Luigi Zanda e Nicola Zingaretti (foto LaPresse)

“Tra Pd e M5s un matrimonio in bianco. Quel che ci serve è un congresso”. Parla Luigi Zanda

Annalisa Chirico

Il senatore Dem sul governo che campicchia, ma soprattutto sul guaio della scissione di Renzi: il partito ha bisogno di una linea

Roma. “Quello tra Pd e M5s non si può neanche definire un matrimonio bianco”, dice al Foglio il senatore Luigi Zanda, persona notoriamente pacata. Cogliendo la metafora coniugale, gli chiediamo chi siano, nella coppia, marito e moglie. “Il Pd è il marito che dovrebbe essere più esigente, Di Maio invece è la moglie incerta che non ha ancora deciso se stare con la destra di Salvini o fargli opposizione”. Pure il Pd però non ha un piglio esattamente mascolino. “Ribadisco: dobbiamo essere più esigenti. Abbiamo votato per la riduzione del numero dei parlamentari solo perché era una condizione irrinunciabile per formare il governo. Adesso sulla prescrizione e sui decreti sicurezza dobbiamo puntare i piedi”.

 

In Emilia-Romagna Stefano Bonaccini, nonostante il rifiuto grillino, insiste per allearsi con loro. “Lui vincerà in ogni caso. Ciò non risolve il problema politico: si può stare con il Pd a Roma e pretendere la corsa solitaria nelle regioni?”. Siete già separati in casa. Matrimonio bianco. “Mah, qualcosa al governo la fanno… Vedo piuttosto un problema di mancata omogeneizzazione. Il matrimonio doveva avere due soli contraenti, non era prevista la scissione renziana che ha complicato le cose”. Sempre colpa di Renzi? “La sua è stata una mossa abbastanza incomprensibile; adesso, per paradosso, i due che dovrebbero essere i principali sostenitori del governo, Di Maio e Renzi, sono diventati la causa delle fibrillazioni più aspre”. Il governo non era nato per disinnescare l’aumento dell’Iva? “Il governo è nato perché Matteo Salvini rappresenta una destra molto pericolosa. C’era un vasto orientamento favorevole alla nascita di questo esecutivo. Il pericolo di Salvini rendeva utile proseguire la legislatura”.

 

Così da nemici siete diventati amici. “La sfida è governare bene”. Il premier Conte, tra presunti conflitti di interessi e implicazioni nel Russiagate, ha qualche problemino. “Io non ho ancora capito se sia un premier politico o tecnico. Lui ha rivendicato la sua estraneità dal M5s che pure lo ha espresso. Certo, un premier tecnico deve essere equidistante dai partiti e non può tenere la delega ai servizi”. L’altro giorno, lei ha rimproverato a Di Maio gli inciampi con la lingua italiana… “Gli ho soltanto detto che insultare il tuo maggiore alleato non è cosa utile. Lui aveva detto sostanzialmente che Pd e Lega pari sono. Indebolisce il governo, e in questa fase significa indebolire la legislatura”. Secondo il ministro Teresa Bellanova il Pd “non ha più il coraggio di scegliere”. “Dichiarazioni ingenerose nei confronti di un partito che ti ha portato in Senato e ti ha fatto ministro”.

 

Il vicesegretario Andrea Orlando chiede il congresso. “Tra due settimane ci incontreremo a Bologna per discutere insieme. Congresso o non congresso, è necessario trovare numerose sedi dove parlare e ascoltare”. Per dirvi cosa? “Dobbiamo rendere più solida la linea politica in considerazione della nuova realtà”. Vi prenderà molte ore. “Guardi, il Pd ha dodici anni di vita e ha già subìto tre scissioni: Rutelli, Bersani, Renzi. L’ultima potenzialmente devastante perché è in corso una campagna acquisti in Parlamento e a livello locale. Vogliamo parlare della sconfitta referendaria? La più grave nella storia repubblicana. Zingaretti ha una vita scomoda ma incarna almeno la coscienza del ruolo del partito nel paese: essere l’argine a Salvini”. Ce l’ha sempre con Salvini, ma adesso è giunto a più miti consigli. “Sono segnali positivi, ma io di conversioni così repentine ne ho viste poche”. Lei avrebbe voluto che si tenesse in Senato una seduta ad hoc per ringraziare l’ex presidente della Bce Mario Draghi. “In un momento in cui tutta l’Europa lo festeggiava, mi sembrava opportuno. Ma i capigruppo di Cinque stelle, Lega e Fdi si sono opposti”. C’era forse il rischio di mettergli addosso una maglia di partito? “Forse per questo, o perché non volevano sbilanciarsi sull’Europa”. Persino i leghisti mostrano crescente attenzione verso Draghi, chissà. “E’ un grande italiano, dobbiamo esserne orgogliosi”.