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Ai mercati serve un'azione forte, globale e coordinata. Come nel 2008

Mariarosaria Marchesano

Piazza Affari fredda per lo stanziamento di 25 miliardi, le Borse non reagiscono più agli interventi dei singoli stati. Parla Cesarano

Milano. Il governo Conte stanzia fino a 25 miliardi di risorse per affrontare l’emergenza coronavirus, chiedendo al Parlamento l’autorizzazione a scostarsi dai saldi di Bilancio, e Piazza Affari reagisce con un tiepido più 0,3 per cento. I massimi vertici delle istituzioni europee dicono che sarà fatto tutto il possibile per superare l’epidemia che si sta diffondendo in vari paesi e le borse del vecchio continente frenano, da Parigi a Madrid e Amsterdam, complice anche la nuova discesa del prezzo del petrolio. La Bank od England taglia i tassi di 50 punti base, vara un piano per finanziarie le piccole e medie imprese per 100 miliardi di sterline, azzera i buffer di capitali richiesti alle banche e il London Stock Exchange va in rosso. Che cosa sta succedendo ai mercati finanziari, compreso Wall Street, che mercoledì ha aperto con grandi perdite vanificando i rialzi del giorno prima spinti dalla promessa di Donald Trump di ridurre il peso fiscale per le imprese fino alla fine dell’anno? “Ormai non bastano più gli annunci di singoli stati e neanche le mosse delle singole banche centrali per rassicurare gli investitori. L’epidemia è ormai diventata una pandemia e ci si aspetta un’azione forte e coordinata a livello globale di politica fiscale e monetaria – dice al Foglio Antonio Cesarano, responsabile della strategia globale di Intermonte Sim –. Per semplificare, è come se i mercati dicessero: unitevi tutti, fate un grosso pacchetto e fateci sapere”. 

 

Dunque, lo sforzo fatto dall’Italia, che ha deciso di mettere in gioco l’1,1 per cento del suo prodotto interno lordo, è percepito come insufficiente per superare la crisi? “Non è tanto questione di entità dello stanziamento, quanto del fatto che, esattamente come accadde per la crisi dei subprime che non fu capita subito e ci volle tempo per mettere in piedi una reazione allineata tra autorità monetarie e governi, sia negli Stati Uniti sia in Europa, oggi Piazza Affari e le altre Borse europee non hanno ancora ricevuto quello che si attendono: un messaggio univoco e molto forte, che faccia capire che c’è la disponibilità a muovere complessivamente centinaia e non qualche decina di miliardi”, continua Cesarano, che, come tanti suoi colleghi, sta trascorrendo le giornate attaccato ai monitor dove lampeggiano gli indici di tutto il mondo. “E’ come una cartina geografica: dove è arrivato il coronavirus i mercati perdono, dove lo hanno contenuto stanno risalendo. E si vede chiaramente che le perdite delle varie piazze finanziarie stanno convergendo verso -20 per cento da inizio anno. L’Italia perde un po’ di più, ma semplicemente perché è entrata prima in crisi. Ormai, hanno perso significato anche le polemiche sulle comunicazioni troppo allarmanti visto che la cancelliera Angela Merkel ha dichiarato che il coronavirus può contagiare potenzialmente il 70 per cento dei cittadini tedeschi, aggiungendo che la Germania farà ‘whatever is necessary’ per fronteggiare la crisi”.

 

In effetti, come ha dimostrato Mark Handley, professore di sistemi di rete e robotica presso l’University College di Londra, il confronto tra le curve di crescita del contagio mostra che l’andamento dell’epidemia negli altri paesi Ue si allineerà a quello dell’Italia entro 9-14 giorni. “Questa consapevolezza si sta diffondendo e non è un caso che la presidente della Bce, Christine Lagarde, abbia paragonato la crisi in corso allo scenario del 2008. Vuol dire che anche la risposta congiunta governi/banca centrale dovrà essere la stessa – continua Cesarano –. Perciò c’è molta attesa per quello che la Bce deciderà (oggi per chi legge, ndr). Un taglio dei tassi di 10 punti base sarebbe al momento poco efficace o quasi controproducente, mentre è ipotizzabile un potenziamento del Quantitative easing, ma soprattutto misure a favore delle imprese garantendo alle banche che sarà possibile non dover classificare in bilancio come crediti non performing le eventuali inadempienze per colpa del coronavirus”.

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