La vera rivoluzione digitale
Altro che scuola a distanza: gli studenti non hanno i computer
Il mondo della scuola sarà forse quello che uscirà più cambiato dall’emergenza coronavirus che stiamo vivendo. E’ stato il primo a dovere fare i conti con le polemiche su chiusure e blocchi delle attività. Quando i genitori si indignavano perché “i bambini non erano a rischio contagio”, chi invocava la quarantena per gli studenti cinesi era “razzista” e “l’Italia non si ferma” era lo slogan perfetto per un aperitivo in compagnia. Sarà l’unico a rimanere sicuramente chiuso fino all’autunno quando, si spera, avremo già ricominciato a vivere nella nostra nuova normalità. L’unica eccezione potrebbe essere fatta per i maturandi che dovranno attendere fino al 18 maggio per sapere se il loro esame si svolgerà in maniera analogica o digitale. Rigorosamente digitale, al momento sono le lezioni. E il ministro dell’Istruzione, Lucia Azzolina, non ha escluso che la didattica a distanza possa continuare anche alla ripresa. Insomma l’Italia ha scoperto la scuola 2.0 e, al netto della tenuta psicofisica di studenti, genitori, insegnanti, sembra provarne una certa soddisfazione. Certo, la stessa Azzolina, commentando l’ammissione d’ufficio di tutti i maturandi all’esame di stato, è stata costretta a spiegare che questo avviene “perché non abbiamo la certezza matematica di essere arrivati al 100 per cento degli studenti con la didattica a distanza”.
La certezza matematica gliel’ha fornita l’Istat che ieri ha pubblicato un dossier dal titolo “Spazi in casa e disponibilità di computer per bambini e ragazzi”. Ebbene, il 33,8 per cento delle famiglie italiane non ha computer o tablet in casa, percentuale che sale al 41,6 per cento nel Mezzogiorno. Non solo, nel 2019, il 3 per cento dei giovani intervistati nella fascia d’età compresa fra i 14 e i 17 anni non ha alcuna competenza digitale mentre circa i due terzi presentano competenze digitali basse o di base. I numeri, lo abbiamo imparato durante questa pandemia, non sempre dicono tutto, ma aiutano a fare scelte politiche. Quelli dell’Istat fotografano, se ancora ce ne fosse bisogno, i limiti infrastrutturali e i divari sociali del nostro paese. A farne le spese, in questo caso, sono la scuola e le generazioni più giovani. Un paese che ha a cuore il proprio futuro può permetterselo?
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