Duvan Zapata (foto LaPresse)

Duvan Zapata, l'azzardo vincente

Leo Lombardi

Storia di un giramondo che a Bergamo ha trovato casa e tanti gol (chiedere ad Allegri)

Tre maglie differenti e quattro gol, Duvan Zapata si esalta quando incrocia la Juventus. Due reti erano giunte nel 2017, il 5 marzo quando giocava a Udine (un 1-1) e il 19 novembre quando stava alla Sampdoria: un 3-2 coinciso con l'ultima sconfitta bianconera in campionato. E qualcuno ha sperato a lungo che lo stesso verdetto arrivasse da Bergamo, nel giorno di Santo Stefano dedicato per la prima volta interamente al campionato. Zapata ci aveva messo tantissimo di suo, come al solito. Prima una rete di forza, andando via palla al piede a Leonardo Bonucci, com'era già avvenuto a Udine; poi di testa, per confezionare il sorpasso dopo la goffa autorete iniziale di Berat Djimsiti. Con il vantaggio nel risultato e negli uomini in campo (vista l'espulsione di Rodrigo Bentancur), l'Atalanta era pronta a regalare la prima soddisfazione stagionale a tutta quella parte d'Italia che non tifa Juventus. Fino a quando Massimiliano Allegri non ha fatto alzare Cristiano Ronaldo dalla panchina, interrompendo la promessa della prima giornata di riposo in campionato. E a CR7 sono bastati 12 minuti per far capire che non a caso si diventa giocatori che lasciano il segno nella storia.

  

 

Zapata non sarà mai Ronaldo, ma la sua piccola fetta di gloria se la sta ritagliando a Bergamo. Qui sembra infatti aver fissato la dimora dopo un girovagare continuo e qui sta confermando che, se utilizzato con continuità, si prende e dispensa soddisfazioni. Ha avuto bisogno di tempo per capire che cosa volesse Gian Piero Gasperini da lui, poi si è mosso sempre più velocemente. Contro il Bologna, il 4 novembre, ha ripreso un dialogo con il gol che si era interrotto il 18 aprile, proprio dopo la rete agli emiliani. A dicembre, poi, si è esaltato. Quello di lunedì 3, contro il Napoli, è stato il primo di otto gol, offerti in tutti i modi e in tutte le forme numeriche: singoli contro Lazio e Genoa (su rigore), la tripletta all'Udinese e le due reti alla Juventus. Per chili e centimetri Zapata passa per uno forte di testa. Lo è, ma quando si tratta di fare a gomitate sui rinvii. Quello con i bianconeri è stato infatti il primo realizzato in questo modo, gli altri sono arrivati di piede, con preferenza per il destro (sei contro due di sinistro).

 

Questo perché il colombiano, quando può andare via di forza palla a terra, è una macchina da guerra. Apre spazi e dispensa assist, sei con la Sampdoria e già tre con l'Atalanta. È uno che non ha paura di incassare e che non si tira indietro quando deve restituire, uno che incute timore e rispetto anche nei difensori più cattivi. Un attaccante all'inglese, come si ama dire. Un prototipo che da troppo tempo non sforniamo più in Italia ad alto livello. Ma è anche uno che ha bisogno di fiducia, quella che non aveva trovato a Napoli, quando arriva nel 2013 come vice di Gonzalo Higuain e tale resta. E quella che non aveva incassato a Udine, che raggiunge in prestito biennale nel 2015, quando sulla panchina azzurra si siede Maurizio Sarri, uno che non ama cambiare e che al centravanti avrebbe negato anche quelle poche presenze raggiunte con Rafa Benitez. In Friuli Zapata gioca e segna, ma lo considerano solo uno grande e grosso. Uno per cui non valga la pena puntare i 25 milioni che Aurelio De Laurentiis chiede per il riscatto, nonostante le 10 reti delle seconda stagione.

 

Un errore di sottovalutazione che non commette la Sampdoria, che fa scendere le pretese del Napoli e lo prende con un prestito che poi si trasforma in acquisto da 20 milioni. Il colombiano si presenta a Marassi con un gol che assesta le prime picconate al povero Milan cinese, realizzato su assist di Cristian Zapata, che fa il difensore in rossonero ed è suo cugino. Alla fine della stagione fissa con 11 gol il primato personale in Italia, ma non basta per fermarsi a Genova. Una separazione che, per alcuni aspetti, non ha ancora spiegazioni, mentre è curiosa quella che offre lo stesso centravanti: “Non c'erano divergenze con allenatore e tifosi, la società ha deciso di non puntare più su di me”. Lo cerca lo Jiangsu di Suning, con uno di quei contratti che rendono felice un calciatore per una vita intera, lui sceglie l'Atalanta. Ancora una volta un prestito biennale, come a Udine, con 12 milioni da versare subito e altri 12 nel 2020. Per la società nerazzurra si tratta dell'investimento più oneroso nella storia del club. All'inizio era sembrato un azzardo e tale era stato per lungo tempo. Ma, dal 3 dicembre, qualcosa è cambiato.

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