via Lapresse

Due ragioni per sorridere

Perché ci vuole ottimismo anche con Elly Schlein

Claudio Cerasa

Non è la nostra cup of tea, ma la leader dei democratici può aiutare ad avere un Pd più forte, un M5s più debole, un Terzo polo più pimpante e persino una maggioranza più responsabile. Non ci credete? Fate un test

La domanda è secca e anche brutale ma non può non essere posta da chi cerca ogni giorno una ragione per osservare il futuro senza la lente del catastrofismo. E la domanda è questa: ma si può essere irresponsabilmente ottimisti anche su Elly Schlein? La risposta, al netto delle supercazzole politiche a metà tra Nichi Vendola e Alessandro Di Battista della nuova segretaria del Pd, è che sì: anche chi non considera Elly Schlein la sua cup of tea, come noi, può intravedere, nella sua ascesa, un qualche elemento positivo. Le ragioni che seguono sono diverse da quelle deliziose che hanno spinto Fedele Confalonieri, presidente di Mediaset e storico amico di Silvio Berlusconi, a confidare a Francesco Verderami, sul Corriere della Sera, la sua “simpatia” nei confronti della nuova leader del Pd (“Il solo fatto che sia la nipote di Agostino Viviani me la rende simpatica”, ha detto Confalonieri facendo riferimento al nonno di Schlein, Viviani appunto,  avvocato, garantista e socialista che “quando nacque Forza Italia Silvio volle con sé”). E sono ragioni che hanno a che fare con due questioni importanti.

 

La prima questione riguarda i valori non negoziabili per un partito come il Pd, per così dire, e finora Schlein ha dato risposte rassicuranti su alcuni temi importanti: la difesa dell’Ucraina (“L’integrità territoriale dell’Ucraina è stata violata e va ristabilita”, ha detto domenica sera da Fabio Fazio), l’europeismo (che è la vera cornice dove, dice Schlein, si deve definire l’interesse nazionale di un paese come l’Italia) e il rapporto con i suoi possibili alleati (“Alcune battaglie possiamo farle insieme”, ha detto ancora domenica sera Schlein parlando dei partiti guidati da Giuseppe Conte e da Carlo Calenda).

 

La seconda questione, invece, riguarda una dinamica differente, che potrebbe coincidere con un effetto importante dello slittamento a sinistra del baricentro del Pd in una stagione politica in cui, per diversi mesi, il tema delle alleanze verrà inevitabilmente sostituito dal tema delle identità (alle europee del 2024 si voterà con il proporzionale, niente coalizioni). Pensateci: avere un Pd desideroso di riconquistare gli elettori del M5s (senza ipocrisie: spostarsi a sinistra vuol dire questo) potrebbe portare il Pd non a essere ostaggio del M5s (non ci sono alleanze) ma a competere con lo stesso M5s e a portare avanti una politica di scippo degli elettori grillini. È così male l’idea che il Pd possa provare a svuotare il M5s? Non lo è. E parallelamente, avere un Pd desideroso di spostarsi a sinistra non potrebbe mettere il così detto Terzo polo nelle condizioni di rappresentare tutti coloro che nei prossimi mesi si troveranno a disagio in un Pd desideroso di concentrarsi più agenda dei diritti che su quella dei doveri? E, in subordine, avere un Pd più forte, un M5s più debole, un Terzo polo più pimpante potrebbe o no essere una buona notizia per chi si augura di avere un paese capace, in prospettiva futura, di creare un’alternativa all’attuale maggioranza? E avere un’opposizione che in prospettiva potrebbe crescere – grazie a una leader che incarna, almeno nella forma, un aspetto di contemporaneità vera e un aspetto di novità concreta – potrebbe essere o no un pungolo importante per l’esecutivo tale da costringere gli azionisti della maggioranza a occuparsi un po’ più di come governare al meglio e un po’ meno su come fare opposizione al proprio governo?

 

Certo, Elly Schlein, ragione per cui non è la nostra cup of tea, continua a essere ambigua su molti fronti, non vuole i termovalorizzatori, non usa parole nette sui rigassificatori, non ha dimestichezza con il garantismo, non ha fiducia negli imprenditori, non ha idee chiare sulla creazione del lavoro, non ha un’agenda economica competitiva, non ha idee forti sulla crescita, non smette di considerare tutto ciò che ha fatto il Pd nel passato come qualcosa di destra, non ha intenzione di combattere la povertà senza combattere la ricchezza, non sembra avere altre chiavi se non quella dell’antifascismo, che poi significa demonizzazione dell’avversario, per dare centralità alla sua opposizione, ma nonostante questo, di fronte alla domanda se si possa essere o no irresponsabilmente ottimisti anche su Elly Schlein, la risposta è sì. Come leader di governo non promette di essere granché (per quello nel caso c’è Franceschini), ma come leader d’opposizione promette di essere un elemento di vivacità. Ottimismo, anche con Elly.

  • Claudio Cerasa Direttore
  • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.