L'allenatore dell'Atalanta, Gian Piero Gasperini (foto LaPresse)

Gasperini gioca da Freud

Maurizio Crippa

I tifosi interisti che guardano la Dea sul loro campo con i loro colori guidata dal loro ex allenatore, che invece li odia

Molti studiosi di neuroscienze sostengono che sui sogni Freud aveva sbagliato tutto, non c’entra l’inconscio né i desideri, è solo questione di chimica. Sistemati i sogni, sarebbe bello che anche per gli incubi e i complessi potessimo rimuovere il vecchio Sigmund. Ma è dura, molto dura, quasi quanto per il Valencia ribaltare la scoppola che ha rimediato in Champions contro l’Atalanta. Freud ci perseguita ancora, anche nel calcio. Ad esempio i Fratelli Bauscia, come li battezzò Brera che leggeva il subconscio anche meglio del dottorino viennese, avevano sognato (ops, diciamo che ormai credevano) di aver risolto definitivamente quei complessi da squadra pazza e quei rimorsi da eliminazione implausibile di cui sono fatte molte delle loro notti.

 

Che diamine, ci sono i cinesi freddi come il ghiaccio, è arrivato quell’allenatore che per prima cosa ha fatto abolire il famoso inno, di “pazza Inter” non ne vuole più sapere. Fosse bastato. Mercoledì sera, allo stadio Meazza, che Dio lo conservi, è andata in scena una seduta psicoanalitica collettiva, roba da eurovisione, un colossale sabba delle streghe in cui tutti gli incubi danzavano sopra al prato. E’ accaduto questo, che in campo c’era lei, la Dea, insomma l’Atalanta di Bergamo, prima volta nella sua storia agli ottavi di Coppa. E siccome lo stadio è piccolo, per l’Europa vengono a giocare a Milano. Solo che, maledetti siano i transfert, hanno la maglia nera e azzurra, proprio come l’Inter. Che dovrebbe essere lì, nel suo campo, e invece dalla Coppa è già stata cacciata fuori in malo modo, anzi proprio una roba da pazzi. Mercoledì, a San Siro, c’erano tanti tifosi nerazzurri di quelli del tipo Bauscia, che tifavano la Dea affascinati da quel calcio velocissimo, implacabile e spettacolare. E mentre sinceramente gioivano per il bel calcio eccetera, insieme piangevano, affogati in un inestricabile incubo freudiano: ma loro sono noi! No che non sono noi! Ma sembrano noi, ci hanno preso i colori. Ridateci le maglie, anzi no tenetele voi. Perché l’Atalanta dell’odiato-amato Gasp. merita quei colori molto più di noi. (Pianto forse liberatorio). Alla faccia della pazza Inter che non c’è più e di Freud in soffitta.

 

Perché poi Freud è l’unico modo per capire anche il caso Gasperini, Gian Piero Gasperini. Che è nato a Grugliasco, che è da sempre in odore di Gobbo, ma che un giorno di tanti anni fa, due anni soltanto dopo Mou, Massimo Moratti pensò di portare sulla panca della sua freudiana squadra. E niente, da quel momento la scissione schizofrenica dei tifosi Bauscia è irrimediabile. Perché Gasp. è bravo, per quanto simpatico come un’entrata da dietro. E però anche no, all’Inter ha fatto obiettivamente cacare. E infatti Moratti (complice la squadra che lo odiava) lo cacciò con ignominia dopo poche giornate. Fatto bene? Fatto male? La squadra faceva schifo (e com’è che adesso l’Atalanta sembra il Liverpool, ma costato trenta volte di meno?) ma gli avevano comprato Ricky Alvarez, se mi spiego. Lui aveva chiesto solo Palacio, mica CR7. Invece niente, Moratti lo cacciò. E, due giorni dopo, comprò Palacio. Sigmund, aiutaci tu. Ma aiuta anche Gasp., se puoi. Perché quella faccenduola di cui dovrebbe ringraziare, essere stato dimesso dalla Squadra Pazza, gli è rimasta come un trauma nell’anima. Sono passati anni, e ogni volta che gli chiedono: mister, bel tempo oggi? Lui risponde: l’esperienza all’Inter è stata la peggiore della mia vita. E il tifoso Bauscia, incerto se applaudire la sua magnifica Dea o se piangere per quell’amore finito male, o mandarlo a farsi psicanalizzare lui e il suo licenziamento, sta lì e riesce solo a dire: è bravo ’sto Gasp., eh?

  • Maurizio Crippa
  • "Maurizio Crippa, vicedirettore, è nato a Milano un 27 febbraio di rondini e primavera. Era il 1961. E’ cresciuto a Monza, la sua Heimat, ma da più di vent’anni è un orgoglioso milanese metropolitano. Ha fatto il liceo classico e si è laureato in Storia del cinema, il suo primo amore. Poi ci sono gli amori di una vita: l’Inter, la montagna, Jannacci e Neil Young. Lavora nella redazione di Milano e si occupa un po’ di tutto: di politica, quando può di cultura, quando vuole di chiesa. E’ felice di avere due grandi Papi, Francesco e Benedetto. Non ha scritto libri (“perché scrivere brutti libri nuovi quando ci sono ancora tanti libri vecchi belli da leggere?”, gli ha insegnato Sandro Fusina). Insegue da tempo il sogno di saper usare i social media, ma poi grazie a Dio si ravvede.

    E’ responsabile della pagina settimanale del Foglio GranMilano, scrive ogni giorno Contro Mastro Ciliegia sulla prima pagina. Ha una moglie, Emilia, e due figli, Giovanni e Francesco, che non sono più bambini"