(foto LaPresse)

Due nuovi test fanno sperare in un vaccino entro un anno

Enrico Bucci

Le sperimentazioni procedono a tempo di record: adesso abbiamo 4 vaccini che inducono nell'uomo la formazione di anticorpi neutralizzanti

Dei dati pubblicati sui vaccini di CanSino e Moderna abbiamo già parlato. Oggi si aggiungono dati su altri due vaccini, di cui uno ci riguarda da vicino. Cominciamo quindi proprio dal vaccino di Oxford, quello opzionato anche dal governo italiano. Ricordo che si tratta di un vaccino basato su adenovirus di scimanzè, che esprime come al solito la proteina spike del coronavirus.

 

I dati di uno studio clinico di fase 1/2, in cui sono stati valutati tolleranza e immunogenicità su oltre 500 volontari tra 18 e 55 anni, sono i seguenti.

 

a) Il vaccino, anche ad una sola dose, induce anticorpi neutralizzanti da subito, aumentati se, come nel caso di vaccino di Moderna, si effettua un richiamo a 28 giorni;

b) Non si osserva diminuzione significativa del titolo anticorpale indotto a 56 giorni dalla prima dose;

c) Anche la risposta di tipo T (quella cioè cellulare, che in questi giorni tanta attenzione sta ricevendo perchè potrebbe conferire una certa protezione anche senza anticorpi) è buona.

 

Tuttavia:

d) Si osservano in alcuni volontari anticorpi neutralizzanti contro spike PRIMA della vaccinazione, un fatto che gli autori attribuiscono a malattie non diagnosticate, ma su cui bisogna indagare ulteriormente;

e) Nel determinare gli anticorpi neutralizzanti, si trova che tre metodi diversi danno titoli anticorpali molto diversi; urge uno standard, per poter confrontare tutti i vaccini e conoscere l'errore di questi metodi, cruciali per la determinazione dell'efficacia;

f) Come di solito con gli adenovirus (a quanto pare anche di scimpanzè), effetti collaterali da lievi a moderati, soprattutto di tipo doloroso, sono molto diffusi, tanto che il protocollo è stato cambiato in corsa per aggiungere paracetamolo preventivo

g) Visti i risultati ottenuti su macachi prima vaccinati e poi esposti al virus, in cui la malattia è stata evitata, ma non la proliferazione del virus nel naso e nelle alte vie aeree, non sappiamo ancora se questo vaccino riuscirà ad impedire l'infettività di chi assume il virus.

 

Passiamo al secondo vaccino, quello sviluppato da BionTech con Pfizer, che è un competitore diretto del vaccino di Moderna, essendo pure esso basato su un mRNA capace di esprimere la proteina Spike di Corinavirus. In questo caso, i primi dati sono accessibili su un preprint per un piccolissimo gruppo di pazienti (45), e dicono quanto segue:

 

a) Proprio come nel caso del vaccino simile di Moderna, anche in questo caso il titolo anticorpale sale a sufficienza solo dopo la seconda dose;

b) Come nel caso di Moderna, gli eventi avversi sono stati generalmente modesti;

c) Come nel caso di Moderna, dopo la seconda dose si raggiungono livelli di anticorpi neutralizzanti paragonabili a quelli di pazienti convalescenti.

 

Tuttavia:

d) stranamente, non si osserva dose dipendenza nè per quel che riguarda la produzione di anticorpi totali, nè per quella degli anticorpi neutralizzanti

e) i dati sono ancora molto, molto parziali, e necessitano di ulteriori approfondimenti (soprattutto per quel che riguarda la risposta T)

 

A questo punto, quindi, abbiamo 4 vaccini che dimostratamente inducono in uomo la formazione di anticorpi neutralizzanti: 2 basati su adenovirus ricombinante, 2 basati su RNA messaggero. I dati sono coerenti nei due gruppi, suggerendo che gli studi siano corretti, ed indicano che:

A) La risposta indotta con adenovirus è più robusta già dalla prima dose, e potrebbe durare di più;

B) Gli effetti collaterali sembrano più lievi nei vaccini a RNA (anche se si parla comunque generalmente di eventi lievi o moderati);

C) I dati in animale sul vaccino di Oxford sembrano indicare che i vaccini ad adenovirus ricombinante (almeno quello) non abbattono il titolo virale nelle alte vie aeree dei soggetti vaccinati e poi infettati.

 

In tutti i casi, stiamo ottenendo dati a tempo record, e si conferma la possibilità che nella prima metà dell'anno prossimo potremmo avere disponibile il primo vaccino efficace, se l'immunità anticorpale non dovesse risultare evanescente. Dati che, lo ripeto, sono convergenti anche da gruppi in competizione fra loro, e quindi probabilmente robusti.

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