I cinesi sono arrabbiati con Trump per TikTok, ma non è un'altra Huawei
Il presidente americano non ha concesso a ByteDance nessuna alternativa: o vendete a un americano o ve ne andate. Una guerra tecnologica mica tanto fredda
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Milano. La Cina è molto arrabbiata per come Donald Trump ha trattato TikTok, la sua unica app di successo internazionale. Il presidente americano dapprima ha minacciato di bandire TikTok dagli Stati Uniti, che sono il mercato più florido della app cinese (specie dopo che l’India ha vietato l’app), poi ha cambiato idea e ha concesso 45 giorni a Microsoft per negoziare l’acquisto delle operazioni dell’azienda in America, Canada, Australia e Nuova Zelanda, magari dando una fetta del pagamento anche al governo, sparata pericolosissima che ha fatto mettere a tutti le mani nei capelli. I cinesi, che in TikTok vedevano la prima volta che una loro app era riuscita a ottenere riconoscimento unanime e internazionale (anche se l’app originaria era americana, si chiamava Musical.ly, la cinese ByteDance la comprò, le cambiò il nome in TikTok e ne ha fatto un gigante) sono comprensibilmente arrabbiati per il fatto che Trump non ha concesso al loro campione social nessuna alternativa: o vendete a un americano o ve ne andate. In questi giorni, sui social cinesi il nazionalismo è molto forte. Il Wall Street Journal ha raccontato che su Douyin, che è la versione di TikTok per la Cina, censurata e sempre di proprietà di ByteDance, alcuni video sostenevano che la Cina dovrebbe fare la stessa cosa con le aziende americane, e per esempio costringere Apple a vendere tutte le sue operazioni sul territorio (in realtà la Cina ha già vietato tutti i social network americani, e costretto molte aziende straniere a joint-venture onerose con aziende cinesi, o a vendere. Per esempio McDonald’s nel 2017 ha venduto tutte le sue operazioni in Cina a un consorzio locale). Su Weibo, invece, alcuni post se la sono presa con Zhang Yiming, il ceo di ByteDance, definito un “traditore” per essere cedevole con gli americani.
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- Eugenio Cau
E’ nato a Bologna, si è laureato in Storia, fa parte della redazione del Foglio a Milano. Ha vissuto un periodo in Messico, dove ha deciso di fare il giornalista. E’ un ottimista tecnologico. Per il Foglio cura Silicio, una newsletter settimanale a tema tech, e il Foglio Innovazione, un inserto mensile in cui si parla di tecnologia e progresso. Ha una passione per la Cina e vorrebbe imparare il mandarino.