Massimo Colomban e Virginia Raggi (foto LaPresse)

“Su Atac Raggi ha perso solo tempo”. Parla Massimo Colomban

Luciano Capone

“Potevamo vendere a Ferrovie un anno fa. Ora si rischia il fallimento. M5s succube dei sindacati”, dice l’ex super assessore

Roma. “Salvare adesso Atac è una missione impossibile”, “serve un partner forte, io un anno e mezzo fa l’avevo individuato nelle Ferrovie dello Stato”, “il M5s e la sindaca Raggi assecondano le piccole sigle sindacali”, “Atac è come Alitalia”, “ogni mese che passa si fa sempre più difficile”. L’ex assessore alle Partecipate Massimo Colomban era sceso dal profondo Veneto per risanare il socialismo municipale della capitale, ma dopo appena un anno se n’è tornato a casa dicendo che il movimento di Beppe Grillo vuole “ridurre l’Italia come il Venezuela”. Di certo a Roma gli autobus che prendono fuoco per strada ricordano l’atmosfera di Caracas, così come i conti in dissesto dell’azienda comunale dei trasporti che il 30 maggio, se il Tribunale non dovesse approvare il piano del concordato preventivo, andrà in default. “Non voglio emettere sentenze – dice Colomban al Foglio – ho lasciato due ottimi manager come Paolo Simioni e Cristiano Ceresatto a dirigere l’Atac. Non voglio scavalcare il loro ruolo perché stanno facendo un lavoro immane, una missione quasi impossibile”.

 

Cosa bisogna fare a Roma con l’azienda e con il trapsorto pubblico in generale?

“Premesso che spero che i manager riescano a portare in fondo il concordato in continuità, ribadisco quello che avevo detto dopo due mesi dall’inizio del mio mandato da assessore”.

 

E cioè?

“Bisogna ricercare un partner forte, sia dal punto di vista finanziario che per le competenze del management. E io l’avevo individuato nelle Ferrovie dello Stato. A quel tempo, un anno e mezzo fa, c’era una disponibilità delle Ferrovie che oggi non so se c’è più per fare una joint venture dal 50 al 100 per cento. Guardando i numeri aziendali, le sinergie e gli aspetti tecnici e tecnologici delle due società sarebbe stata la cosa migliore per i cittadini romani che vogliono solo due cose: che i trasporti funzionino e che le autovetture siano più moderne”.

 

E perché per fare questo servono le Ferrovie?

“Vuol dire avere un partner forte per poter dialogare con i tre sindacati principali, ma senza essere succubi delle altre dieci sigle minori che vantano ognuna numeri fantasiosi. Poi senza dubbio bisogna migliorare l’efficienza dell’azienda, basta comparare quello che succede all’Atac con quello che succede nell’area metropolitana di Milano con l’Atm e si vede che le differenze di efficienza sono tra il 15 e il 30 per cento”.

 

Facile da dire adesso, poteva farlo quando era assessore.

“Avevo già proposto all’epoca questa soluzione, ma nella giunta ha prevalso un indirizzo politico diverso, del tipo: ‘Cerchiamo di ristrutturare la società con le nostre forze’. Io avevo detto che la missione era impossibile e quello che sta succedendo adesso conferma che non avevo visto male. Non vorrei aggiungere altro”.

 

Un paio di domande ancora. Perché il comune non riesce a ristrutturare Atac?

“C’è un’attenzione anche troppo elevata a evitare scioperi e blocchi totali, anche se non sarebbero possibili visto che parliamo di un servizio pubblico essenziale”.

  

La giunta Raggi è succube dei sindacati?

“C’è da parte del M5s e della sindaca un’attenzione troppo elevata verso le richieste sindacali, che guardano molto ai diritti e poco ai doveri. Ma un’amministrazione e una dirigenza devono guardare all’efficienza e al servizio che si dà al cittadino, più che alla difesa di corporativismi sindacali”.

 

Il comune non è capace di risanare Atac.

“E’ anche una questione finanziaria, di soldi. Il servizio non funziona perché in strada dovrebbero esserci 2 mila vetture contro le 1.200 attuali. Per il rinnovo del parco macchine bisogna mettere sul piatto centinaia di milioni, ma non fra 5 o 10 anni con i risparmi che il comune sta trovando con difficoltà e abnegazione. I cittadini hanno bisogno di un servizio decente entro sei mesi o un anno”.

 

Più il tempo passa, più è difficile trovare uno che metta i soldi in questo colabrodo.

“Quando una società imbocca il declivio, più si aspetta e più è difficile trovare un partner disponibile a sobbarcarsi una sana ristrutturazione. Ogni mese che passa è sempre più difficile. Il compito di Paolo Simioni è sempre più gravoso. Spero che non molli e vedo che da buon alpino sta tenendo la posizione come quelli che erano sul Grappa”.

 

Passato un anno e mezzo, a questo punto all’acquirente conviene aspettare il fallimento e prendere quel che resta.

“Molti dei potenziali partner fanno questo ragionamento. Atac come Alitalia è una delle società  nei trasporti più difficile da collocare e ristrutturare, è una missione bella tosta. Faccio tutti gli auguri sia al sindaco sia ai manager che stanno lavorando duramente per uscirne fuori”.

 

Visti i risultati delle elezioni è possibile che il salvataggio di Atac da parte di un’azienda statale come Ferrovie  avvenga secondo logica politica, e non economica?

“Non lo so, sono un tecnico e sono fuori da questi discorsi”.

Di più su questi argomenti:
  • Luciano Capone
  • Cresciuto in Irpinia, a Savignano. Studi a Milano, Università Cattolica. Liberista per formazione, giornalista per deformazione. Al Foglio prima come lettore, poi collaboratore, infine redattore. Mi occupo principalmente di economia, ma anche di politica, inchieste, cultura, varie ed eventuali