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Rallentare il virus

Bisogna giocare duro

Piero Vietti

“E’ l’inizio di una guerra, e troppi paesi stanno ancora sottovalutando il virus”, dice il prof. Vella. I ritardi dell’Oms

Roma. “Mi chiedo cosa stesse aspettando l’Oms a dichiarare la pandemia globale”, dice il prof. Stefano Vella, ordinario di Salute globale all’Università Cattolica. Cosa cambia, ora? “E’ come se avessero dichiarato l’inizio di una guerra mondiale, uno stato d’emergenza per cui tutti gli stati adesso si dovranno impegnare in modo concertato per fermare l’avanzata del coronavirus”.

 

C’è chi negava l’evidenza? “A me pare che paesi europei e anche gli Stati Uniti non abbiano colto la gravità della situazione. Per molti stati non essersi mossi per tempo potrebbe essere un disastro. Hanno sottovalutato il rischio. Un virus respiratorio non lo fermi alla frontiera”.

 

E ora che fare? “Adesso bisogna agire, à la guerre comme à la guerre, il nord Italia sta pagando il prezzo più alto, ma pensate se focolai della stessa intensità dovessero scoppiare in regioni meno attrezzate. L’Italia sta realizzando un esperimento che non ha eguali: rallentare un’epidemia modificando i comportamenti, che probabilmente va fatto fino in fondo. Questo dipenderà da quando i cittadini comprenderanno il loro ruolo cruciale”.

 

Giusto chiudere tutto, almeno nelle regioni del nord? “Come si dice, quando il gioco si fa duro i duri iniziano a giocare.

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  • Piero Vietti
  • Torinese, è al Foglio dal 2007. Prima di inventarsi e curare l’inserto settimanale sportivo ha scritto (e ancora scrive) un po’ di tutto e ha seguito lo sviluppo digitale del giornale. Parafrasando José Mourinho, pensa che chi sa solo di sport non sa niente di sport. Sposato, ha tre figli. Non ha scritto nemmeno un libro.