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A Sanremo i giovani sono una parentesi da liquidare in fretta

Mario Leone

L'italiano incomprensibile di Sting, la fuffa del Volo, il dramma musicale di Mirkoeilcane, i duetti di Baglioni e altre cartoline dal Festival

Pronti via e si apre la seconda serata con Michelle Hunziker e Claudio Baglioni che duettano cantando Il pozzo dei desideri tratto dal cartone della Disney Biancaneve e i sette nani. Baglioni sta al gioco del comprimario facendo il pozzo e rispondendo in falsetto. Michelle non canta male, in ogni caso meglio di altri big in gara, spiritosa e mai fuori luogo.

 

Questa seconda serata però è animata dalla notizia della sospensione del duo Meta-Moro. Subito si innalza la protesta social con l’hashtag #IoStoConMetaMoro. Dal Direttore artistico nessuna informazione solo un cenno a serata iniziata della presentatrice svizzera.

 

È anche la serata dei giovani con la speranza che possano ravvivare le soporifere prestazioni dei big. I quattro concorrenti (degli otto previsti) sono in apertura, senza perdite di tempo. Quasi si voglia liquidare, il prima possibile, questa parentesi nel Festival. Apre Lorenzo Baglioni che canta Il congiuntivo. Non male vocalmente e anche come presenza sul palco. L’interpretazione aderente al significato del testo, melodia e arrangiamento molto sanremese. Quello che è inspiegabile è l’aver proposto sul palco dell’Ariston un testo pensato per lo Zecchino d’Oro. Per l’amor del cielo. Aiuterà molti ragazzi e aspiranti presidenti del Consiglio a migliorare l’uso della lingua madre ma per il Festival della canzone italiana proprio no.

 

 

Nemmeno il tempo di aver ripassato il trapassato che sale sul palco Giulia Casieri. Finalmente un po’ di vita. La ragazza si ispira, senza nemmeno celarlo, al mood di Alexia, Giorgia e Irene Grandi. Una voce naturale nell’emissione che non cerca zone inaccessibili e presenta una bella dinamica. Siamo rincuorati.

 

 

Il dramma della serata però si consuma con Mirkoeilcane. Inizia cantando “stiamo tutti bene” ma non è vero per chi l’ascolta. Porta in gara la copia esatta di “Signor tenente” di Giorgio Faletti, con un testo senza senso e un retrogusto alla Simone Cristicchi. A fine serata si classificherà ultimo, ed è già tanto.

 

 

Chiude il quartetto Alice Caioli. Non male la ragazza. La sua voce sui gravi ha una vocalità twang, sugli acuti buona ma poverissima di armonici. Anche nel suo caso un evidente caso di plagio. Nel ritornello la sequenza di accordi è identica a quella di “Ti sento” dei Mattia Bazar. Imparagonabile ad Antonella Ruggero, sia ben inteso. Alla fine si classificherà prima, ma la strada è ancora lunga e speriamo non faccia la fine della Zilli. Promossa.

 

 

Intanto finisce questa prima parte di gara e riemergono dieci big.

 

Le Vibrazioni portano un po’ di sale ma nulla di notevole. E’ una minestra riscaldata poco appetibile. Subito dopo Nina Zilli. Lei appare solo al Festival, una volta l’anno, e quest’anno lo vincerà. E’ la canzone più melodica delle venti, prevedibile ma in grado di spiccare.

 

 

Arriva il momento de Il Volo, vincitori nel 2015 e ospiti attesissimi. Cantano in tre “Nessun dorma” (perdonaci Giacomo) utilizzando tecniche di compensazione vocale e spingendo come dei disperati. Poi passano a rovinare Endrigo, tutto all’unisono, ingolati, “innasati”, con una voce che non è lirica, non è pop, non è karaoke. Per di più sono incapaci di fare una minima polifonia e flessione dinamica. La voce se la distruggeranno da soli, la reputazione è nelle mani di un business ferocissimo. Diciamo che cantano in tre quello che un cantante normale farebbe da solo. Il fenomeno di questo trio è sovrapponibile all’operazione Giovanni Allevi nella musica classica: fanno credere che si stia ascoltando lirica (o classica) invece è solo fuffa.

 

Continua la passerella dei big: Diodato meglio di ieri sera (vedremo tra venerdì e sabato) anche se in apertura del brano Roy Paci stecca la nota. Elio conferma il tristissimo e poco ispirato congedo.

 

Ancora un ospite musicale. Biagio Antonacci duetta con Baglioni in “Mille giorni di te e di me” tra l’estasi della sala e le stecche coperte da un favoloso sassofonista dell’orchestra. Rientra la Vanoni vestita dalla Hunziker della prima serata e annuncia che venerdì duetterà con Preziosi che non sa cantare. Mi chiedevo: ma chi è Bugaro e chi Pacifico? Il brano è godibile e a ottantatré anni l’Ornella ha ancora qualcosa da dire. Prima del tanto atteso Sting si esibisce Red Canzian che si conferma il Pooh meglio conservato.

 

Si diceva di Sting che canta “Muoio per te” in un italiano più comprensibile di quello della Vanoni e poi presenta il suo nuovo singolo Don’t make me wait duettando con Shaggy. Un motivetto reggae che l’Ariston fa finta di apprezzare e di impazzire dal divertimento. Prestazione triste.

 

 

Molto meglio e meno costoso Favino che balla Despacito. Ron che canta Dalla si potrebbe ascoltare all’infinito (con piacere) ma siamo certi che con Dalla sarebbe stata un’altra cosa. Rubino ha la stessa voce di topo gigio (non ce ne voglia) e un pezzo scellerato tutto scritto sul passaggio di registro della voce. Riappare Il Volo ma si è già detto tutto. Concludono la gara Annalisa (altra papabile per la vittoria finale) che nella sua canzone utilizza molto i pre-rec che al Festival dovrebbero essere proibiti, è pur sempre un live show. I Decibel chiudono la gara. Vecchioni e Baglioni invece la serata musicale sulle note di Samarcanda. Caro Claudio. Non tutto bisogna cantare in duo, trio. Ma va bene così.

 

La classifica della seconda serata dopo il voto della sala stampa (sempre divisa in tre fasce, blu bene, giallo a metà, rosso male) è la seguente: blu Diodato e Roy Paci, Vanoni-Bungaro-Pacifico e Ron, giallo Vibrazioni, Annalisa e Decibel, rosso Nina Zilli, Elio e le Storie Tese, Red Canzian e Renzo Rubino.

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