Danilo Toninelli (foto LaPresse)

La Gronda conviene. Ma Toninelli la blocca e chiede un'altra analisi costi-benefici

Valerio Valentini

Il premier Conte sembra intenzionato ad annunciare il via all'opera prima della pausa agostana. Al ministero temporeggiano nella speranza di poter legittimare il progetto “light” che piace agli attivisti grillini

Roma. Siccome il ferro va battuto finché è caldo, a Palazzo Chigi pare vogliano accelerare sullo sblocco delle grandi opere. E così, anche per disinnescare la retorica salviniana per cui “il governo va avanti solo se dice dei sì”, Giuseppe Conte sembra intenzionato ad annunciare il via alla Gronda di Genova già la prossima settimana, o comunque prima della pausa agostana. Del resto, un’analisi costi-benefici sull’infrastruttura ligure è già stata elaborata dal team di esperti nominati dal Mit e coordinati dal prof. Marco Ponti. L’esito dell’analisi, consegnato a Danilo Toninelli già a dicembre scorso, è positivo: converrebbe farla, dunque, a giudizio degli stessi esperti che pure hanno già espresso parere negativo sul Terzo Valico e sulla Tav – a cui poi il governo ha comunque dato il via libera – e che difficilmente, dunque, potrebbero essere iscritti a quel “partito del cemento e delle lobby” che Luigi Di Maio e Alessandro Di Battista amano vagheggiare sui social.

 

Tutto pronto, allora? Non proprio. “Perché nel frattempo – racconta Alice Salvatore, leader del M5s in Liguria e in passato fedelissima di Davide Casaleggio – noi abbiamo patrocinato una nuova analisi su una versione meno impattante della Gronda. Una ‘mini Gronda’, insomma, che prevedrebbe il solo raddoppio della A7, e non anche quello della A10”. A elaborare il progetto, in verità, è stato Alfredo Perazzo, ingegnere trasportista genovese che dalla scorsa estate è entrato a far parte del gruppo dei “saggi” di Stefano Balleari, il vicesindaco del capoluogo ligure che detiene anche le deleghe alla Mobilità. “Il mio progetto – spiega – prevede il prolungamento della via Guido Rossa fino a Multedo, all’altezza di Via Merano”. L’idea – che prevederebbe l’attraversamento, da parte dell’arteria urbana, dello stabilimento di Fincantieri, e l’immediato ribaltamento a mare dello stesso – è stata rigettata dalla giunta di Marco Bucci. Ma quando Perazzo l’ha esposta in una conferenza organizzata da un comitato No Gronda, la Salvatore l’ha subito fatta propria. “Infatti l’abbiamo anche presentata al Mit tra il dicembre e il gennaio scorsi”, spiega la consigliera grillina, “e lì ci è stato detto che i loro tecnici stavano arrivando alle stesse conclusioni”.

 

In realtà, quel che è successo è stato il solito toninellesco garbuglio di studi e controstudi. L’analisi costi-benefici, infatti, nel confermare l’utilità complessiva dell’opera, evidenziava come il raddoppio della A7 fosse di fatto indispensabile, mentre quello della A10 risultasse meno conveniente. Sulla scorta di questa indicazione, al Mit hanno pensato bene di chiedere un supplemento d’indagine allo staff di Ponti, utilizzando nuove simulazioni e stime di traffico elaborate da un’altra équipe, i cui risultati sarebbero in sintonia con le elaborazioni di Perazzo. Il quale spiega che “il solo raddoppio della A7 costerebbe un miliardo e mezzo, l’intera Gronda cinque”. Soldi, comunque, che spenderebbe Autostrade per l’Italia. “Sì, ma in cambio di una proroga della concessione – ribatte la Salvatore – e di un aumento generalizzato dei pedaggi sull’intera rete nazionale”. Eccoli, insomma, i motivi per cui il M5s è contrario al progetto della Gronda alta, quella che permetterebbe di decongestionare Genova dal traffico urbano in transito da Levante a Ponente aggirando la città a nord, con una serie di gallerie che congiungerebbe lo svincolo di Bolzaneto a quello di Voltri.

 

E dunque è anche per cercare di validare questa “mini-Gronda”, che incontrerebbe un minimo di favore tra gli attivisti grillini nella città natale di Beppe Grillo, se al Mit stanno temporeggiando, nella speranza di potere legittimare il progetto “light”. Il tutto, ancora una volta, con procedure complicate e bizantine, che sembrano sempre voler piegare i risultati delle analisi economiche alle mutevoli esigenze politiche. E forse è anche per evitare ulteriori lungaggini, che a Palazzo Chigi vogliono ora accelerare i tempi.

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