L'assedio a TikTok
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Milano. TikTok ci ha provato con tutte le forze a rimanere frivolo. A rimanere il social network della leggerezza, in cui si fanno il labiale delle canzoni e i balletti e si inventano certi meme geniali, il social network che si scorre per prendersi una pausa dal mondo, al contrario di Facebook, che è tutto propaganda, di Instagram, che è così perfetto che mette ansia, e di Twitter, che è meglio lasciar stare. TikTok ci ha provato, a tenere fuori il mondo, e soprattutto a tenere fuori la politica, anzitutto utilizzando i metodi che la sua casa madre, la cinese ByteDance, ha imparato in patria: regole moraliste e un pizzico di censura. Al tempo del suo sbarco in occidente, trattare temi politicamente controversi o sensibili su TikTok era quasi impossibile. Poi questa tattica non è stata più possibile, siamo pur sempre in occidente e c’erano i senatori degli Stati Uniti che già preparavano udienze minacciose, e dunque TikTok ha allentato la presa, ma la censura non se n’è mai andata davvero. Secondo il Wall Street Journal, gli ex moderatori di TikTok hanno detto che veniva chiesto loro di eliminare qualsiasi video sul massacro di piazza Tiananmen del 1989; fino a metà del 2019 i video delle proteste a Hong Kong erano banditi; l’anno scorso, dopo un piccolo scandalo con una celebrity, ai moderatori fu detto di eliminare tutti i video controversi che contenevano lo slogan trumpiano “Make America Great Again”; e a maggio, durante le proteste negli Stati Uniti, i manifestanti si sono accorti che l’hashtag “Black Lives Matter” veniva censurato. In tutti questi casi TikTok ha smentito o ha detto che si era trattato di un errore tecnico. E poi c’è il moralismo: le parolacce sono mal tollerate, la nudità anche (in certi paesi neanche i maschi possono mostrarsi a petto nudo) e perfino i tatuaggi sono spesso censurati. Per mantenere la sua fedeltà alla leggerezza, inoltre, TikTok ha anche vietato ogni tipo di pubblicità politica.
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- Eugenio Cau
E’ nato a Bologna, si è laureato in Storia, fa parte della redazione del Foglio a Milano. Ha vissuto un periodo in Messico, dove ha deciso di fare il giornalista. E’ un ottimista tecnologico. Per il Foglio cura Silicio, una newsletter settimanale a tema tech, e il Foglio Innovazione, un inserto mensile in cui si parla di tecnologia e progresso. Ha una passione per la Cina e vorrebbe imparare il mandarino.