Claudio Borghi con Matteo Salvini (foto LaPresse)

Il leghista Claudio Borghi fa campagna contro Forza Italia

David Allegranti

Il responsabile economico della Lega, candidato a Siena, non si limita a chiedere solo il voto per lil suo partito, ma specifica che è proprio meglio non votare Forza Italia

Roma. Essere un No-euro con rutilante pubblico al seguito, alimentato da un copioso flusso di tweet (un sostituto dei paper accademici), è un mestiere difficile se ti chiami Claudio Borghi, sei il responsabile economico della Lega epperò sei anche alleato con Forza Italia. Capita che i tuoi seguaci ti chiedano conto di certe scelte che fa Silvio Berlusconi. Ma Borghi, candidato a Siena contro Pier Carlo Padoan nel collegio di Siena, ritenuto perdente anche dalla stessa Lega che – dicono in via Bellerio – ha scelto una candidatura “di facciata”, ha trovato una soluzione geniale: invocare il voto utile contro gli alleati per evitare futuri “inciuci”.

 

Borghi, che Matteo Salvini vorrebbe come ministro di un possibile governo a guida Lega insieme ad Alberto Bagnai e Armando Siri, non si limita infatti a chiedere solo il voto per la Lega, come da normale patto di coalizione, ma specifica che è proprio meglio non votare Forza Italia. I follower, che costantemente richiamano all’ordine di servizio Borghi, stratega dei social e già candidato governatore (sconfitto) contro Enrico Rossi in Toscana, vogliono avere risposte precise. “Se vince la Lega in coalizione e Silvio straccia ciò che ha firmato e se ne va con altri, voi cosa farete?”, chiede Alessandro. “Credo di avere risposto qualche milione di volte. Se noi avremo più voti di Forza Italia mi spiega con chi diamine potrebbe andare per avere il 50 per cento?”, dice Borghi.

 

Seguono rassicurazioni contro eventuali nazareni bis o governi gentiloniani: “Se Lega prenderà più voti di Forza Italia il Gentiloni bis non potrà esserci indipendentemente dalla volontà di Berlusconi. Così semplice”. Borghi lo dice apertamente: se non vi piacciono i candidati di Forza Italia non li votate. “Ricordo che non si vota la coalizione ma il partito. Esempio: in Abruzzo, se voti Lega voti direttamente Alberto Bagnai, se voti Forza Italia voti direttamente Gianfranco Rotondi”. Peccato che Borghi sia candidato a Siena all’uninominale, quindi sulla base di un accordo di coalizione con il consenso di tutti i partiti. Che cosa ne penserebbe, il consigliere regionale toscano e consigliere comunale a Como, se Forza Italia a Siena, il collegio dove lui è candidato, decidesse di non far campagna elettorale o fosse piuttosto reticente? Forse ci resterebbe male, diciamo. In ogni caso, Borghi può solo far meglio del 2013: cinque anni fa Siena città, la Lega prese 313 voti (l’uno per cento) e il Popolo della Libertà 5.519, il 16,4 per cento. In tutta la provincia 1.189 voti (lo 0,7 per cento) per il partito di Salvini e 24.119 (il 14,8) per il Pdl. Certo, le cose sono molto cambiate ma alle ultime elezioni regionali, nel 2015, il candidato Borghi a Siena città ha preso il 21,89 per cento ed è stato superato da Enrico Rossi con oltre il 46 per cento. In ogni caso, se le cose a Siena dovessero andar male c’è pur sempre un posto da ministro in caso di vittoria del centrodestra.

 

Il responsabile economico della Lega però dice di non essere adatto al ruolo: “Salvini lo dice perché mi vuol bene o ha stima di me, ma non sono capace di fare il ministro. Se anche succederà non farò il ministro, perché non è adatto a me: io sono uno che sa spiegare le cose, sono un insegnante, non sono un manager. Un ministero ha ventimila persone da gestire, c’è altra gente sicuramente molto più brava di me. Ringrazio Salvini per la fiducia, farò tutto quello che è possibile però spero che non mi faccia fare il ministro”. In alternativa, se proprio vuole, Borghi si può sempre candidare a fare il fantino.

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  • David Allegranti
  • David Allegranti, fiorentino, 1984. Al Foglio si occupa di politica. In redazione dal 2016. È diventato giornalista professionista al Corriere Fiorentino. Ha scritto per Vanity Fair e per Panorama. Ha lavorato in tv, a Gazebo (RaiTre) e La Gabbia (La7). Ha scritto cinque libri: Matteo Renzi, il rottamatore del Pd (2011, Vallecchi), The Boy (2014, Marsilio), Siena Brucia (2015, Laterza), Matteo Le Pen (2016, Fandango), Come si diventa leghisti (2019, Utet). Interista. Premio Ghinetti giovani 2012. Nel 2020 ha vinto il premio Biagio Agnes categoria Under 40. Su Twitter è @davidallegranti.