Passeggeri in attesa di un autobus a Roma (foto LaPresse)

Su Atac il Pd grilleggia un po'

Gianluca De Rosa

Il concordato, la messa a gara del tpl romano e il referendum, su cui sono contrari anche alcuni amministratori locali del Pd: ecco la campagna "Mejo de no"

Roma. Non sono specificate le risorse economiche che dovrebbero incrementare l’offerta chilometrica, sono indefiniti i processi che dovrebbero portare alla digitalizzazione aziendale, lo sono ancora di più gli strumenti di razionalizzazione dei costi, così come non è precisato il nuovo modello di manutenzione. Sono tanti i punti del piano concordatario di Atac toccati dal Tribunale di Roma, in un documento inviato al Campidoglio alcuni giorni fa che sancisce una mezza bocciatura del piano. Bisognerà aspettare l’udienza del 30 maggio, per vedere se il Comune riuscirà a chiarire i vari punti. Il fallimento della municipalizzata del Tpl romano però non è più uno scenario così improbabile.

 

E mentre la sindaca si infuria con i suoi collaboratori e le opposizioni hanno gioco facile nel sottolineare il pagamento dei 12 milioni in consulenze per la redazione di un piano insufficiente, un gruppo di giovani amministratori locali del Pd lancia la campagna “Mejo de no”, un comitato per promuovere il No al referendum sulla messa a gara del Tpl per il quale si dovrebbe votare il 3 giugno. Due mesi prima del voto, il 3 aprile, organizzeranno un’assemblea pubblica all’Esquilino per lanciare ufficialmente l’iniziativa. “Un modo per ricominciare a parlare di politica, ma soprattutto di temi e problemi vicini alle persone. Con un occhio di sinistra. Vogliamo che la gente vada a votare e lo faccia per dire No alla privatizzazione”, ci spiega Sara Lilli mentre attende l’autobus fuori dal municipio I dove fa la capogruppo del Pd. Concetto ribadito dall’ex presidente e ora consigliere del XV municipio Daniele Torquati: “Le ragioni per votare no sono principalmente due. La prima è culturale: non ci possiamo arrendere al pensiero per cui tutto quello che non funziona nel pubblico può essere risolto con gare che aprono a soggetti privati. La seconda riguarda l'aspetto amministrativo della questione: in caso di gara non c'è nessuna certezza sui posti di lavoro”.

 

“La messa a gara del Tpl non è la soluzione al problema – insiste Julian Colabello, consigliere al XIV municipio – un gestore privato non può affrontare una situazione disastrata come quella di Roma, che deriva dallo sbilanciamento dei bus rispetto a metro e tram”. “I primi – spiega – rappresentano il 70 per cento del Tpl. Qualsiasi studio dimostra che troppi chilometri serviti da bus portano le aziende dei trasporti in perdita. È così anche a Roma dove il passivo di gestione è quello dei bus, mentre tram e metro sono in positivo”. “Queste diseconomie di scala costringerebbero il privato a tagliare sulla qualità del servizio e sul costo del lavoro”, conclude Colabello.

 

I tre giovani consiglieri sono tra i cinquanta membri dell’assemblea romana del Pd che, quando fu eletto l’attuale segretario del Pd romano Andrea Casu, chiesero un referendum interno sulla questione. “Purtroppo non c’è mai stato. Alla fine si è presa una posizione un po’ pilatesca: chi voleva poteva raccogliere le firme per i Radicali, ma il partito non ha preso una posizione ufficiale sul referendum”, ricorda Colabello. La ragione, potrebbe dire qualcuno, è che nel Pd ci sono anime diverse. Infatti, mentre Colabello e gli altri sposano la linea del consigliere regionale ri-eletto Eugenio Patanè, personalità come Walter Tocci, ma anche Roberto Giachetti e Luciano Nobili hanno espresso la loro volontà di votare Sì. Rispondendo al Foglio il segretario Casu chiarisce: “Prenderemo una posizione ufficiale, ma oggi all’ordine del giorno c’è il fallimentare concordato preventivo presentato dalla sindaca che compattamente contestiamo insieme ai nostri consiglieri comunali”. Su questo Colabello, Lilli e Torquati sono d’accordo con il segretario: “Si potevano fare accordi stragiudiziali con i creditori invece di aspettare l’arrivo dei decreti ingiuntivi ed essere costretti al concordato. Sindaca e giunta dovevano intervenire due anni fa!”.

 

Non c’è però solo il referendum su Atac. Da qui a giugno si voterà anche per i presidenti del III e del VIII municipio. Una ghiotta occasione per i dem di recuperare due territori in cui le divisioni interne al M5s hanno portato alla fine anticipata delle precedenti amministrazioni. Al VIII municipio la candidatura a sinistra già c’è e risponde al nome di Amedeo Ciaccheri, giovane ex consigliere del municipio sia prima dello scioglimento sia sotto la presidenza del Sel Andrea Catarci. Ciaccheri è stato intravisto giorni fa in compagnia del vicepresidente della Regione Lazio, Massimiliano Smeriglio, anche lui ex Sel. Smeriglio è il principale fautore del centrosinistra largo e per i due municipi vorrebbe una coalizione simile a quella che ha sostenuto Zingaretti in Regione. Paradosso vuole che sia proprio Smeriglio sia il pomo della discordia tra Zingaretti e Leu, che voleva la vicepresidenza e che alla fine non entrerà in giunta, facendo traballare la credibilità del modello Lazio, già in difficoltà per ragioni di numeri (Zingaretti ha un consigliere in meno rispetto alle opposizioni). Ciaccheri potrebbe essere anche il candidato del Pd. Il segretario Pd Casu, parlando con il Foglio, ha aperto alle primarie di coalizione: “Nei due municipi l’idea è di presentare un centrosinistra più ampio possibile. Vogliamo parlare con tutti, ma vogliamo farlo in riunioni e assemblee condivise e non a colpi di comunicati stampa”.

 

Casu intanto è finito al centro di una polemica interna al partito. Molti membri della direzione romana si sono lamentanti per la seduta della scorsa settimana che doveva essere dedicata all’analisi del voto del 4 dicembre, ma che è terminata subito dopo l’intervento del segretario nazionale Martina e dello stesso Casu. “La direzione non è stata silenziata, ma rimandata”, chiarisce Casu che aggiunge: “Intanto stiamo facendo tantissime assemblee in tutti i circoli della città, seguendo la linea del Pd nazionale”. Il tema caldo sul quale in diversi sarebbero voluti intervenire era – oltre ad Atac e alle elezioni municipali – il mancato rispetto dello statuto del partito da parte di Michela Di Biase e Roberto Giacchetti. I due infatti sono contemporaneamente consiglieri comunali e consigliere regionale l’una, deputato l’altro.