve fronteggiare sul palco un uomo che protesta per la mancanza di un lavoro che gli era stato promesso. Fiorello, in maniera serafica gestisce la situazione e riprende senza colpo ferire. E’ a suo agio sul palco, scherza, si diverte e canta meglio del novanta percento dei cantanti in gara. Così si inventa un simpaticissimo medley di melodie di Morandi (l’altro ospite della serata) su parole di Baglioni e viceversa.

 

 

Un lungo intervento quello di Fiore che prelude all’ingresso di Claudio Baglioni. Si aprono le scale e il jingle che risuona ricorda “Ufo robot” e le melodie di John Adams (non ce ne voglia). Baglioni decanta il valore della canzone, cita Turandot e dopo la presentazione dei compagni di avventura inizia la gara con Annalisa che con la sua “Il mondo prima di te” ricorda (e fa rimpiangere) “Hello” di Adele.

 

 

Bella la canzone di Ron diretta dal maestro Vessicchio osannato dalla platea. Peccato non sia cantata da Lucio Dalla. Ron non ha quella capacità di fraseggio irregolare, di tempo fluttuante e intonazione al limite, tipica del cantante bolognese.

 

 

E tra una dichiarazione d’amore della Hunziker al marito in sala e un’esibizione rumorosa dei The Kolors si arriva alla canzone di Max Gazzè. Il pur promettente testo di “La Leggenda di Cristalda e Pizzomunno” non funziona su una musica che vuole esaltare gli aspetti sinfonici dell’orchestra e peggiora grazie alla voce nasale del bassista.

 

 

Fiorello ritorna sul palco. E’ lui il protagonista della serata e quando stringe il microfono è veramente notevole. Questa volta la canzone è di Baglioni: E tu. Fiore adombra Claudio nel suo. Baglioni cerca il gobbo per le parole, litiga con il papillon, sempre al limite sugli acuti. Spaesato e troppo nella parte del comprimario. La serata è lenta come per tradizione.

 

Ci si commuove nel vedere Ornella Vanoni ma solo perché ancora in piedi. La voce è andata anche quando parla mentre canta. Tra i più acclamati Fabrizio Moro e Ermal Meta (a fine serata accusati di plagio). Che peccato avrà mai commesso Meta per cantare con lo stonato Moro? Questi ci mette volontà nel cantare la vittoria del bene sul male, ma non regge il confronto con il compagno. Ricevono tanti applausi e apprezzamenti sui social, per questo non vinceranno.

 

 

Mario Biondi che canta in italiano e solo peggio di Mario Biondi che canta in inglese. La sua canzone poi ricorda le atmosfere di “Strangers in the night” e “Unforgettable”. Bocciato. Intanto si esibiscono sia Favino, in un medley di canzoni italiane in stile Fiorello, sia la bionda Michelle che si lancia (troppo coraggiosamente) in “E se domani”. Tutti sono a proprio agio più di Baglioni. Intanto tra le volte dell’Ariston risuonano le vocali aperte e lunghe di Facchinetti (domanda: se la voce è bassa perché scegliere una tonalità alta?) e le stonature de Lo stato sociale che portano sul palco una vecchia ballerina che volteggia rischiando i femori, idea poco originale perché mutuata dal video della canzone “The hardest part” dei Coldplay.

 

 

Noemi plagia se stessa (la sua canzone è uguale a “Sono solo parole”) e conferma che la sua voce, finto sporca, è molto più vecchia di quella della Vanoni. I Decibel cantano un omaggio a David Bowie con testo italiano e inserimenti in inglese come quei brani da parrocchia dove al testo italiano si aggiunge il latino. Si fa tardi e confidiamo negli Elii per un sussulto, invece il loro “Arrivedorci” è scarico e poco originale: ci si aspettava qualcosa in più.

 

 

Non ci aspettavamo nulla da Caccamo che oltre a non beccare una nota canta “Perdere l’amore” di Massimo Ranieri. Bello il duetto Morandi – Tommaso Paradiso, peccato non fossero in gara così come l’omaggio (doveroso) a Luis Bacalov. Si arriva faticosamente alla classifica finale (quest’anno ahimè non ci saranno eliminazioni) passando tra la tromba di Roy Paci, l’anonimato di Nina Zilli (per questo potrebbe vincere), guasti sul palco, altri ospiti e Baglioni che riappare al pianoforte per sponsorizzare l’ultimo film di Muccino. Chiudono la serata Le vibrazioni che sarebbe stato meglio non si fossero mai riuniti.

 

Prima Annalisa che forse è stata tra le migliori (e ho detto tutto). Si conclude la prima serata di un Festival dove quei pochi giovani suonano vecchio come i colleghi più attempati. Speriamo di essere smentiti.

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