Andrea Marcucci (foto LaPresse)

Marcucci (Pd) ci dice che non serve un congresso e apre ai parlamentari di FI

Valerio Valentini

Secondo il capogruppo dem in Senato “lo scenario del polo progressista tra M5s e Pd è poco plausibile"

Roma. Con l’aria un po’ stupita e un po’ divertita di chi sa di parlare fuori dal coro, Andrea Marcucci dice che “no, a me non sembra necessario un congresso: casomai pensiamoci per il prossimo autunno”. Il che, beninteso, “non significa che non sia necessaria, e anzi urgente, una discussione approfondita all’interno del partito”, dice il capogruppo del Pd al Senato. “Ma quando bisogna affrontare un dibattito serio, non è detto che il congresso sia necessariamente lo strumento migliore”. E, in questo caso, non lo è. “Destinerei semmai i primi mesi della fase congressuale a una discussione a tesi, un luogo dove decidiamo quale sia l'identità che serve al Pd. E' chiaro che per fare questo non bastano le giornate organizzate a Bologna da Gianni Cuperlo”. Difficilmente, d’altronde, si potrebbe avviare una stagione congressuale senza mettere in discussione, in un modo o nell’altro, la sua leadership. “Proprio per questo propenderei per soluzioni immediate diverse, che consentano al Pd di stringersi intorno al suo segretario per creare però una proposta politica fortemente riformista. Perché, assai più che delle riflessioni sui tatticismi interni, abbiamo bisogno di una analisi approfondita per capire cosa si possa fare per evitare in modo assoluto il rischio di finire subalterni alla cultura e all’agenda grilline. Del resto i risultati migliori di questo governo, dall’abbassamento dello spread alla rinnovata affidabilità internazionale che è stata a restituita all’Italia, sono ascrivibili proprio al Pd”.

 

Poi, però, ci sono stati il taglio dei parlamentari e il mantenimento di quota 100, tanto per dirne un paio. “Ecco perché dico che è urgente prendere noi l’iniziativa. Col M5s – spiega Marcucci – abbiamo deciso di fare un governo in una situazione di emergenza del paese: una scelta giusta, che rivendico. Poi, però, qualcuno al Nazareno ha pensato che questo fosse il viatico per una alleanza, e su questa convinzione è stato allestito un tentativo alquanto frettoloso e improvvisato di ‘patto civico’ in Umbria, che ha prodotto dei risultati conseguenti”.

 

Che, forse, dovrebbero servire anche da monito rispetto alle tentazioni di maggioritario che alcuni ancora coltivano, nel Pd. “Lo scenario del polo progressista tra M5s e Pd l’ho sempre visto poco plausibile. Io resto convinto che sia importante garantire la governabilità, ma credo che questo obiettivo lo si possa tranquillamente ottenere con una legge elettorale di tipo proporzionale che preveda delle soglie di sbarramento consistenti. Ne nascerebbe, di fatto, un sistema più maggioritario di quanto non lo sia quello attuale”.

 

Niente centrosinistra demogrillino, dunque. Uno scenario, del resto, di fronte al quale qualche esponente del Pd verrebbe fatalmente convinto ad aderire a Italia viva. “A sentenziare che questo esperimento di alleanza strutturale è fallito – dice Marcucci, come tirando un sospiro di sollievo – è stato lo stesso Luigi Di Maio, commentando l’esito delle elezioni umbre. Bene, ne prendo atto, e spero che tutti nel mio partito facciano altrettanto. Dopodiché, può darsi che alcuni dei parlamentari del Pd guardino con interesse a Italia viva, non ci vedo nulla di clamoroso. Né mi sorprenderei se il nuovo partito di Matteo Renzi riuscisse ad allargare il perimetro dell’attuale maggioranza”.

 

Il “modello Ursula” evocato da Romano Prodi, col coinvolgimento di una parte di Forza Italia nel governo e la costruzione di un cordone sanitario anti-sovranista? “In maniera meno enfatica, credo che ci siano singoli deputati e senatori del centrodestra che non possono certo essere disponibili ad accettare i toni e l’agenda di Lega e Fratelli d’Italia. E se, nell’interesse del paese, fossero disposti a valutare un loro coinvolgimento nella maggioranza, io credo che inevitabilmente Italia viva, e forse anche il Pd, dovrebbe porsi come un loro interlocutore”.

E Giuseppe Conte? Il premier appare sempre più vicino al Pd. “Noi siamo stati coerenti e corretti, in questi primi mesi di governo. Conte avrà apprezzato la nostra lealtà durante la discussione sulla manovra. D’altronde, chi ha cercato in ogni modo di conquistare visibilità alimentando polemiche sulla legge di Bilancio, in Umbria non ha ottenuto dei grandi risultati”.

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