(Foto LaPresse)

La maggioranza è già "def-unta"?

Luca Roberto

Le divisioni interne ai Cinque stelle rischiano di far saltare il Bisconte, salvato sulla Nadef dai voti della Südtiroler Volkspartei

L'impressione di aver scampato un grosso guaio, mancando per una questione di centimetri l'imbocco del dirupo, sta tutta li: nel sospiro di sollievo collettivo che sembra levarsi dai banchi della maggioranza una volta che il tabellone luminoso della Camera indica “approvato”. La Nadef, la Nota di aggiornamento del Def sulla base della quale verrà costruita la prossima manovra, alla fine passa, ma con soli tre voti in più (318 su 630) rispetto alla maggioranza assoluta richiesta.

 

E se le opposizioni hanno gioco facile ad associare al raggiungimento di una maggioranza risicata parole chiave quali “def-faillance”, “def-ezioni”, “governo def-unto” (copyright Mara Carfagna), per capire quanto questo voto incida sulle sorti del BisConte, basta l'acrimonia con cui dai banchi del Partito democratico e di Italia Viva piovono accuse di “diserzione” nei confronti dei Cinque stelle. Accuse che, guardando la lista di chi non ha partecipato a un voto tanto importante, appaiono tutt'altro che infondate.

 

A pesare, infatti, è stata soprattutto l'assenza di 24 deputati grillini, 14 dei quali senza alcun tipo di impegno o missione istituzionale che potesse giustificarne l'assenza (Nicola Acunzo, Stefania Ascari, Emilio Carelli, Claudio Cominardi, Sebastiano Cubeddu, Rina De Lorenzo, Massimiliano De Toma, Caterina Licatini, Antonio Lombardo, Stefania Mammì, Nicola Provenza, Giulia Sarti, Rosa Alba Testamento e Simone Valente). Un elenco frutto, almeno all'apparenza, dei dissapori generati dal non essere stati confermati all'interno della compagine governativa - Valente era sottosegretario ai Rapporti con il Parlamento e Cominardi al Lavoro nel primo governo Conte –, ma anche di un certo risentimento per l'essere passati dal firmamento mediatico del movimento all'anonimato (nel caso di Giulia Sarti, il sospetto che avesse architettato un metodo per eludere la restituzione di una parte dello stipendio ha portato a una temporanea autosospensione dai Cinque stelle e alle dimissioni dalla carica di presidente della commissione Giustizia alla Camera, relegandola ai margini del M5s).

 

Già nelle scorse settimane, quando Pd, Cinque Stelle, Leu e il non ancora ufficialmente costituito gruppo parlamentare di Italia Viva si sono trovati ad affrontare il primo passaggio condiviso (la votazione, a Montecitorio, per autorizzare l'arresto del deputato forzista Diego Sozzani), il neo ministro per i Rapporti con il Parlamento, il grillino Federico D'Incà, si era incaricato di chiamare tutti gli esponenti della maggioranza che ricoprono cariche di governo invitandoli a partecipare al voto. Voleva evitare, in questo modo, che il voto segreto rendesse evidenti (parlamentarizzate, diremmo) le divergenze tra le diverse anime dell'esecutivo. Stavolta, però, il suo telefono deve essere rimasto silente visto che ben 6 esponenti pentastellati del governo BisConte (Luigi Di Maio, Lucia Azzolina, Fabiana Dadone, Carlo Sibilia, Emanuela Del Re e Lorenzo Fioramonti), non hanno preso parte alla votazione. Così, a salvare la maggioranza, ci hanno pensato gli eletti della Südtiroler Volkspartei. Danke schön.

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