Una vecchia edizione del giornale "La Padania" (foto LaPresse)

Il direttore della Nuova Padania spiega perché così Salvini non va lontano

Lorenzo Marini

“Il mondo cambia, urge cambiare registro su immigrati e Europa cattiva”

Era un po' che ci rimuginava. Poi ha deciso di fare il salto e dal 12 marzo scorso è sul web. Un momento non facilissimo per tenere a battesimo un nuovo giornale. Parliamo de La Nuova Padania, giornale on line creato da Stefania Piazzo, che si rifà, anche nella testata nero-verde, al giornale della Lega nato nel 1997 su idea di Umberto Bossi con la direzione di Gianluca Marchi e chiuso, per mancanza di soldi e volontà politica, nel 2014 da Matteo Salvini (che ne fu redattore) e Bobo Maroni. Un giochino che in 16 anni di vita è costato oltre 61 milioni di contributi pubblici. Ma, almeno nella prima decina d’anni e pure oltre, la Padania è stato anche un giornale vivo e irriverente. Pur con i suoi eccessi. Nel 1997, per dire, in piena fase secessionista, arrivò a pubblicare in prima pagina il numero di telefono di Arcore. Piovvero insulti di ogni tipo e “Berluskaiser” (nomignolo affettuosamente affibbiato da Bossi al Cavaliere) chiamò inviperito il Senatur per lamentarsi. “A quell’irriverenza ci rifacciamo, senza avere riguardi per niente e nessuno. Non siamo un giornale di partito e con la Lega non c’entriamo nulla”, sgombra subito il campo Stefania Piazzo. “La mia idea è fare giornalismo, andare sui temi, dare notizie, trattare gli argomenti con un taglio differente dal mainstream. Dare voce a quella parte del Nord che crede ancora nell’autonomia e nel federalismo e non gradisce il nuovo corso della Lega nazionale di Salvini. Ma senza rimpianti o inutili reducismi”, racconta Piazzo, che della Padania cartacea è stata direttrice nel 2012, dopo molti anni all’ufficio centrale. “Per esempio, dire, come fa Salvini, che l’Europa e gli olandesi sono brutti e cattivi non è una risposta politica, perché il Nord Europa si sta comportando con noi come la Lega per anni ha fatto col Sud Italia. Ci stanno dando tanti soldi e, giustamente, non si fidano. Ma la risposta non è la guerra all’Europa. Anche per questo la Lega cala nei consensi…”, spiega Piazzo.

 

A scorrere il sito, ci sono articoli molto duri su Fontana e la sanità lombarda, e pure assai critici su Salvini, Zaia e Giorgetti. “Non vogliamo sparare contro qualcuno, ma sollevare questioni e addentrarci nei temi senza pregiudizi…”, dice Piazzo. Risultato: 1 milione di pagine lette e 680 mila utenti unici. Tra i collaboratori c’è pure Giancarlo Pagliarini, alcuni “storici” della Padania come Giovanni Polli e Giuseppe Reguzzoni, mentre il braccio destro di Piazzo è Riccardo Rocchesso.

 

Il Salvini nazionale non le piace? “Si è trovato in un vicolo cieco e ha fatto una scelta obbligata e vincente dal punto di vista elettorale. Ma il territorio non è un nemico da dimenticare. Non dico che bisogna rimettersi la spilletta di Gianfranco Miglio, ma l’autonomismo è ancora attuale e può benissimo stare insieme a una vocazione nazionale. Penso, per esempio, al modello svizzero. Il limite di Salvini è un altro: dare risposte facili a problemi complessi. Il populismo, insomma”. Però è arrivato al 34 per cento. “Matteo è un grande leader, un trascinatore, ma pensa troppo alla comunicazione, all’algoritmo del giorno. Io dico: meno dirette Facebook e più territorio, meno like e più feste della Lega. I social sono un buon veicolo di contenuti, ma se la democrazia nasce solo lì, allora c’è un problema. A Salvini manca visione politica, quella che invece aveva Bossi, che ti diceva esattamente cosa sarebbe successo da qui a 8 mesi e la strategia per arrivarci. Il Senatur, poi, aveva più senso dello Stato e delle istituzioni. Detto questo, Salvini ha fatto miracoli…”.

 

Ora, però, c’è Zaia che avanza. “Il Veneto è sempre stata una terra democristiana, bianca, e Zaia è il moderno interprete di quella cultura. Pensa a governare (bene) il suo territorio. So che a lui guardano molti autonomisti, ma da lui non sentirete mai una parola contro Salvini. E poi perché dovrebbe puntare alla leadership della Lega? Ha molto più potere adesso, da governatore di una delle prime regioni d’Italia…”. Maroni, nei giorni scorsi, ha invitato la Lega a guardare a un governo di unità nazionale. “Se si dovesse aprire quella fase, dico anch’io: perché no? Sarebbe una sorta di nuova costituente, una grande responsabilità, una sfida da affrontare. Non si può continuare a suonare la stessa canzone, contro gli immigrati e l’Europa cattiva. E’ una battaglia già vecchia. Il tema, ora, è dare risposte serie alla crisi economica post Covid”. Domani, 9 maggio, ricorre l’anniversario dell’assalto al campanile di San Marco da parte dei Serenissimi. “Mi sono divertita a recuperare la vecchia edizione della Padania del 1997 e la pubblicheremo…”, sospira Piazzo, ma senza nostalgia.