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Gli impostori del politicamente scorretto

Claudio Cerasa

Da Salvini a Trump fino a Dibba. Il politicamente scorretto, nelle mani dei liberali, è una battaglia per la libertà. Nelle mani degli illiberali, diventa una battaglia contro la libertà. Indagine su un grande equivoco dell’epoca populista

Matteo Salvini che ricorda la dottrina di Mengele, Alessandro Di Battista che si spaccia per rivoluzionario della libertà, i protezionisti che si travestono da vestali liberali, gli antieuropeisti che fanno dell’illiberalismo un surrogato del liberalismo. E al centro di tutto c’è un tema cruciale: i truffatori del politicamente scorretto. Ma andiamo con ordine e riavvolgiamo il nastro. Il politicamente corretto, come sapete, è una forma di maccartismo culturale, che da diversi anni ha innescato nelle nostre società una pratica liberticida finalizzata a demonizzare una qualsiasi persona intenzionata a combattere il pensiero unico dominante. Nelle sue forme più estreme, il politicamente corretto ha contribuito a uccidere la libertà d’espressione, nella misura in cui ha fatto combaciare il rispetto della diversità con la necessità di rinunciare alla propria identità.

 

Per molto tempo, la rivolta contro il politicamente corretto ha coinciso con una grande e straordinaria battaglia in difesa della libertà, combattuta contro i dogmi del conformismo, contro la religione del moralismo, contro il culto del multiculturalismo. Fino a quando è stato uno strumento maneggiato con cura dai campioni del pensiero liberale, il politicamente scorretto ha contribuito a combattere la polizia del pensiero e a rafforzare la libertà d’espressione. Ma nel momento stesso in cui il politicamente scorretto diventa uno strumento maneggiato dai campioni della dottrina illiberale succede quello che molti di voi avranno probabilmente notato scorrendo ogni giorno la timeline del pensiero populista. Succede cioè che, dacché era uno strumento di libertà, il politicamente scorretto diventa una nuova macchina di oppressione, trasformandosi progressivamente in uno strumento utile a legittimare nuovi eccessi illiberali.

 

Il professor Eric Kaufmann, docente di Politica all’Università di Londra, sostiene che non si possono capire le radici del populismo moderno senza comprendere che il populismo è riuscito a intercettare quella richiesta di libertà veicolata da tutti coloro che per una ragione o per un’altra si sono sentiti oppressi da una qualsiasi forma di politicamente corretto: “Quando nei negozi sovietici vi era soltanto un tipo di pantaloni in vendita, emerse un mercato nero per dare alla gente i pantaloni jeans che tanto desiderava”. C’è del vero in questa affermazione. Ma allo stesso tempo, osservando per esempio il dibattito pubblico italiano, non si può non notare che il politicamente scorretto, nelle mani dei populisti, è diventato come una maschera ideologica vuota, utile a dare una parvenza di presentabilità a ciò che presentabile non è.

 

E’ in nome del politicamente scorretto che Alessandro Di Battista rivendica il dovere di rimettere al centro del programma del Movimento 5 stelle i temi illiberali del moralismo, del giustizialismo, dello statalismo, dell’antiamericanismo, dell’anticapitalismo, dell’antiliberalismo. E’ in nome del politicamente scorretto che Matteo Salvini si sente libero di poter giocare con la dottrina di Mengele, chiedendo, a proposito di una donna rom, che “una maledetta ladra in carcere per trent’anni” sia “messa in condizione di non avere più figli”. E’ in nome del politicamente scorretto, infine, che l’antipolitica può diventare una “giusta” ribellione contro il mainstream della vecchia politica, che i no vax possono diventare una “giusta” ribellione contro la casta dei competenti, che la xenofobia può diventare una “giusta” reazione contro la società dell’accoglienza, che il protezionismo può diventare una risposta “accettabile” contro la cricca della globalizzazione, che le teorie antieuro possono diventare una risposta “accettabile” contro l’Europa dei burocrati.

 

Di fronte a questo piccolo elenco di orrori, i più ingenui potrebbero pensare che la responsabilità di tutto è di chi ha considerato il politicamente scorretto una leva giusta per provare a imporre una nuova forma di libertà. In realtà il tema che andrebbe messo a fuoco con maggiore onestà e maggiore decisione riguarda un tema più importante: il silenzio complice di tutti i liberali che, in Italia ma non solo, hanno scelto di chiudere gli occhi di fronte agli impostori del politicamente scorretto. Il politicamente scorretto, nelle mani dei liberali, è una battaglia per la libertà. Il politicamente scorretto, nelle mani degli illiberali, diventa una battaglia contro la libertà. Filippo Turati, in un discorso parlamentare del 15 luglio 1923, ricordò che le libertà sono tutte solidali: non se ne offende una senza offenderle tutte. Sarebbe utile ricordarlo a tutti i sonnambuli del liberalismo che hanno scelto di chiudere un occhio di fronte a tutti i piccoli Mengele che giocano ogni giorno con la nostra libertà.

  • Claudio Cerasa Direttore
  • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.