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Relax e fatturato

Consigli per indurre i peggiori dipendenti dal lavoro a farsi una vacanza

Costantino Della Gherardesca

Chiunque di noi ha un amico che non si muoverebbe dal suo posto di lavoro nemmeno sotto tortura. Dall’ansia ai voli a lungo raggio, ecco cinque suggerimenti per convincerlo a prendersi una pausa lontano da casa

Mi occupo di viaggi da una vita, per mestiere e per passione, e in questi mesi a ridosso dell’estate, quando i milanesi cominciano a sentire il richiamo di spiagge e baite, i miei amici mi chiedono consigli. Dal generico: “Costa, dove vado in vacanza quest’anno?” a quesiti più specifici come: “È vero che non c’è una zona fumatori nell’aeroporto di Bangkok?”. Tra i miei amici, però, ce n’è uno che non mi ha mai chiesto una dritta: né per una gita fuoriporta né per un’avventura alla Pechino Express. Questa persona, che per rispetto della privacy chiameremo Pasquale, è patologicamente dipendente dal lavoro. Se gli telefono per chiedergli che sta combinando, fosse anche Ferragosto o la Befana, festività vicina al mio cuore, lui mi risponde sempre: “Sto lavorando”. Il fatto che monitori lo smartphone anche di notte vi fa capire che l’economia cognitiva di quest’uomo (sedicente di sinistra) è di chiara matrice neoliberista, se non addirittura cyborg. L’unica calamità che può costringerlo a lasciare Milano è un impegno oltre le Colonne d’Ercole del Forum di Assago. In quei casi, Pasquale saluta compagna e figlia come se dovesse partire per il fronte e mette in valigia portatile, telefono e caricatore. Il resto, salvo una modesta trousse in twill Blu Savoia con il minimo legale per l’igiene, è poco rilevante. Per lui le creme solari non sono il siero per la vita eterna, ma una trovata di marketing per farci dimenticare che la spiaggia è l’anticamera del melanoma. Poiché tutti conosciamo almeno un Pasquale, eccovi cinque consigli per convincere il più inamovibile dei vostri amici a prendersi una pausa lontano da casa.

 

Primo consiglio: c’è un aspetto di Pechino Express che un Pasquale non può accettare. Non è l’occasionale scorpione fritto o la pagoda da ricostruire a mani legate, né un giro in barca nelle splendide Backwaters del Kerala o l’escursione nei crateri del Kawah Ijen a Giava. Il punto è che un Pasquale ha sempre bisogno di percepire una perlomeno illusoria sensazione di comfort, cosa impossibile se si viaggia in coppia. Deve potersi spostare da solo per evitare lo stress della diplomazia.

 

Secondo consiglio: mettetegli ansia. Fategli capire che se resta a casa rischia di compromettere salute e fatturato. Mostrategli degli studi sul devastante effetto dell’inquinamento acustico domestico sui genitori di adolescenti. Lui proverà a schivare dicendo che non si separa mai dalle sue cuffie, voi ricordategli che a casa le cuffie non bastano. Durante i suoi concerti, Strauss esigeva il più assoluto silenzio, richiesta impensabile quando hai una famiglia: perfino Also sprach Zarathustra non può tener testa a quella giungla gamelan di chiacchiere, videogiochi e fischi di pentole a pressione.

 

Terzo consiglio: piazzatelo su un lungo volo diretto, è l’unico modo per costringerlo a disintossicarsi dal telefono. Speditelo in un fuso orario avanti di almeno otto ore. Sceso dall’aereo, non avrà motivo per riattaccarsi allo smartphone: colleghi e famiglia saranno già a nanna da un pezzo. La meta ideale sarebbe Tokyo, ma la presenza di occidentali con l’ossessione per la cultura pop irriterebbe il vostro Pasquale, quindi è meglio indirizzarlo verso Kyoto, patria di giardini e ristoranti. Qui i turisti sono un po’ più anziani: ci si diverte meno, ma si beve meglio. E se il Giappone costa troppo, l’alternativa è Jeonju, la capitale gourmet della Corea del Sud. Più piccola ed economica di Seul, è il posto perfetto per chi vuole le comodità di una città orientale senza i suoi difetti.

 

Quarto consiglio: tenete il Pasquale lontano dalla natura. Un conto sono i pettinati giardini di Kyoto, altra storia i paesaggi incontaminati. Nella sua evoluzione, il Pasquale si è distinto come specie esclusivamente cittadina. Nonostante abbia lontane radici agricole e stanziali (che spiegano la sua diffidenza nei confronti del viaggio), evolvendosi il Pasquale si è differenziato dai suoi simili, che nel frattempo hanno sviluppato ali di tela e code motorizzate trasformandosi in deltaplani. A differenza dei suoi lontani cugini deltaplani, il Pasquale tiene la natura a distanza di sicurezza e la affronta solo in piccole dosi. Si sente al sicuro solo in una certa tipologia di cinema d’essai, quella che proietta le autopsie di Stan Brakhage.

 

Quinto e ultimo consiglio: il vero desiderio di ogni Pasquale è astrarsi dalla realtà, in un’altra epoca il suo habitat naturale sarebbe stato il monastero. In mancanza di vocazione religiosa, può sempre ripiegare sull’equivalente contemporaneo di una cella monastica: una splendida stanza d’albergo. Più sarà di lusso, più Pasquale si sentirà vicino alla santità.

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