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Destra e Pd fanno ammuina sui trasporti. Il M5s almeno è coerente

Valerio Valentini

Casu (Pd) decide di non decidere sul referendum, Bordoni (FI) lascia libertà di voto, i grillini sono il solito monolite

Roma. In difficoltà sulla decisione da prendere, alla fine Andrea Casu non ne ha presa alcuna, di decisione. O meglio, ha scelto di far esprimere i militanti: per i quali, ha annunciato il segretario del Pd romano, verrà organizzato, tra il 12 e il 13 maggio, “un week-end di approfondimento e discussione, che culminerà con un voto che rappresenterà la posizione ufficiale” del partito. “Si tratta di un percorso di coinvolgimento effettivo di tutti gli iscritti”, dice Casu. “E’ un modo pilatesco per non prendere posizione”, ribattono, a mezza bocca, altri esponenti democratici romani.

  

L’argomento, in effetti, è di quelli non secondari: si tratta di stabilire come schierarsi in vista del referendum su Atac, o meglio sulla messa a gara del servizio di trasporto pubblico, in calendario il 3 giugno prossimo. Ed essendo un argomento non secondario, il Pd romano si appresta ad arrivarci spaccato. Da un lato, infatti, molti dirigenti che hanno già annunciato il loro sostegno all’iniziativa promossa dai Radicali. Notevole, in questo senso, soprattutto la decisione di Walter Tocci, uno che di trasporto, a Roma, si è sempre occupato, e che ha già fatto sapere che voterà Sì, proponendo “una via contro la privatizzazione selvaggia e a favore di una liberalizzazione”. C’è già chi, però, nel Pd capitolino si è messo dall’altra parte della barricata e ha fondato il comitato “Mejo de no”: vi aderiscono, oltre al consigliere comunale Daniele Torquati, anche l’ex segretario Marco Miccoli, vicinissimo a Nicola Zingaretti.

  

Non è l’unico, il Pd, a non aver trovato la quadra. Anche nel centrodestra si respira aria di indecisione. Non a caso Davide Bordoni, consigliere comunale e coordinatore cittadino di Forza Italia, ha optato per la libertà di voto. Ma si mostra assai freddo sulla proposta dei Radicali: “Al di là del sacrosanto impegno per riformare Atac – dice – c’è comunque in ballo il destino di 12.000 lavoratori, che vanno tutelati”. E mentre Fratelli d’Italia è intenzionata a sostenere il No in modo esplicito, sotto il variegato cielo del centrodestra romano c’è anche Alessandro Onorato, braccio destro di Alfio Marchini, che ha addirittura contribuito a raccogliere le firme per la consultazione pubblica, e resta fermo nelle sue convinzioni: “Bisogna votare e far votare Sì, nessun ripensamento”.

  

E in mezzo a tanti balbettii, a tanti tatticismi, gli unici monolitici sono, manco a dirlo, i grillini. Che non avendo problemi di coerenza, ora osteggiano con forza lo strumento che per anni è stato da loro celebrato come la quint’essenza della democrazia diretta: il referendum. Il consigliere Pietro Calabrese aggira le critiche e la mette così, su Facebook: “I romani hanno già dato un segnale chiaro alle urne scegliendo il nostro programma di risanamento per Atac: No alla vendita di un bene comune, No ai sacrifici dei lavoratori e dei cittadini romani”. E siccome in questa sorte di commedia degli equivoci tutto sembra possibile, ecco che a presiedere il comitato per il No promosso dalla sinistra di Stefano Fassina, sarà Paolo Berdini, il fu assessore all’Urbanistica di Raggi.

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