Paragone a ruota libera
“Conte è un pavone addestrato allo zoo. E Castelli andrebbe processata”. Intervista al senatore amico di Di Maio
Roma. “E facciamolo, va bene, il processo a Di Maio. Io non ho certo paura a urlargli un bel vaffa. Poi, però, vaffa lo diciamo anche ai nostri ministri e sottosegretari. E poi indichiamo qual è il responsabile principale di questo disastro: Giuseppe Conte, questo pavone ammaestrato nello zoo di Bruxelles”. La continenza, si sa, non è certo una virtù di Gianluigi Paragone. Né lui ci tiene a dissimularla, d’altronde. E così, dopo una mezz’ora passata a discutere di socialismo e capitalismo, di sfruttamento del lavoro e di equilibri geopolitici, quando si arriva al commento del voto su Rousseau, il tono si fa subito stentoreo: “Quei due che stanno al Mef, ad esempio, cos’è che fanno?”, dice il senatore del M5s, riferendosi ai colleghi Alessio Villarosa e Laura Castelli. “A loro, che proteggono Gualtieri come prima proteggevano Tria, un bel processo non va fatto?”.
Al che ci si ritrova nell’infelice situazione di dover fare, noi, gli avvocati difensori della Castelli. “Se lei venisse a dirmi che fare quadrare i conti non è facile, andrei a riprendere tutti i video con le sue gaffe imbarazzanti”. Perché, per Paragone, il problema non è far quadrare i conti. “Il problema, della Castelli e di tutto il Movimento, è che scambiamo la responsabilità con l’obbedienza all’ortodossia dell’Unione europea. Guardate il Mes, ad esempio: lo denuncio da mesi, che è una porcheria, ma siccome dovevamo fare l’accordo col Pd, tutti zitti. E ora siamo costretti ad andare a rimorchio di Salvini. Dovevamo scassare il sistema, e invece siamo diventati i barboncini da compagnia di banchieri e tecnocrati. E poi ci lamentiamo che la gente non ci voti?”.
Forse è il problema è proprio questo, l’incompatibilità del grillismo con la necessità di governare un paese. Ma lui, nel suo studio di senatore, circondato dai suoi libri messi sulla mensola accanto alla scrivania un po’ per essere consultati rapidamente e un po’, forse, per essere inquadrati durante i video su Facebook che l’ex conduttore della “Gabbia” fa quasi quotidianamente, alla retorica dell’evoluzione del M5s non ci crede: “Alessandro Magno divenne signore dell’Asia quando tagliò il nodo di Gordio. Noi che vogliamo fare? Vogliamo provare a scioglierlo, così ingarbugliato com’è? Io dico che è una sciocchezza. Io dico che dobbiamo sguainare la spada, fare la rivoluzione”. Ci vada lei, al Mef. “Ma figuriamoci: non mi accetterebbero mai. Io sono un incendiario, un pensatore libero”. E forse uno a cui piace predicare senza sporcarsi le mani. “Credete che avrei paura di assumermi delle responsabilità? Io ho studiato, a differenza di queste mezze calze che abbiamo messo a dirigere i ministeri: io ho esperienza, cultura politica. E anzi, forse proprio per questo il vaffa più grande lo riserverei a me stesso, perché avevo capito tutto ma non sono stato in grado d’imporre la mia visione”, dice Paragone. E subito, senza evidentemente temere di apparire un po’ patetico (“Sono presuntuoso, e allora?”), allunga il braccio e afferra Bertolt Brecht: “La vita di Galileo. Lo tengo qui, per ricordarmi che sto dalla parte giusta della storia”.
Ed è qui che viene spontaneo riferirgli cos’è che dicono di lui, quei ministri che Paragone tanto biasima. “Cosa dicono?”, s’incuriosisce. Dicono che lei fa finta di fare il dissidente, ma in verità è in contatto costante con Di Maio: dicono, anzi, che lei è il martello con cui il capo politico colpisce Conte, in attesa di farlo cadere. “Non è così. Ma non nego che, a differenza di tanti altri nostri esponenti di governo, Luigi non è stato comprato dal sistema. Ha il fuoco dentro, ha la passione vera per i suoi ideali”. Ha la passione per il potere, più che altro. “Fa degli errori, ma è il migliore che abbiamo. Dopodiché, certo, è debolissimo. Magari lui, nel suo biglietto da visita, c’ha scritto ‘capo politico del M5s’. Ma è evidente che non esercita alcuna leadership”. Eppure. “Eppure la sua forza residua, per quanto flebile, è superiore alla somma delle inconsistenze di tutte le altre sedicenti alternative. Se nessuno lo rimuove, è perché per farlo ci vorrebbe il coraggio di sfidarlo a viso aperto”.
Insomma, il migliore che avete, nel M5s, ha portato il M5s allo stato comatoso attuale e si è circondato di mezzi babbei che ha promosso a ruolo di ministri: auguri. “Non c’è dubbio che la situazione sia critica. Ma l’unica cosa che servirebbe, ora, è aprire un dibattito sulla nostra identità politica”. E il governo? “Spero che duri il meno possibile. E poi, subito al voto. Ma prima, serve decidersi: siamo europeisti o antieuropeisti? Siamo un movimento di matrice socialista, o ci facciamo ricattare dal Mittal di turno? Siamo il partito dei diritti, o dell’austerity? Io, quando ci faremo davvero queste domande, saprò come rispondere. E se il M5s prenderà decisioni diverse dalle mie, ne trarrò le conseguenze.
festa dell'ottimismo