Il ministro dell'Agricoltura, Teresa Bellanova (foto LaPresse)

La sacrosanta battaglia (solitaria) di Teresa Bellanova

Il ministro continua a insistere sulla regolarizzazione dei migranti e chiede al governo di avere “più coraggio”. Ma la maggioranza sembra più preoccupata di gestire i propri equilibri interni che di risolvere il problema

Difficile fare previsioni su come andrà a finire. Di certo da alcune settimane la maggioranza di governo non fa nulla per nascondere le proprie divisioni che, col passare dei giorni, stanno diventando sempre più profonde. L'ultimo scontro è quello che riguarda la regolarizzazione dei migranti. Un tema di cui Il Foglio si era occupato lo scorso 8 aprile sottolineando come in Italia ci siano, al momento, 600 mila “fantasmi” che sfuggono ai controlli sanitari. Persone che, una volta regolarizzate, potrebbero essere utilizzate nel settore agricolo dove, causa l'emergenza coronavirus, manca manodopera.

 

La proposta del Foglio era stata immediatamente ripresa del ministro dell'Agricoltura, Teresa Bellanova. E anche il leghista Gian Marco Centinaio, ex ministro dell'Agricoltura del governo gialloverde, intervistato dal nostro giornale, pur dicendosi “inorridito” dalla possibilità di una sanatorio, aveva aperto alla possibilità di estendere il permesso di soggiorno fino a dicembre 2020. Sembrava, quell'apertura di Centinaio, uno spiraglio per arrivare in tempi brevi a una soluzione condivisa. Anche perché, nella nostra proposta era contenuto anche il suggerimento di utilizzare una norma prevista dal “decreto sicurezza” (fortemente voluto e rivendicato da Matteo Salvini): il “permesso di soggiorno temporaneo per calamità”.

 

E invece, alla fine, Teresa Bellanova si è ritrovata praticamente da sola a condurre la propria battaglia. Perché se le opposizioni non sembrano affatto ostili a una sanatoria “modello Maroni” (leggi l'intervista a Mara Carfagna), è nella maggioranza che il ministro di Italia viva fatica a trovare alleati. Al punto che, questa mattina, ha minacciato le dimissioni. “Io non ho accettato l'incarico al ministero per fare tappezzeria - ha scritto su Facebook - Ci sono delle questioni, come quella dei migranti sul nostro territorio, che non si sono mai volute affrontare o che si è affrontato in modo sbagliato. Oggi siamo in una fase in cui queste persone stanno in Italia e non possono andare da nessuna parte. C'è un problema di lavoro e c'è un problema sanitario perché queste persone stanno nei ghetti. Ce ne facciamo carico?”

   

 

A far infuriare il ministro sono state sia le dichiarazioni del reggente del M5s, Vito Crimi (“Continueremo a fare tutto quello che serve a fare emersione di lavoro nero, italiani o stranieri. Ma se c'e' una sanatoria modello Maroni, Bossi, Fini e altri noi non ci stiamo”), sia una certa ambiguità del Pd che, pur favorevole alla regolarizzazione, se la prende con le opposizioni ma nulla dice sulle rigidità dell'alleato di governo (senza contare quelli che, ovviamente, non si lasciano sfuggire l'occasione di criticare Italia viva accusando il partito di Matteo Renzi di voler far cadere il governo).

 

 

Il ministro Bellanova, si sa, non è persona che si arrende facilmente. “Questo governo deve avere coraggio - dice intervistata dall'HuffPost -. Non si possono lasciare le persone a vivere come topi nei ghetti. Lavorano già nel nostro Paese e spesso in condizioni complicatissime e al limite, meritano una possibilità e vanno regolarizzati. È una battaglia di civiltà a cui non ci si può sottrarre”.

  

Sul tavolo del governo c'è già una proposta che dovrà essere esaminata nelle prossime ore dal premier Giuseppe Conte e dal ministro dell'Economia Roberto Gualtieri. “Intanto non si parla di clandestini - spiega Bellanova -, ma di persone che già vivono e lavorano in Italia, di loro si ha ancora la foto segnaletica. Abbiamo previsto due canali operativi. Il datore di lavoro può con una dichiarazione andare in prefettura e chiedere la regolarizzazione del lavoratore, che a quel punto avrebbe il permesso di soggiorno. Altrimenti la singola persona può richiedere un permesso di soggiorno per sei mesi, e vorrei che fosse chiaro: non stiamo dando un permesso di soggiorno a vita ma semplicemente una possibilità. Va tolta loro la paura di essere nell’illegalità e vanno sostenute tutte quelle imprese che oggi sono costretti a piegarsi al ricatto dei caporali. Ecco, io non voglio che un imprenditore si pieghi al caporalato”. Alcuni esponenti del Movimento sembrano condividere la proposta ma, al momento, prevale la “linea Crimi”. 

  

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