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Regolarizzare sì, ma non a tempo

Massimiliano Iervolino e Giulia Crivellini

Giusto occuparsi dei 600 mila “clandestini” che si trovano oggi in Italia, ma servono soluzioni a lungo termine e più coraggio

La parola regolarizzazione sembra non fare più paura visto che da qualche settimana è entrata nel dibattito pubblico e si ripetono ogni giorno, a sostegno di tale misura, interventi e appelli di sindacati, terzo settore, associazioni di categoria e ministri. Da ultimo Teresa Bellanova, in risposta a Luciano Capone e Carlo Stagnaro. Finalmente, possiamo aggiungere noi, che su tale obiettivo lavoriamo da tempo e che per primi nel 2017, insieme a decine di organizzazioni che si occupano di questa materia, abbiamo fatto del contrasto all’irregolarità e della riforma dell’attuale sistema di gestione dell’immigrazione una delle battaglie politiche principali. Dopo aver raccolto 90.000 firme, abbiamo depositato una proposta di legge di iniziativa popolare attualmente all’esame della prima Commissione della Camera, su cui stanno convergendo le forze politiche di maggioranza. Uno dei pilastri della proposta di legge è proprio il superamento di quel meccanismo perverso introdotto dalla Bossi-Fini per cui una persona straniera rimasta senza documenti nel nostro paese, qualora trovasse un datore di lavoro pronto ad assumerla, non potrebbe essere messa in regola se non tornando nel proprio paese d’origine e avviando una procedura tortuosa, con poche possibilità di successo, all’interno di quote annuali che sono ormai esigue e limitate ai lavoratori stagionali.

 

Il paradosso lo abbiamo visto in questi ultimi anni quando migliaia di richiedenti asilo durante il periodo di attesa della risposta alla loro domanda, hanno intrapreso percorsi di inclusione lavorativa, sono stati formati e magari assunti, salvo poi avere una risposta negativa alla richiesta d’asilo, perdere il permesso di soggiorno, rimanere senza documenti e senza un impiego, con un datore di lavoro che dopo aver investito su quella persona, non può più assumerla. Una buona parte dei 600.000 irregolari che si stima siano oggi in Italia sono proprio richiedenti asilo che hanno ricevuto un diniego ma continuano a vivere nel nostro paese senza poter lavorare legalmente e spesso finendo in situazioni di marginalità. La ministra Bellanova ha giustamente raccolto il grido d’allarme del comparto agricolo per la mancanza di manodopera straniera stagionale impossibilitata con le frontiere chiuse a venire in Italia, con conseguenze gravissime per due motivi: il rischio che si fermi la fornitura di generi alimentari in tutto il Paese, da un lato; il ricorso più esteso a lavoro sommerso e nero – e quindi a caporalato e sfruttamento – nelle nostre campagne per sopperire alla mancanza di lavoratori. La ministra ha proposto, giustamente, di intervenire regolarizzando le migliaia di persone già impiegate in nero in agricoltura con un permesso di soggiorno temporaneo, legato alle esigenze di raccolta nei prossimi mesi. Tuttavia, seppur necessaria, una misura del genere, limitata nel tempo e a quel settore specifico, non andrebbe a intaccare il grosso dell’irregolarità nel nostro paese: pensiamo solo alle centinaia di migliaia di colf e badanti che si occupano dei nostri anziani e che sappiamo essere per lo più donne straniere e senza documenti. Per gli stessi motivi, non avrebbe senso ricorrere al permesso di soggiorno “per calamità”, anch’esso limitato nel tempo e non convertibile in altro permesso. Una volta scaduto, i “sanati” ripiomberebbero tutti nell’irregolarità.

 

La soluzione più efficace è, secondo noi, un provvedimento straordinario di regolarizzazione per i cittadini stranieri già presenti in Italia legato alla disponibilità di un lavoro, con il rilascio di un permesso di soggiorno a fronte della stipula di un contratto nel settore agricolo così come negli altri settori. L’abbiamo già proposto con un emendamento alla legge di bilancio del 2019., anche perché con l'assunzione di nuovi lavoratori, si avrebbero per lo Stato nuove entrate fiscali e contributive, preziosissime in questo momento così difficile.

Alla misura straordinaria va poi affiancata una riforma che superi definitivamente i tanti limiti della normativa attuale, estremamente rigida e che continua a produrre irregolarità. Su questo intervenga il Parlamento, a partire dalla nostra proposta di legge di iniziativa popolare in discussione alla Camera.

*Massimiliano Iervolino, segretario di Radicali italiani

Giulia Crivellini, tesoriera di Radicali Italiani

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