Gian Piero Gasperini (foto LaPresse)

Che bello sarebbe se Gasperini dicesse “no, grazie”

Leo Lombardi

Il tecnico, dopo il terzo posto con l'Atalanta, è finalmente entrato nel giro di interesse delle cosiddette grandi. Perché non restare a Bergamo anche la prossima stagione?

È stata la domenica dell'addio scanzonato di Massimiliano Allegri, che ha lasciato la Juventus dopo cinque scudetti consecutivi e che attende di vedere chi sarà il suo successore (e se questo saprà fare meglio di lui). È stata la domenica del congedo collettivo per Daniele De Rossi, rito che soltanto i tifosi della Roma sanno regalare ai propri eroi, e delle lacrime senza vergogna di Claudio Ranieri, che a 67 si commuove per lo striscione di gratitudine dei tifosi. È stata la domenica in cui Fabio Quagliarella vince la classifica dei marcatori a 36 anni, il che la dice lunga sulla voglia di lottare degli anziani e sui giovani che faticano a imporsi. È stata la domenica in cui Samir Handanovic, con le sue parate, ha regalato la qualificazione Champions all'Inter, entrando nel cuore dei tifosi alla soglia dei 35 anni, mentre Mauro Icardi ne è definitivamente uscito, sbagliando sull'1-0 il rigore della tranquillità. È stata la domenica che può fare da apripista a giorni importanti per le società, a cominciare dall'imminente cessione della Fiorentina da parte dei Della Valle.

 

È stata soprattutto la domenica che ha regalato il terzo posto più inaspettato tra quelli preventivabili alla vigilia del campionato. Lo ha conquistato l'Atalanta, facendo meglio del quarto del 2017, che era già sembrato storico: mai era salita così in alto. Ieri, come oggi, ci ha messo la firma Gian Piero Gasperini, uno degli allenatori più elogiati e, al contempo, più sottovalutati del nostro campionato. Non si tratta di un controsenso perché tutti, da quando il tecnico si è affacciato in serie A, hanno sempre sottolineato come le sue squadre propongono un calcio divertente e, al tempo stesso, redditizio: prima le salvezze al Genoa (e una Europa League negata dal mancato conseguimento della licenza Uefa), poi l'alta classifica con l'Atalanta. Ma nessuno si è mai proposto di assegnargli una panchina importante. E tale non può essere considerata l'esperienza all'Inter, nata nella sfiducia generale e seppellita tra le incertezze della presidenza Moratti.

 

Quella possibilità che gli hanno negato i dirigenti dei grandi club, Gasperini se l'è conquistata in provincia, a Bergamo. Qui ha trovato una gestione familiare dalla visione continentale come quella dei Percassi, padre e figlio. Una coppia che ha offerto all'artigianato del tecnico l'opportunità di esprimersi al meglio, grazie a un materiale umano che rispondesse alle sue esigenze. Qui ha trovato l'unità di intenti di una tifoseria appassionata e compatta come non mai, che respira Atalanta dalla mattina alla sera, dalla nascita alla morte, e capace anche - negli ultimi tempi - di non scivolare più nelle violenze del passato. Un luogo in cui si percepisce un'atmosfera totalmente british nel vivere il calcio e in cui si sta ricostruendo un stadio con caratteristiche che renderanno ancora più familiare la Premier. Una città di poco più di 120.000 abitanti che, la prossima stagione, si confronterà con le metropoli di Europa in una Champions League mai frequentata. È il regalo che Gasperini ha fatto all'Atalanta e a se stesso, dimostrando che la vita può cominciare a 61 anni, alla faccia di quelli che pensano che solo la giovane età sia un titolo di merito. Con questi risultati, e con questa continuità, il tecnico è finalmente entrato nel giro di interesse delle cosiddette grandi. Che, però, si sono piazzate dietro l'Atalanta. Per questo sarebbe bello vedere Gasperini dire: no, grazie. Per restare in nerazzurro la prossima stagione ancora, alla guida di un'Atalanta pronta a sorprendere anche in Europa.

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