Enrico Letta (LaPresse)

Il centrosinistra dei riottosi sarà la ripetizione in forma di farsa delle alchimie dell'Unione

Giuliano Ferrara

Da soli al voto oppure con tutti, anche con i grillozzi. Ci vuole uno che comanda e detta le regole del gioco a sinistra, e altri che seguono senza fiatare e in fretta, data la situazione. E il comando non può essere il gioco estenuante alle combinazioni di maggior gradimento degli Ego espansi dei would be leader del campo largo

Ieri il sindaco di Peccioli, che non è un commentatore di passaggio come me ma un amministratore capace di fare soldi con una discarica, altro che inceneritore!, ci ha scritto una lettera formidabile. Diceva a Letta e Meloni: abbiate coraggio, andate da soli alla battaglia nei collegi uninominali piuttosto che partecipare al balletto delle finte alleanze. Era il nostro sogno del giorno prima, e l’ipotesi di scuola di qualche settimana prima, firmata dal senatore Petruccioli.

        

Ora la destra sembra aver risolto i suoi problemi, cioè il problema della regola di leadership, decide del capo del governo chi ha più voti, e anche sull’assegnazione dei collegi se la sono sbrigata. Sono già tutti “in uscita” e promettono sfracelli agli avversari a colpi di coalizione e identità. Formulo un’ipotesi di pancia, semplicistica, incurante delle ansie di Twitter e dei social, ché la goffa sofisticazione politica e l’intima grossolanità dei sofistici del centrosinistra democratico-libbberale o del campo largo già ci ha fatto perdere l’occasione Draghi al Quirinale, che ora ci rassicurerebbe tutti per sette anni.

       

L’ipotesi è questa. Se vuol prendere una standing ovation, forse la prima e l’ultima della sua carriera, forse no, Letta capo del Pd e occhi di tigre, nel giro di quarantott’ore, dovrebbe tenere questo discorso all’Italia e al suo elettorato e alla sua base militante. “Io sono un cattolico di sinistra educato prima alla politologia che alla politica, ma se Togliatti a Salerno ordinò al popolo del nord in armi di appoggiare il governo del generale Badoglio e il piccoletto Savoia, con risultati direi alla fine apprezzabili e con l’appoggio di Stalin e Churchill, nessuno mi impedisce di dirvi ora che, visti i capricci e i veti e controveti, e le incongruenze di un polo di centrosinistra fondato su liti e idiosincrasie e narcisismi perdenti, le cose stanno così. Io nel mio piccolo di primo partito a sinistra vado da solo, nei collegi maggioritari chi si aggiunge per vincerli è benvenuto, chiunque, dico chiunque. Ho detto che il distacco dai grillini è irreversibile, era una cazzata. Hanno i voti necessari e sono stati nostri alleati di governo contro i pieni poteri di Salvini, contro la pandemia, per l’Europa del Recovery plan, dunque sono abilitati a partecipare a una battaglia elettorale comune anche se in occasione della fine del governo Draghi e della legislatura si sono comportati come una banda di sprovveduti scappati di casa. Benvenuti loro, benvenuto Fratoianni, che a Draghi la fiducia non l’ha mai data, e benvenuti i libbberali: è un’alleanza elettorale contro il sovranismo e per un programma di interessi e diritti nel quale all’ingrosso, e senza ortodossie balneari, ci si deve ritrovare causa forza maggiore e legge elettorale. I collegi si ripartiscono secondo sondaggi e idoneità dei candidati, punto. Il tutto nel giro di una settimana, anzi anche meno. Per dirla con Calenda, o così o ciccia”. 

         

Tagliare corto quando l’andare per le lunghe diventa un disgustoso marasma capace di allontanare forza, orgoglio e molti elettori, è un atto di prudenza e di realismo. Può essere che il confronto con la destra arrembante sia perso comunque, ma così come sta andando è perso di sicuro e senza remissione del peccato di ignavia. Ci vuole uno che comanda e detta le regole del gioco a sinistra, e altri che seguono senza fiatare e in fretta, data la situazione. E il comando non può essere il gioco estenuante alle combinazioni di maggior gradimento degli Ego espansi dei would be leader del campo largo, camposanto o campo Lapo. Twitter starnazzerà, Facebook impazzirà di ortodossismi e divisionismi minoritari e vocianti, ci saranno appelli alla coerenza antigrillina, liste di mai più con quello, mai più con quell’altro saranno stilate, ma alla fine per lo meno il paese capirà che l’alternativa sole o luna, noi o Meloni, non è un puzzle per caratteri deboli di capi senza voti ma una vera alternativa tra forze effettive e competitive in una seria battaglia elettorale. E’ vero che votare nel collegio della Taverna sarà un revulsivo. Ma è anche vero che stavolta, senza una vocazione maggioritaria ben temperata e guidata da un partito locomotiva che esclude solo gli schizzinosi, il centrosinistra dei riottosi e degli incompatibili sarà la ripetizione in forma di farsa delle alchimie dell’Unione dei Prodi e soci ulivisti. Rimpiangeremo Turigliatto.

  • Giuliano Ferrara Fondatore
  • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.