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Casaleggio al comando della democrazia

Come ingabbiare un partito, i suoi eletti e i loro soldi nel nome di Rousseau

Quando Davide Casaleggio parla dell’Associazione Rousseau è sempre interessante, perché non ne parla spesso, soprattutto quando si tratta di rispondere a domande o replicare a obiezioni. In un post sul blog del M5s contro le “bugie” su Rousseau, Casaleggio scrive che i fondi dell’associazione “vengono utilizzati per investimenti sul miglioramento della piattaforma di democrazia diretta del MoVimento 5 Stelle”  e che lui, il capo unico e assoluto, “non percepisce alcuna retribuzione”. “Non c’è niente di opaco – scrive – ma  è tutto pubblico”, mettendo un link allo statuto e conclude dicendo che il bilancio dell’associazione è pubblico “all’insegna della massima trasparenza”. Intanto alcune precisazioni sulla trasparenza che non c’è mai stata.

 

Se lo statuto di Rousseau, che Casaleggio ha tenuto nascosto per quasi due anni, ora è pubblico è perché è stato rivelato dal Foglio. Sull’utilizzo dei fondi poi la nebbia è ancora più fitta: Casaleggio pubblica un rendiconto sommario, senza specificare di quanti rimborsi ha usufruito (obbligo che spetta ai parlamentari del M5s) né, soprattutto, come le centinaia di migliaia di euro dell’associazione sono state spese. Casaleggio dice che sono stati tutti investiti per il “miglioramento della piattaforma di democrazia diretta”, ma non pare vero.

 

Nel “Rapporto Rousseau” gli ispettori del Garante della privacy scrivono che il software utilizzato dalla piattaforma Rousseau è affetto da “obsolescenza tecnica”, si tratta di una versione scaduta da quattro anni (“il produttore individuava nel 31 dicembre 2013 la data di fine vita”). Insomma è un software scadente e scaduto. Ma c’è un’altra questione più rilevante, di cui Casaleggio non parla, e che riguarda il finanziamento del M5s alla sua associazione: tutti i parlamentari eletti del M5s sono obbligati a versare nelle casse di Rousseau 300 euro al mese (1,2 milioni l’anno, 6 milioni nella legislatura) e se non lo fanno, sempre secondo il regolamento, vengono espulsi e sono costretti a pagare una multa da 100 mila euro. Ma non basta. A questa forma di coercizione sugli eletti, di per sé anticostituzionale, si aggiunge il fatto che i parlamentari sono costretti a versare soldi non a un partito – come accade in forma volontaria da sempre – ma a un’associazione privata esterna al M5s, su cui i parlamentari e il partito non hanno alcuna forma di potere di indirizzo o controllo perché non ne fanno parte (a proposito: Casaleggio sa spiegare come ci si iscrive all’Associazione Rousseau?). In pratica dal modello del finanziamento pubblico o privato al partito, si è passati al finanziamento ai privati da parte degli eletti di un partito. E tutto questo, ça va sans dire, in nome della democrazia diretta e della trasparenza.