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Il segno dell'Atalanta di Gasperini sulla Champions League

Leo Lombardi

Nessuno ha avuto il coraggio di consegnare all'allenatore una grande, così il tecnico se l'è costruita da solo. Ieri la vittoria contro il Genoa, mercoledì il debutto nella coppa più prestigiosa

Mercoledì sera si affaccerà da allenatore dove nemmeno si era avvicinato da giocatore. A 61 anni abbondanti Gian Piero Gasperini debutterà in Champions League e altrettanto lo farà l'Atalanta da lui allenata. Insolito il palcoscenico, perché i nerazzurri giocheranno le loro tre partite del girone eliminatorio a San Siro, causa indisponibilità dell'Atleti Azzurri d'Italia, dove si sta lavorando velocemente per trasformarlo in un impianto all'avanguardia: la data prevista della riapertura è domenica 6 ottobre, contro il Lecce. A Milano ci saranno almeno 16.000 bergamaschi, tanti hanno sottoscritto il mini-abbonamento per tre partite cominciando da quella contro lo Shakhtar Donetsk il primo ottobre. Ma questo impegno verrà in secondo tempo. Prima si parte dalla Croazia, dalla trasferta con la Dinamo Zagabria, in un girone completato dal Manchester City dell'ex bresciano (e sappiamo quanto conti nell'eterna rivalità cin Bergamo) Pep Guardiola. Tolti i campioni di Inghilterra, l'Atalanta può concedersi un pensiero stupendo nella prima fase della manifestazione, con la prospettiva di concedersi un prolungamento fino agli ottavi per stupire ancora e, soprattutto, aggiungere qualcosa ai 30 milioni che sono già entrate nelle casse per il solo fatto di esserci. A dimostrazione di come una partecipazione continua alla Champions League sia destinata a marcare sempre più la differenza tra club ricchi e club poveri.

 

Può riuscirci l'Atalanta? Visto il mercato estivo e visto l'inizio di stagione, la prospettiva è tutt'altro che peregrina. La società ha mantenuto l'impalcatura della rosa, aggiungendo ingressi come quello di Luis Muriel. In campionato sono arrivate due vittorie in trasferta, intervallate dalla sconfitta in casa (a Parma, in verità) con il Torino. La squadra viaggia sull'onda lunga della passata stagione, chiusa con il terzo posto e con 77 gol segnati, due traguardi mai tagliati prima. Lo fa con un gioco energico, dinamico, finanche cattivo. Lo fa senza mollare fino all'ultimo minuto, come capitato domenica: un successo nel recupero con un gol da applausi di Duvan Zapata, buono per sconfiggere non soltanto il Genoa ma anche la Var, visto che la tecnologia era andata in tilt in occasione del rigore più che dubbio assegnato ai rossoblù per l'1-1.

 

 

E poi c'è la garanzia Gasperini, uno che non si accontenta mai. Uno che alle sue squadre dona un'anima e un gioco. Uno che un traguardo lo taglia sempre. Questa è la quarta stagione alla guida dei nerazzurri, dopo aver rischiato di salutare dopo appena cinque giornate alla prima annata: una vittoria e quattro sconfitte minavano la panchina. Dal ritorno in serie A nel 2011 l'Atalanta non era mai salita oltre l'undicesimo posto, con Gasperini è giunta quarta, settima e terza. Risultati che hanno convinto la famiglia Percassi a prolungargli il contratto fino al 2022, trasformandolo in un accordo a vita, visto che il tecnico avrà 64 anni.

 

Bergamo è diventata la seconda casa di Gasperini, dopo quella della natia Grugliasco in provincia di Torino. Soprattutto è diventata quella big in cui lui cercava riscatto, dopo essersi scottato nell'Inter morattiana del post Mourinho: inevitabile cadere sotto il peso di quella eredità. Nessuno ha avuto il coraggio di consegnargli una grande, il tecnico se l'è costruita da sola, partita dopo partita, giocatore dopo giocatore. Risultati e importanti cessioni al mercato hanno reso felici i Percassi, che ora sognano di emulare un'altra famiglia che ha fatto grande la Bergamo del calcio. Nel 1988 il presidente è Cesare Bortolotti, che ha preso il club in mano dal padre Achille e che morirà poco dopo, ad appena 39 anni, in un incidente stradale. L'Atalanta è appena retrocessa in B, ma in Europa ha acquisito il diritto a disputare la Coppa delle Coppe, dove arriva fino alla semifinale persa con un doppio 2-1 con il Malines, poi trionfatore sull'Ajax. È la squadra che ricordano tutti, quella dei Progna e Fortunato, dei Nicolini e Bonacina, dei Cantarutti e Garlini, con Stromberg a far impazzire sulla trequarti. È la squadra, soprattutto, di Emiliano Mondonico, uno che lasciava un personale segno indelebile dove allenava. Come sta facendo Gasperini che, dopo aver preso parte a due Europa League, si appresta ad affrontare l'esame del salto di qualità. Per scrivere la storia di Bergamo, non solo sportiva.

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