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Lo scudo contro il covid-19   

Paola Peduzzi, Micol Flammini e David Carretta

Il lockdown totale dell’Italia è molto simile a una exit dall’Ue, solo che non è una scelta politica e poi arriva l’Europa a proteggerci. Cronache dai tinelli europei

Questi giorni di sospensione a guardare i tinelli degli altri su Instagram e a benedire i rider, salvatori della nostra responsabilità civica, assomigliano tanto a una exit. O almeno a quel che potrebbe essere, o a quella che è stata addirittura vagheggiata dai sovranisti al governo. L’Italia fuori dall’Europa, l’Italexit, siamo molto meglio da soli che tutti insieme, l’euro ci ha impoveriti e le identità nazionali devono tornare a essere prioritarie. Ecco, questo isolamento dev’essere la cosa più simile a un’uscita dal gruppo europeo, ma è un’emergenza, non è una scelta politica: forse impareremo a non farci male da soli? Anche perché ve li immaginate questi sovranisti che cambiano idea nel giro di qualche giorno – tutti fuori, è solo un’influenza, tutti a casa che è emergenza vera (paracit. Salvini) – a gestire la crisi? Comunque sia, questo assaggio di Italexit temporaneo e cautelativo (che naturalmente non sarà a costo zero) potrebbe rivelarsi molto utile nel disegnare le prospettive del nostro paese: come dicono i saggi, bada sempre a quel che desideri. L’exit ha più o meno la faccia del nostro lockdown nazionale: confini chiusi, trasporti difficoltosi con molti controlli e molti divieti, esportazioni contingentate, crollo dei mercati (o in perenne altalena) e fuga dei capitali. Se ora avete molte preoccupazioni, pensate a quelle che avreste se poi non arrivasse – perché è arrivata – in aiuto la mano tesa dell’Europa.

   

Cosa fa la Commissione per noi

L’Ue s’è mossa per l’Italia con la sperata flessibilità. Sospesi Patto di stabilità e crescita per l’Italia, domani Gentiloni darà i dettagli

E l’Europa che fa, ci ha lasciato soli? “Cari italiani, in questo momento difficile, voglio dirvi che non siete soli. In Europa stiamo seguendo con preoccupazione ma anche con profondo rispetto e ammirazione quello che state facendo. L’Italia è parte dell’Europa, e l’Europa soffre con l’Italia. In questo momento in Europa siamo tutti italiani”, ha detto ieri la presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, che seppure in ritardo si è finalmente accorta della gravità della situazione. Nelle ultime 48 ore i suoi commissari hanno lanciato misure senza precedenti per andare incontro all’Italia. Il Patto di stabilità e crescita con i suoi parametri sarà sospeso (domani il commissario Paolo Gentiloni presenterà le nuove linee guida ) consentendo un deficit al di sopra del 3 per cento (anche se è impossibile ora valutare esattamente la cifra). Margrethe Vestager ha detto che le regole sugli aiuti di stato saranno sospese per l’Italia per far fronte alla perturbazione economica dovuta al coronavirus (per gli altri le eccezioni sono più limitate). Il commissario Thierry Breton ha bacchettato il suo stesso paese – la Francia – definendo come “non compatibili” i divieti di esportazione di mascherine e materiali protettivi imposti da Francia e Germania. Ma allora perché non allargare subito la “zona rossa” a tutta l’Europa, come hanno proposto Matteo Salvini e Matteo Renzi? C’è un problema di fondo quando si parla di Europa e coronavirus. La sanità è una prerogativa strettamente nazionale. Gli stati membri vogliono tenere questa competenza per sé. E ci mancherebbe. Provate a immaginare un funzionario della Commissione, magari tedesco, arrivare a Roma il 24 febbraio e ordinare la quarantena totale dell’Italia: il Quarto Reich ci invade! Se fosse un francese ancora peggio: i complottisti si metterebbero a urlare che Emmanuel Macron vuole comprarsi tutta la nostra economia al prezzo simbolico di un euro. Sulle decisioni di salute pubblica, i governi nazionali non vogliono intromissioni perché ne sono responsabili davanti ai loro elettori. I numeri di posti letto sono diversi per ogni paese, così come gli investimenti nella sanità, i protocolli, gli stock di medicinali. Ci sono pressioni culturali e politiche, che sono diverse da stato a stato. E prima di imporre la quarantena a milioni di persone, portando alla paralisi dell’economia e al collasso del pil, i governi nazionali vogliono fare i loro (maledetti) calcoli nazionali. L’Ue non può fare nulla se i suoi stati membri non le hanno dato poteri. E così si scopre che la richiesta dell’Italia di avere mascherine attraverso il Meccanismo europeo di Protezione civile non ha trovato risposta. La causa non è l’Ue, che non ha il potere di fare riserve di mascherine, ma la mancanza di solidarietà delle altre capitali nazionali. L’Europa della sanità non ci sarà mai, ma il coronavirus spinge a correggersi. Il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, ha annunciato che il Meccanismo dell’Ue di Protezione civile in futuro potrà fare stock autonomi. Nella teleconferenza con i capi di stato e di governo lunedì si è preparato il terreno per una risposta comune su diversi fronti. Von der Leyen ha annunciato un “Fondo di risposta al coronavirus” da 25 miliardi di euro “per fornire liquidità al settore sanitario, alle Pmi, al mercato del lavoro e alle parti vulnerabili della nostra economia” (come sempre con Bruxelles si riciclano soldi e c’è molta burocrazia, ma il bilancio complessivo dell’Ue è di appena l’1 per cento del pil europeo). L’allentamento del Patto di stabilità e crescita è anche un invito alla Germania e alle altre formichine a lanciarsi in un programma di stimoli fiscali per aiutare le cicale che si sono ammalate. L’Italia potrà permettersi di spendere decine di miliardi senza troppo temere i mercati, perché beneficia della protezione della Banca centrale europea e del Meccanismo europeo di stabilità. Con un debito che andrà oltre il 140 per cento del pil, il prossimo contagio fatale per l’Italia è quello finanziario. L’Europa non ti immunizza dagli effetti del Covid-19, ma con l’Omt della Bce e le linee di credito del Mes può aiutarti in caso di complicazioni dovute ai postumi dell’epidemia.

   

E i francesi?

La Francia fa due calcoli (uno elettorale) e anche alcuni “depistaggi”, come li chiama il Monde. Stasera parla Macron

Emmanuel Macron ha pubblicato la foto della videoconferenza europea, un grande classico di questo momento di non contatti e starnuti nel gomito: il video diviso in tanti faccini collegati. Ecco, tra i faccini manca quello di Giuseppe Conte, premier italiano: e sì che quello era l’incontro della solidarietà, non vi lasceremo soli italiani, noi non lasciamo solo nessuno. La spietatezza di Macron sta sempre nei dettagli, ma intanto la Francia sta adottando un approccio molto diverso da quello italiano nella gestione del coronavirus. Chi avrà ragione? Non lo sappiamo. Possiamo dire due cose sul modello francese – che in sintesi non ferma il contagio con l’isolamento collettivo ma cerca di aiutare i contagiati più deboli. La prima è che ci sono le elezioni amministrative questo fine settimana (il primo turno) e il partito di governo dei marcheurs macroniani, Lrem, pare in difficoltà. Come sappiamo è stata una campagna elettorale accidentata per ragioni che non hanno a che fare con la salute, ma quest’ultima fase così refrattaria a ogni genere di blocco potrebbe essere stata determinata anche dall’imminenza elettorale. Ogni città si sta preparando, chi sceglie il disinfettante all’ingresso delle urne, chi una penna nuova per ogni elettore, chi passa lo straccio con l’alcool per ogni cittadino. L’importante è che tutti siano coscienti del fatto che sono state prese delle precauzioni, e che andare a votare non fa prendere il coronavirus. Altrimenti l’affluenza potrebbe risentirne molto, e se vanno in pochi non è che poi c’è di nuovo un’onda lepenista in agguato? La calma però va costruita. E il servizio sanitario francese ha scelto di farlo con i “depistaggi”, come scrive il Monde. Tutti chiedono i test, ma i test vengono dati soltanto a chi presenta un quadro clinico grave: per questo i numeri sul contagio non sono nemmeno paragonabili a quelli italiani. Per tutti gli altri con febbre e tosse è solo un’influenza.

  

Liebes Italien

Con una lettera d’amore, con parole d’affetto che ci hanno fatto sentire in una calda giornata di inizio luglio, quando le vacanze sono ancora lontane ma la voglia di estate e vino bianco è già fortissima, la Bild ha pubblicato una lettera rivolta all’Italia: andrà tutto bene. Cara Italia, sei civiltà, sei vita, sei vitalità, altro che isolamento, altro che coronavirus, ci dice il giornalista Franz Josef Wagner, niente può cancellare la nascita della Venere di Botticelli, o il David di Firenze o il Colosseo di Roma, questo virus non cancella la grande Italia. Volano parole di sostegno, quasi affetto tra europei che cercano di dirsi: “Ti voglio bene” a distanza di sicurezza. La Germania, tra gli stati membri, è il quarto paese più colpito, il numero dei contagi è quasi arrivato a 1.700, i morti sono 3, colpisce una fascia di popolazione molto diversa dall’Italia, soprattutto i tedeschi tra i 20 e 50 anni, e le autorità di Berlino hanno deciso di affrontare la situazione in un modo diverso dall’Italia. La priorità è rivolta al sistema sanitario nazionale, la paura è che non riesca a sostenere il peso di un’epidemia più diffusa, così la Germania ha fatto una scelta e ha deciso di curare e di ammettere in ospedale soltanto i casi più critici. L’uomo di riferimento in questo momento è il ministro della Salute Jens Spahn, che si sta giocando tanto in questi giorni. Il 25 aprile inizierà il congresso per scegliere il successore di Annegret Kramp-Karrenbauer alla guida della Cdu e Spahn è in ticket con un candidato. Il ministro si è limitato in questi giorni a dare dei suggerimenti, a chiedere ai tedeschi coordinamento e solidarietà, ma ha voluto lasciare agli amministratori locali la responsabilità di prendere e scegliere le misure più adatte secondo le necessità del proprio Land, “sono loro quelli che conoscono meglio la situazione”. Finora Spahn ha suggerito, consigliato, parlato al condizionale e sono stati i governatori, o a volte addirittura gli amministratori di distretti o di quartieri, a decidere. L’impostazione federale dello stato tedesco non ha prodotto misure a livello unitario e per quanto virologi incaricati dal governo di studiare una strategia consigliassero di limitare i contatti tra le persone il più possibile, le autorità del distretto di Heinsberg, da dove è partita l’epidemia in Germania, hanno emanato molto tardi delle direttive. Ieri ha parlato Angela Merkel, è apparsa in una conferenza stampa per dire che nessuno sarà immune, che il picco in Germania deve ancora arrivare. I contagi riguarderanno il 70 per cento della popolazione. A livello economico la Germania ha già pronto un pacchetto di misure e di investimenti per alleviare l’impatto del coronavirus. Il governo ha deciso di aumentare gli investimenti di 3,1 miliardi di euro all’anno dal 2021 al 2024, (meno dello 0,1 per cento del pil), per le aziende è previsto un aumento dei sussidi, come già era successo durante la crisi del 2008-2009 e preparerà anche un piano di sostegno alla liquidità delle compagnie, anche se per il momento non ha parlato di numeri. La Germania è disposta a spendere ma anche a far spendere: se l’Italia avrà bisogno – questa volta – non sarà Berlino a fermarla. La diffusione del coronavirus che ci impone di stare tutti più lontani sembra aver riavvicinato i paesi europei. “Se non potete darvi la mano – ha detto Merkel ieri – guardatevi negli occhi un po’ più a lungo. La nostra solidarietà, la nostra ragione e il nostro cuore sono messi alla prova”. Andrà tutto bene.

  

E intanto, Putin

Mentre siamo distratti dal virus Putin “deliberatamente” ci destabilizza (lo dice un americano!) e si fa presidente eterno

Mentre il mondo guarda altrove, o meglio, mentre ogni paese guarda se stesso e cerca di non implodere, il presidente russo ha trovato il modo di rimanere presidente a vita, o fino a quanto ne avrà voglia. Martedì la Duma di stato ha approvato un emendamento che azzera i mandati del presidente russo, che secondo la costituzione non può farne più di due consecutivi. Ma la legge cambierà e quindi il conto dei mandati può ricominciare, dal 2000, anzi dal 1999, quando Putin prese il posto di Boris Eltsin. In questi vent’anni è successo di tutto, ma a rimandare indietro le lancette, ufficialmente, ci ha pensato Valentina Tereshkova, la prima donna ad andare nello spazio, un pezzo sovietico rimasto nelle istituzioni, come tanti, e all’improvviso più guardavamo immagini della Russia, di Putin, della Duma, più tutto ci sembrava in bianco e nero. Putin nel 2024 potrà candidarsi come presidente – il 22 aprile i russi si esprimeranno con un referendum, ma non ci saranno sorprese – e rimanere se vorrà fino al 2036. Più di Stalin ma meno di Pietro il Grande. “La Russia è ancora fragile, non ha bisogno di altre rivoluzioni”, ha detto il capo del Cremlino. La nazione è rimasta immobile a guardare il suo presidente che si proclamava re e che per rimanere al potere, dopo aver cercato di modellare l’assetto istituzionale, dopo aver pensato di diventare il capo del Consiglio di stato, premier, o vice presidente, ha scelto la strada degli altri autocrati dell’Asia centrale. Eccola, la Russia in bianco e nero. Nel frattempo nel mondo ha scatenato due crisi. Una lungo il confine greco-turco. Ha spinto tre milioni di siriani “deliberatamente”, come ha detto l’ambasciatore americano in Turchia, per destabilizzare uno dei confini più fragili dell’Europa. Nelle intenzioni di Mosca, che assieme ad Assad è responsabile dei bombardamenti nella provincia siriana di Idlib, il ritorno della parola “immigrazione” nel dibattito europeo potrebbe ridare vigore ai partiti nazionalisti. L’Ue è intervenuta con toni un po’ lontani dai valori europei. La presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen ha detto che la Grecia che respinge i rifugiati ai confine è lo scudo d’Europa e intanto Bruxelles ha iniziato a negoziare un nuovo piano con Ankara per evitare un’altra ondata verso l’occidente. Approfittando della lontananza dello sguardo del mondo, fisso spesso sui grafici dell’università Johns Hopkins che aggiornano in tempo reale l’evolversi dell’epidemia, ieri dichiarata pandemia, Vladimir Putin ha anche iniziato una guerra interna all’Opec Plus, sfidando l’Arabia Saudita sul prezzo del petrolio. Vince chi vende il petrolio al prezzo più basso. Riad aveva chiesto a Mosca di fare un accordo: tagliare la produzione per mantenere il prezzo al barile stabile. La Russia ha respinto la proposta, facendo crollare i mercati. L’obiettivo era punire gli Stati Uniti per le sanzioni imposte alle aziende di Mosca e i sauditi per la vicinanza dell’Amministrazione Trump. Il coronavirus, che ha colpito soltanto 20 russi, è lo sfondo perfetto per il caos del Cremlino.

  

Le signore dell’Europa

Sono finiti i primi cento giorni per la von der Leyen e Lagarde. Ora dovranno imparare ad agire fuori copione per guadagnarsi la fiducia

Lunedì la Commissione di Ursula von der Leyen, nata tra mille difficoltà, ha festeggiato i suoi primi cento giorni. Un traguardo importante, certo, segnato da altrettante crisi. Lunedì la presidente aveva tantissima voglia di festeggiare e soprattutto di ricordare i traguardi e quando la parola coronavirus usciva fuori, spesso dentro alle domande dei giornalisti, von der Leyen cercava di non darle troppo peso. Diceva di stare calmi, che il commissario europeo per la Salute Stella Kyriakidou è molto preparata e la aggiorna continuamente. Nel suo discorso ha ricordato il suo impegno per le politiche ambientali e anche per l’immigrazione. Il Covid-19 è entrato nella vita della Commissione, l’ha stravolta, e von der Leyen sembrava quasi seccata dall’arrivo del virus che le ha imposto un rapido cambiamento di programma. Martedì ha risposto alle necessità dei paesi membri che si facevano sempre più pressanti, con un piano di aiuti generoso, esprimendo solidarietà e annunciando una risposta coordinata. Intanto dentro alla Commissione sono stati registrati quattro funzionari positivi al coronavirus e l’ex ministro della Difesa tedesco, che martedì nell’annunciare misure a favore dell’aviazione civile ci ha tenuto a dire che gli aerei fantasma fanno male all’ambiente, dovrà abituarsi: per un po’ di Green deal, il fiore all’occhiello della sua squadra, nessuno vuole sentirne parlare. Anche all’interno della Bce ci sono dei contagi, nessuno è immune neppure nelle istituzioni Ue, e da Francoforte l’Unione europea si aspetta delle risposte. Per Christine Lagarde sono trascorsi sempre cento giorni. Cento giorni pieni di fiducia, un credito iniziale che le viene dal suo ruolo nell’Fmi, in cui si è concentrata sugli argomenti a lei più cari e verdi. Le due signore dell’Europa dovranno dimostrare molto in queste settimane, le aspettative sono altissime e dovranno abituarsi anche ad agire fuori copione.

  

    

Si porta molto fare l’elenco delle cose da leggere e guardare mentre si sta in casa isolati. Noi preferiamo ascoltare le canzoni dell’Eurovision e soprattutto sbirciare le foto delle case degli altri, il contatto più intimo che c’è.

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