(foto LaPresse)

L'importanza di stare lontani

Piero Vietti

“Il coronavirus arriverà ovunque, stiamo pronti. Riguarda anche i giovani. Giusto avere paura”. Parla il prof. Vella

Roma. I numeri di contagi e morti che crescono, l’emergenza sempre più evidente in cui sono gli ospedali lombardi, la mappa delle zone in cui compaiono nuovi positivi al coronavirus, suggeriscono di iniziare a tenere comportamenti “da zona rossa” anche là dove ci si illude che il contagio sia un problema che riguarda soprattutto i lombardi. Ne parliamo con il prof. Stefano Vella, ordinario di Salute Globale presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore: “E’ un errore pensare che ci siano zone che non verranno colpite dall’epidemia. Dobbiamo considerare di essere tutti in zona gialla, e prepararci a essere in zona rossa”. E’ un virus che non si ferma: “L’unica è contenerlo: distaccamento sociale e chiusura degli esercizi servono a rallentare le infezioni, a ‘togliere il cibo’ al virus, se non trova nuovi ospiti rallenta. Nel caso del coronavirus l’immunità di gregge non si fa con il vaccino – anche se si sta lavorando per trovarlo al più presto – ma con la quarantena e l’allontanamento dalle altre persone”. A Roma e in altre parti d’Italia sembra ancora lontano: “E’ adesso il momento di fermarlo – dice Vella – non possiamo aspettare che arrivi per fermarlo dopo. Due cose urgenti: togliere dalla testa dei giovani l’idea che non li riguardi. Oltre al fatto che ci sono anche trentenni che vengono ricoverati, tutti sono potenziali trasmettitori”. Chiunque non sa di averlo lo porta in giro. “La seconda cosa è che arriverà ovunque, se noi già ci comportiamo bene lo freniamo”. Restare a casa il più possibile, dunque, “ed evitare luoghi affollati e movide. Ci sarà tempo per tornare alle nostre abitudini, prima dobbiamo affannare e abbattere questo virus”. E niente panico. “Panico no – conclude Vella – ma avere paura è giusto: fa tenere il giusto comportamento”.

Di più su questi argomenti:
  • Piero Vietti
  • Torinese, è al Foglio dal 2007. Prima di inventarsi e curare l’inserto settimanale sportivo ha scritto (e ancora scrive) un po’ di tutto e ha seguito lo sviluppo digitale del giornale. Parafrasando José Mourinho, pensa che chi sa solo di sport non sa niente di sport. Sposato, ha tre figli. Non ha scritto nemmeno un libro.