Dopo le primarie

Falchi, colombe, pontieri e pompieri. Geografia schleiniana

Marianna Rizzini

Boccia punta deciso al ruolo di capogruppo in Senato, nonostante Base riformista. Franceschini telefona agli scontenti e pensa a Nardella per il ruolo di presidente del partito. Furfaro, vice segretario in pectore, per il momento non si sbilancia

 Le parole sono importanti, diceva Nanni Moretti in “Palombella rossa”, e alle parole bisogna affidarsi per cercare di capire come si muoverà la neo segretaria del Pd Elly Schlein all’interno e all’esterno del partito: “Tenere insieme la comunità è fondamentale, senza rinunciare a una linea politica chiara e comprensibile”, ha detto Schlein lunedì, al momento del passaggio di consegne con Enrico Letta, poco dopo aver ricevuto in dono dall’ex segretario il melograno della fortuna.

Un ossimoro, tenere insieme senza rinunciare alla linea”, scherza un deputato non schleiniano. “La sfida è proprio nello spazio di iniziativa che sta tra unità e chiarezza ”, dice invece un uomo chiave e pontiere della mozione Schlein. Sì, ma come?

E insomma, se la “colomba” Dario Franceschini – ex ministro della Cultura e deus ex machina dell’ascesa di Elly – da due giorni, raccontano nei corridoi del Nazareno, telefona uno per uno a tutti gli scontenti per evitare un effetto-domino Beppe Fioroni, padre fondatore Pd uscito dal partito due giorni fa (state calmi, state tranquilli, è il concetto), l’ex Sardina Mattia Santori, in modalità “falco”, ha pronunciato la frase “per un Fioroni che se ne va, cento nuovi iscritti” (gli ha risposto da Twitter Filippo Sensi, alias Nomfup, già portavoce di Matteo Renzi premier: “Non condivido per niente le ragioni che hanno portato Fioroni a lasciare il Pd. Ma penso che le argomentazioni di Santori su questo addio manchino di rispetto al partito e ai valori e alla comunità che rappresenta, prima ancora che a Fioroni”).

Fatto sta che, sul lato schleiniano duro e puro, si posiziona al momento l’ex ministro Francesco Boccia, nome papabile per il ruolo di capogruppo al Senato (al posto di Simona Malpezzi) che sembra non tenere conto delle voci dei pompieri, quelli che gli dicono: guarda Francesco che alcuni esponenti di Base Riformista, e non solo, hanno intenzione di dare battaglia su questo passaggio (che è come dire: se si vota, non è detto che i voti ci siano proprio tutti). Ed ecco però che, sul lato più morbido, altre colombe agiscono al grido di “offriamo la presidenza del Pd a Gianni Cuperlo, Dario Nardella o Enrico Letta”.

E se è vero che Letta ha gentilmente declinato, il nome di Nardella (idea di Franceschini) ricorre nei ragionamenti più cauti, per esempio in quelli dell’ex ministro del Lavoro Andrea Orlando, orientato al non fare prigionieri e al dialogare con gli sconfitti che, come dicono anche gli schleiniani più combattivi nei sussulti di realismo, “sono pur sempre il 48 per cento”. Sulla linea mediana si posiziona il vice in pectore della neo segretaria (o coordinatore della segreteria in pectore) Marco Furfaro, deputato e custode della mozione durante le primarie: “Il cambiamento parte da qui”, ha detto ieri a Rai Radio1: “E’ questo il messaggio che viene dalle primarie di domenica. Spetterà a noi non solo tenere unito il partito unito ma allargarlo”. Gli elettori “hanno visto in Elly l’idea che la sinistra potesse tornare a fare la sinistra”, dice sempre Furfaro, ed anche qui la domanda torna tra i vincitori: come mantenere intatta la carica di sinistra-sinistra pur mirando alla massima unità del partito?

Su questo crinale si è mosso, nei giorni scorsi, l’ex ministro per il Sud Peppe Provenzano, nei discorsi post vittoria in cui invitava i compagni a puntare alla compattezza del partito senza deludere chi ha votato Schlein per le istanze innovative. E mentre attorno alla neo segretaria c’è chi assicura che “ci sarà presto un momento di confronto  con Bonaccini” (che resta in campo e attende appunto un incontro, dicono dal suo entourage), spunta un non ininfluente e possibile grattacapo europeo, ché la maggioranza degli europarlamentari Pd si era schierato proprio con il governatore emiliano. 
 


 

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  • Marianna Rizzini
  • Marianna Rizzini è nata e cresciuta a Roma, tra il liceo Visconti e l'Università La Sapienza, assorbendo forse i tic di entrambi gli ambienti, ma più del Visconti che della Sapienza. Per fortuna l'hanno spedita per tempo a Milano, anche se poi è tornata indietro. Lavora al Foglio dai primi anni del Millennio e scrive per lo più ritratti di personaggi politici o articoli su sinistre sinistrate, Cinque Stelle e populisti del web, ma può capitare la paginata che non ti aspetti (strani individui, perfetti sconosciuti, storie improbabili, robot, film, cartoni animati). E' nata in una famiglia pazza, ma con il senno di poi neanche tanto. Vive a Trastevere, è mamma di Tea, esce volentieri, non è un asso dei fornelli.