Elly Schlein alla conferenza al Nazareno (Ansa)  

Paese legale o reale?

Per Elly Schlein il problema sarà passare dalla forma alla sostanza

Claudio Cerasa

La contemporaneità della nuova leader esiste, ma sparisce d’incanto quando dalle apparenze si passa ai fatti. Il rischio del nuovo Pd? Regalare il buon senso alla destra (a partire dall’Ucraina)

Il principale punto di forza di Elly Schlein, riconosciuto anche dai suoi avversari, è il tratto di modernità oggettivo incarnato dalla sua figura politica. Giovane, donna, veloce, diretta, movimentista, coerente, bel sorriso, linguaggio semplice, attenzione ai diritti, poca esperienza di governo ma in compenso ottima dimestichezza con gli hashtag. Schlein risponde a una domanda di cambiamento vero, interno alla sinistra, di discontinuità con un passato riconducibile più alle stagioni passate a masticare sconfitte che alle stagioni trascorse a governare, e la contemporaneità è certamente il suo tratto più importante che risponde a una richiesta effettiva del cosiddetto “paese legale” della sinistra, inteso come il sempre più ristretto corpo elettorale che si riconosce nel Pd. Schlein, in questo senso, incarna un effettivo spirito del tempo dell’essere progressista, il famoso Zeitgeist, ma la sua contemporaneità sparisce d’incanto quando dalla forma si passa alla sostanza e quando dal contenitore si passa al contenuto.

 

In questo senso, Schlein incarna il nuovo, il contemporaneo appunto, ma la sua piattaforma programmatica è quanto di più antico e nostalgico ci possa essere sul terreno della politica. E il problema della sinistra modello Schlein non è tanto la presenza massiccia di vecchi campioni dell’establishment correntizio dietro di lei, le correnti sono come il potere, logorano chi non le ha, ma è la presenza massiccia di un arsenale retorico che rischia di far ripiombare il Pd in un passato poco contemporaneo, dominato dallo sguardo antico di chi, al fondo, considera i figli della globalizzazione, i figli del capitalismo, come i veri nemici del popolo sovrano. E dunque, in questa dimensione, la redistribuzione della torta conta più della creazione della torta. La difesa dell'ambiente, parallelamente, è un valore a sé, quasi una fede, che prescinde, per esempio, dalla difesa del tessuto industriale di un paese, tema che dovrebbe essere invece caro a chi vuole combattere le diseguaglianze. I più ricchi, piuttosto che essere incentivati a investire nelle proprie aziende, devono essere prima di tutto ancora di più tassati, in nome della giustizia sociale. Gli imprenditori, conseguentemente, sono sempre considerati come degli sfruttatori fino a prova contraria, da vessare più che da aiutare, e anche per questo, come prevede il programma di Schlein, occorre ridurre ulteriormente le casistiche di contratti a tempo determinato di cui dispongono le imprese, al punto da considerare come un male da rimuovere una riforma, come quella del Jobs act, che, pandemia a parte, ha aiutato l’Italia a migliorare di anno in anno l’occupazione, oggi arrivata a un record storico anche grazie alla flessibilità concessa dai governi agli imprenditori brutti e cattivi.

  

C’è molta contemporaneità, in Schlein, quando si parla di diritti, quando si parla di movimentismo, anche se poi i movimenti per produrre novità tangibili devono pur sempre confluire all’interno di partiti, come sa bene Schlein, ma c’è molta anteriorità, per così dire, molto giustizialismo sociale, molta socialconfusione, quando dai diritti si  passa a parlare dei doveri. E la ragione per cui Meloni potrebbe non avere tutti i torti a essere felice per la vittoria di Schlein non riguarda la bellezza di avere due donne alla guida dei due partiti più importanti d’Italia (fatto comunque importante). Ma riguarda la certezza di avere un Pd contemporaneo solo nella forma e poco nella sostanza. Desideroso tafazzianamente di regalare alla destra buona parte dell’agenda dei doveri dell’Italia, al punto di essere disposta a trasformare in argomenti di destra temi come la difesa dell’Ucraina, la difesa dell’atlantismo, la difesa delle imprese, la difesa dei confini, la difesa del mercato. Se Schlein sarà coerente con il suo impianto politico, stavamo per scrivere accusatorio, il Pd sarà inevitabilmente portato ad ampliare la distanza che esiste tra il paese legale e il paese reale e sarà inevitabilmente tentato dal diventare la sesta stella del Movimento 5 stelle.

  

Se Schlein capirà invece che compito del Pd è provare a rappresentare qualcosa di più ambizioso di quello spicchio d’Italia che oggi si identifica con il Pd, e che vota Pd con la stessa fiducia con cui i telespettatori osservano il monoscopio in televisione confidando nel ritorno del segnale, dovrà necessariamente smentire le sue premesse e mettere la sua modernità al servizio della contemporaneità del paese. Avere una sinistra desiderosa di scommettere sull’innovazione della politica è una buona notizia per l’Italia. Avere una sinistra desiderosa solo di alimentare la spirale della socialconfusione è una buona notizia solo per Giorgia Meloni. Buona fortuna, in attesa che il Pd riesca a trovare un modo per uscire dalla stagione del monoscopio.

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  • Claudio Cerasa Direttore
  • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.