Davide Casaleggio. Foto LaPresse

Così Casaleggio (via Rousseau) gestirà anche i rimborsi dei parlamentari M5s

Valerio Valentini

E' arrivato il primo stipendio della diciottesima legislatura e mentre i grillini aspettano istruzioni su come restituire parte dell'emolumento, la nuova strategia è già stata decisa

Roma. Anche loro hanno dovuto attendere il 27 del mese: come tutti. In ritardo di una settimana rispetto ai colleghi senatori, ieri anche i deputati hanno ricevuto il primo stipendio di questa diciottesima legislatura. Contentezza generale, com’è giusto. Per i parlamentari del M5s, però, insieme all’atteso emolumento, arriveranno a breve anche le istruzioni per le famigerate restituzioni: la parte del loro stipendio, cioè, che i pentastellati sono obbligati a devolvere in favore di un fondo per il microcredito alle imprese, nel rispetto del regolamento interno. Sullo scandalo dei rimborsi il M5s era già inciampato a febbraio: deputati e senatori – quattordici, quelli individuati dalle Iene, otto quelli sospesi per volere di Luigi Di Maio – che avevano evitato, più o meno maldestramente, di restituire quel che avrebbero dovuto.

  

“Cambieremo metodo e inaspriremo ancora di più i controlli”, aveva sentenziato, categorico, il capo politico del Movimento, senza però chiarire i dettagli. E infatti in parecchi, nella nuova, nutritissima, pattuglia romana, restano in attesa di ricevere istruzioni: “E’ un dubbio che ci toglieremmo tutti subito e volentieri”, diceva, col tono un po’ preoccupato, uno dei neo-deputati qualche giorno fa, all’uscita da Montecitorio. Non sapeva che in realtà la nuova strategia è già stata decisa. E consisterà, in sostanza, nella creazione di un nuovo conto corrente, dove i parlamentari saranno chiamati a versare le eccedenze. Una tappa intermedia: i rimborsi stazioneranno lì per un po’, permettendo a chi di dovere di fare i controlli del caso, per poi confluire, di tanto in tanto, nel fondo per il microcredito di proprietà del ministero dell’Economia. “Ma chi gestirà, quel nuovo conto?”, hanno chiesto alcuni dei pentastellati. Risposta scontata, seppure ancora non ufficiale: sarà, manco a dirlo, Rousseau. L’iban ad oggi non è stato comunicato, ma che il titolare sia l’associazione privata che fa capo a Davide Casaleggio è uno degli uomini di fiducia di Di Maio, a confermarlo: “Si – garantisce – sarà Rousseau”, ovvero la piattaforma digitale che è in realtà anche il centro di potere del M5s. Un’associazione di cui Casaleggio è presidente, tesoriere e amministratore unico, e i cui soci sono tutti suoi fedelissimi: oltre al bolognese, Max Bugani, anche Pietro Dettori, già dipendente della Casaleggio Associati, e la pescarese Alice Sabatini, subentrati nel febbraio scorso all’eurodeputato David Borrelli dopo il suo addio polemico. E così, nelle casse di Rousseau, transiteranno cifre considerevoli, oltre ai 300 euro che ogni parlamentare dovrà devolvere mensilmente nelle casse dell’associazione. Deputati e senatori, infatti, restituiranno per ogni stipendio riscosso almeno 5mila euro (cioè la metà, grosso modo, della loro indennità); e a quelli andrà aggiunta tutta la parte dei rimborsi non utilizzati in spese di servizio (dal vitto ai trasporti, passando per i pagamenti dei collaboratori).

  

Il che, moltiplicato per i 338 eletti, produce un risultato esorbitante: quasi 1 milione e 700.00 euro di sole indennità, cui poi vanno sommate le competenze accessorie non spese. “Soldi che stazioneranno sul conto di Rousseau solo temporaneamente, per poi finire nel fondo per il microcredito”, precisano i parlamentari meglio informati, che ci tengono a chiarire la differenza tra questi versamenti “momentanei” e quelli “definitivi”, ovvero i 300 euro già citati. Distinzione necessaria, ma che comunque non ha impedito l’insorgere di sospetti e malumori. Non pochi deputati e senatori, nelle chat interne condivise con attivisti e portavoce dei loro territori, si sono ritrovati a dover rispondere a varie critiche. “Chi è che controlla il controllore?”, hanno domandato gli attivisti veneziani ai loro rappresentanti in Parlamento. E ancora: “Chi garantisce che quei soldi non vengano utilizzati per spese ordinarie dell’associazione?”. Poi, certo, c’è la questione del conflitto d’interessi: tema su cui, pure, Di Maio ha dimostrato una certa sensibilità, rispolverandolo proprio in questi giorni e puntando il dito contro le televisioni e i giornali di Silvio Berlusconi. Ma anche su questo, dal cerchio magico del candidato premier rispondono serafici: “Un po’ di controllo in più non fa certo male. Cinque anni fa si fu più permissivi, e i risultati li abbiamo visti”.

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