Matteo Salvini e Massimiliano Fedriga (Foto LaPresse)

“Non si governa con la fabbrica dei no”. Parla Fedriga

Salvatore Merlo

Il presidente leghista del Friuli Venezia Giulia: “Un esecutivo fermo ha un costo enorme per il paese. Se non va, a casa”

Roma. “E’ molto semplice”, premette. “Se il governo opera come ha fatto nel primo anno, allora è giusto che vada avanti. Ma se il M5s ora mette su la ‘fabbrica del no’, allora basta. E’ meglio finirla qua”.

 

Massimiliano Fedriga, trentanove anni, ex capogruppo della Lega alla Camera, è il presidente del Friuli Venezia Giulia. Esponente della cosiddetta nuova guardia salviniana, da amministratore si è rivelato un pragmatico funzionalista. E’ per la modernizzazione delle infrastrutture, a favore dunque della Tav, nella sua regione ha avviato una politica di attenzione alle imprese, e mentre il M5s istituiva il sussidio di cittadinanza lui introduceva sgravi fiscali alle aziende che assumono e formano i dipendenti. E allora è così presto spiegato perché questo amministratore della destra, quando da Trieste osserva Roma e i palazzi del governo, ogni tanto si innervosisce. “Dobbiamo occuparci della pressione fiscale e dobbiamo approvare le autonomie regionali. Non ci sono ‘no’ che tengano. Stare al governo è un mezzo, ma se questo mezzo non va da nessuna parte significa che non va più preso”. C’è la flat tax, c’è l’autonomia, ma c’è anche un certo modo di incedere ideologico nel M5s che sempre di più viene avvertito come un problema e un rischio da una parte della Lega. La faccenda dell’Ilva, per esempio, ha creato molta incertezza tra gli investitori esteri. “E l’incertezza fa scappare i capitali”, dice Fedriga. “Se si prendono degli impegni, si rispettano. Il messaggio dev’essere sempre: ci si può fidare dell’Italia”.

 

Pd e M5s un po’ si corteggiano, votano insieme in Vigilanza Rai, al Parlamento europeo, trovano un slogan comune su immigrazione, antifascismo, Russia… “Non voglio affatto credere che ci sia qualcosa sotto”, risponde Massimiliano Fedriga. “Rompere il governo per andare con il Pd sarebbe un tradimento rispetto al voto del 4 marzo. I 5 stelle hanno raccolto il consenso sventolando la bandiera del cambiamento, e dovrebbero stare con quelli che il cambiamento lo vogliono rappresentare”.

 

Punti di contatto ce ne sono. “A volte condividono certi pregiudizi ideologici. Sa perché non si è fatta la Tav in Friuli?”. No. “Non si è fatta perché è stata bloccata da Debora Serracchiani, quando era presidente della regione. Adesso lei se ne vanta pure, salvo poi andare alle manifestazioni a favore della Torino-Lione”. A Genova, prima dei grillini che sono contrari, è stato il centrosinistra a frenare sul Terzo valico e anche sulla famosa Gronda. “Le opere che sono utili vanno fatte. Questo non significa essere a favore degli sprechi, significa non essere dei trogloditi. Non capisco come si possa essere contrari a un treno. La ‘fabbrica dei no’ è perniciosa. Pericolosissima”.

 

Martedì i grillini hanno votato Ursula von der Leyen presidente della Commissione europea. La Lega, che pure tentennava, ha votato contro. “Anche altri partiti italiani l’hanno votata, oltre al M5s. Bisogna vedere con quali garanzie per il paese l’hanno votata. La verità è che tutti hanno puntato ad avere delle poltrone in cambio… dei vicepresidenti del Parlamento europeo, per esempio. E ogni allusione qui è puramente voluta”.

 

L’allusione è Fabio Massimo Castaldo del M5s, da poco eletto vicepresidente del Parlamento europeo. “Diciamo che non tutti si sono occupati dell’Italia”. Voi sì, invece? “Non abbiamo svenduto il paese per qualche poltrona. Non ci interessava. Abbiamo invece cercato convergenze sui contenuti”.

 

Alla fine però siete rimasti con un pugno di mosche in mano. “Avevamo chiesto garanzie, che evidentemente non ci sono poi state date. E’ un fatto oggettivo che fino a oggi l’Europa abbia penalizzato il nostro sistema produttivo. C’è chi tutto questo l’ha voluto dimenticare, in cambio di una vicepresidenza. Ma era sui contenuti, sull’agenda di governo europeo, che si doveva trattare con forza. Non sui posti, ripeto”.

 

Ma è proprio avendo posti di potere che si incide, che si esercita un ruolo. La Lega adesso è messa ai margini della politica europea. E’ fuori. “Guardi che entrare nel ‘gioco’ non dà alcuna garanzia di ottenere risultati. Renzi per esempio era nel ‘gioco’, ha avuto l’Alto rappresentante per la Politica estera. Con risultati pessimi. non ha inciso per niente. Anzi. A dimostrazione che nel ‘gioco’ non ci si entra per avere poltrone, per potersi mettere un pennacchio sulla testa. Gli accordi si fanno, certo, ma solo se si hanno garanzie di poter ottenere fatti concreti. E noi la politica europea la dobbiamo cambiare”.

 

Una domanda alla Marzullo: è meglio crescere nei sondaggi sparando una boutade al giorno o far crescere il paese? “La risposta è ovvia. Il paese. E noi ci impegniamo per questo. I voti raccolti dalla Lega sono voti per lo sviluppo e per la crescita. Non mi pare che le europee abbiano premiato i ‘fabbricanti di no’, e se ogni tanto si ha l’impressione che ci sia uno ‘stallo rumoroso’ questo non dipende dalla Lega. Alle europee gli elettori hanno premiato la politica sull’immigrazione di Salvini e hanno premiato il partito che è a favore delle infrastrutture e della modernizzazione. Spero che il governo, ‘tutto’ il governo, ne tenga conto. Gli elettori non si sono espressi perché erano interessati a chi dovesse fare il vicepresidente del Parlamento europeo. Chiedono concretezza. Fatti”.

 

Intanto ci sono provvedimenti che non avanzano di un passo. Barbara Lezzi, il ministro grillino per il Sud, per esempio, è un’aperta contestatrice delle autonomie regionali. “Barbara Lezzi non sa di cosa parla. Quasi mai”.

 

La Tav è un altro mistero spento. “Le prossime settimane saranno determinanti per capire cosa si può fare e cosa non si può fare”. Ma si deve fare? “Certo che si deve fare. Noi dobbiamo garantire posti di lavoro. Sviluppo”.

 

Il governo è fermo. “Non lo so. Se fosse fermo bisognerebbe riflettere se è opportuno andare avanti. Vedremo. Un governo fermo ha un costo enorme per il paese. E’ un prezzo che abbiamo già pagato negli anni in cui ha governato il centrosinistra. La Lega non può fare la stessa cosa. E non lo farà. Per questo dico che il governo è un mezzo e non un fine. Se non funziona, a casa”.

 

Voi rischiate invece di restarci intrappolati in questa palude. Salvini poteva andare alle elezioni. E non l’ha fatto. “Che ci sia la palude è ancora da verificare. Per un anno abbiamo lavorato bene. La scommessa di Salvini è quella di crederci e andare avanti con il governo. Chiunque altro sarebbe andato subito alle elezioni. Lui non chiude, non ancora, perché è convinto che possa funzionare e che si possano migliorare le cose in Italia”.

 

Ma non sarebbe meglio stare al governo da soli senza i grillini? “E’ ovvio che su un governo Salvini, con la Lega al massimo delle percentuali, io ci metterei la firma. Ma pure bisogna capire che non è il massimo andare a votare ogni anno. E’ una cosa da evitare, se possibile. Per questo, ripeto: se le cose si fanno, andiamo avanti. Altrimenti basta. Pazienza. Si rivoterà, ma almeno si fa chiarezza”.

  • Salvatore Merlo
  • Milano 1982, vicedirettore del Foglio. Cresciuto a Catania, liceo classico “Galileo” a Firenze, tre lauree a Siena e una parentesi erasmiana a Nottingham. Un tirocinio in epoca universitaria al Corriere del Mezzogiorno (redazione di Bari), ho collaborato con Radiotre, Panorama e Raiuno. Lavoro al Foglio dal 2007. Ho scritto per Mondadori "Fummo giovani soltanto allora", la vita spericolata del giovane Indro Montanelli.