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Il M5s nella scatoletta di Casaleggio

Luciano Capone

Come funziona Rousseau, l’associazione privata che controlla il M5s? Lo abbiamo chiesto ai vertici di questa strana società segreta. Due soci non rispondono, Borrelli sì: “Non lo so”. Ma a qualcuno non piace il Casaleggio solo al comando. Indagine

Roma. L’Associazione Rousseau non è soltanto il cervellone del M5s perché gestisce la piattaforma della “democrazia diretta” su cui si svolge qualsiasi attività politica – dalle iscrizioni alle consultazioni, alle candidature – ma è anche la cassaforte del partito, per il grande flusso di donazioni che riceve dai militanti e per l’obolo che ben presto i nuovi parlamentari grillini saranno costretti a versare mensilmente. E’ un piccolo club che, come vedremo, con il nuovo statuto e le nuove regole stabilite dai vertici del partito acquisisce un ruolo sempre più centrale nella guida del M5s.

 

“Meno so, meglio è”

Ma capire come funziona, cosa fa, come è gestito e da chi è controllato questo piccolo circolo privato è molto difficile, quasi impossibile. “Vorrei evitare di parlare dell’Associazione Rousseau, non so nulla di più di quello che è pubblico”, dice al Foglio David Borrelli, uno dei tre soci di Rousseau, insieme a Davide Casaleggio e Max Bugani, lo storico consigliere comunale del M5s a Bologna. Abbiamo posto via mail alcune domande ai tre soci proprietari di Rousseau, ma solo Borrelli ha risposto sinteticamente al telefono con quello che doveva essere un “no comment” ma che in realtà è una perfetta descrizione della nebulosa che si muove sopra e dietro al M5s. “Ho visto le sue domande – dice Borrelli – ma io non so nulla, sono in quell’associazione perché Beppe mi ha chiesto di esserci, ma è come se non ci fossi”. E’ possibile sapere come e per cosa vengono spesi i soldi? “Tutti e tre gli incarichi sono intestati a Davide Casaleggio, bisogna chiedere a lui. La prego di non farmi comparire, non voglio parlare di nulla”. Ma lei ha votato il bilancio. “Il bilancio che conosco è quello online, io ho partecipato a una riunione via Skype, l’ho visto e ho dato l’ok, non ho altri elementi rispetto a quelli che ha lei”. E della sicurezza dei dati, dei voti e delle possibili violazioni della privacy? “So che c’è stata qualche violazione del database, ma l’ho saputo dai giornali, siete più informati voi. Ripeto, non dovete chiedere a me, non voglio comparire”. Quale forma di controllo ha il M5s sull’attività dell’Associazione Rousseau, c’è qualcuno che ha più informazioni di lei? “Non penso che ci sia qualcuno che fuori ne sappia più di me che sono dentro, forse Beppe chiede ogni tanto informazioni a Davide Casaleggio”. E’ una situazione un po’ strana. “Guardi, io sono un portavoce del M5s, dell’Associazione Rousseau so poco, ma meno ne so e meglio è”.

 

Borrelli chiude la conversazione senza dire altro e chiedendo per l’ennesima volta di considerare la telefonata come riservata o informale, una richiesta piuttosto in conflitto con lo scopo della mail e della chiamata, che era proprio quello di fare luce sull’Associazione Rousseau, coperta da una cappa di riservatezza e segretezza, come confermano i comportamenti degli altri due soci, il presidente Davide Casaleggio e Max Bugani, che non hanno risposto né alle telefonate né alle mail e ai messaggi.

 

Borrelli non è un passante o uno sprovveduto. E’ un uomo di fiducia dei vertici del M5s, l’eurodeputato presidente dei grillini a Strasburgo che ha negoziato, per conto di Grillo e Casaleggio, il traghettamento poi fallito del M5s dal gruppo euroscettico dell’Efdd a quello liberale dell’Alde. Se uno come lui su Rousseau confessa di non sapere nulla più di quanto è pubblico, non resta che partire dalle poche informazioni messe online da Davide Casaleggio, ovvero un paio di post sul blog di Beppe Grillo, il totale delle donazioni ricevute e il rendiconto del 2016.


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Il bilancio

Partiamo dall’inizio. L’8 aprile 2016 con una dotazione iniziale di 300 euro – che rappresenta le quote dei due fondatori, Gianroberto Casaleggio e il figlio Davide – viene costituita l’Associazione Rousseau. La finalità dell’associazione (lo statuto non è pubblico, ma lo scopo si evince dalla nota integrativa al rendiconto del 2016) è quella di “promuovere lo sviluppo della democrazia digitale” nonché di “coadiuvare” il Movimento 5 stelle e i suoi esponenti “nell’organizzazione, promozione e coordinamento delle attività” politiche e culturali. Pochi giorni dopo, il 12 aprile 2016, Gianroberto Casaleggio – da tempo gravemente malato – muore. Così il socio unico dell’associazione, Davide Casaleggio, prima convoca l’assemblea dell’associazione (ovvero se stesso) per modificare lo statuto e poi il 5 maggio decide, non si sa in base a quale criterio o selezione, l’ingresso di due nuovi soci: Bugani e Borrelli. Nell’associazione però tutti gli incarichi sono in capo a Davide Casaleggio, che è contemporaneamente Presidente, Tesoriere a Amministratore unico. Gli altri due hanno solo partecipato via Skype alla riunione con cui è stato approvato il bilancio. Questa piccola entità, di fatto tutta in mano a Davide Casaleggio – che si definisce semplicemente come “uno che dà una mano” al M5s – oltre a gestire la “democrazia diretta” di un partito ha raccolto finora, grazie agli spot e agli inviti ai militanti degli esponenti politici del M5s, oltre 520 mila euro di donazioni. Una somma sul cui utilizzo i donatori, i militanti e gli eletti non hanno alcuna informazione eccetto un rendiconto con voci sommarie.

 

Secondo il bilancio, Rousseau ha chiuso il 2016 con 79.676 euro di avanzo: ha ricevuto oltre 400 mila euro di donazioni e speso 50 mila euro per il personale, 250 mila euro per servizi, altri oneri accessori e ha 113 mila euro di debiti verso fornitori. Nessuno, a parte Davide Casaleggio, sa per cosa sono state spese le donazioni dei militanti e soprattutto a quali aziende o professionisti sono andate. Non lo sa uno dei tre soci di Rousseau come Borrelli, non lo sa nessuno nel M5s.

 

La Casaleggio Associati, l’azienda di famiglia, ha progettato e sviluppato la “piattaforma Rousseau”, ma non è possibile sapere se i costi di questo lavoro sono stati pagati dall’associazione e quindi dai suoi donatori. Non è possibile saperlo dal bilancio dell’Associazione Rousseau, perché non dice chi paga, e neppure dai bilanci della Casaleggio Associati, perché non dice da chi è pagata. Non è possibile saperlo dai diretti interessati perché non rispondono alle domande (o perché ne sono all’oscuro, come Borrelli).

 

Due giorni fa, proprio quando il Foglio ha contattato l’azienda dell’erede di Gianroberto per avere qualche informazione sull’Associazione Rousseau (tentativo senza esito), la Casaleggio Associati ha diffuso una nota per annunciare querele e azioni civili contro “tutti coloro che in modo mendace e in mala fede continueranno intenzionalmente e pubblicamente a confondere la predetta società (Casaleggio Associati, ndr) con l’Associazione Rousseau”. Questa specie di querela preventiva naturalmente non può riguardare le nostre domande, dato che sono poste in buona fede, proprio per chiarire la confusione tra le due entità che in realtà è continuamente alimentata proprio dallo stesso Casaleggio. La sede legale dell’Associazione Rousseau è in via Gerolamo Morone 6, la stessa della Casaleggio Associati. Il presidente (e tesoriere e amministratore unico) dell’Associazione Rousseau è lo stesso della Casaleggio Associati, ovvero Davide Casaleggio. L’unico dipendente a tempo pieno dell’Associazione Rousseau – il fido Pietro Dettori – è uno storico ex dipendente della Casaleggio Associati (gestore del blog di Grillo e adesso collaboratore di Luigi Di Maio). Insomma, le due società presiedute dal figlio di Gianroberto sono formalmente distinte, ma su più livelli sono sovrapposte, come due facce dello stesso Casaleggio. La confusione tra le due entità è tanta che anche il Garante della privacy nel suo atto d’accusa su possibili illeciti, commessi dall’Associazione Rousseau, nel trattamento dei dati degli utenti dei siti della galassia grillina (vedi articolo di Valerio Valentini) ha chiesto informazioni alla Casaleggio Associati. “In risposta ad alcune richieste di informazioni formulate nei confronti della Casaleggio & Associati s.r.l. (soggetto cui inizialmente sembravano riferibili i trattamenti in questione) – scrive l’Authority – il dott. Davide Casaleggio, legale rappresentante della predetta società e che tuttavia, nella vicenda in esame, ha precisato di rispondere in qualità di legale rappresentante dell’Associazione Rousseau”.

 

Il nuovo statuto e i nuovi tributi

Riuscire a sapere come ci si iscrive all’Associazione Rousseau, come vengono affidati gli incarichi, quanto tempo durano, come e su quali basi è avvenuta la selezione dei primi soci, quali obblighi o criteri di trasparenza nella rendicontazione delle spese vengono seguiti, come sono state spese le donazioni e se la Casaleggio Associati è un fornitore dell’associazione di Casaleggio e dei suoi associati (sono le domande poste a Davide Casaleggio che per ora non hanno ricevuto risposta), diventa di fondamentale importanza, soprattutto alla luce delle nuove regole del M5s.

 

La mini associazione capeggiata da Casaleggio jr. è infatti entrata nel nuovo statuto del partito all’articolo 1 (“Gli strumenti informatici attraverso i quali l’associazione M5s si propone di organizzare le modalità telematiche di consultazione dei propri iscritti disciplinate nel prosieguo del presente Statuto, nonché le modalità di gestione delle votazioni, di convocazione degli Organi Associativi… saranno quelli di cui alla cd. ‘Piattaforma Rousseau’, mediante appositi accordi da stipularsi con l’Associazione Rousseau”), all’articolo 4 (“La verifica dell’abilitazione al voto dei votanti ed il conteggio dei voti sono effettuati in via automatica dal sistema informatico della cd. Piattaforma Rousseau”) e all’articolo 6. L’Associazione è citata anche nell’articolo 5 del nuovo codice etico (“Ciascun parlamentare italiano, europeo e Consigliere Regionale eletto all’esito di una competizione elettorale nella quale si sia presentato sotto il simbolo del MoVimento 5 Stelle, si obbliga ad utilizzare la cd. ‘Piattaforma Rousseau’ come principale mezzo di comunicazione per uniformarsi agli obblighi di trasparenza e puntuale informazione dei cittadini e degli iscritti al MoVimento 5 Stelle delle proprie attività parlamentari”) e pure nel regolamento per le candidature alle prossime elezioni politiche, nel punto dell’articolo 6 in cui è prevista una “tassa” da versare a Rousseau (“ogni candidato si impegna… a erogare un contributo mensile di euro 300 destinato al mantenimento delle piattaforme tecnologiche che supportano l’attività dei gruppi e dei singoli parlamentari”).

 

Il tributo mensile dei nuovi parlamentari eletti segnerà anche un salto di qualità per Rousseau dal punto di vista delle entrate. Ipotizzando 163 contribuenti, lo stesso numero di deputati e senatori eletti dal M5s nel 2013, la “Rousseau tax” da 300 euro produrrà un gettito di circa 50 mila euro al mese, più o meno 600 mila euro l’anno, quasi 3 milioni nell’arco della legislatura. E’ l’esito più paradossale della parabola grillina: il M5s rinuncia ai finanziamenti pubblici, ma costringe i suoi parlamentari a finanziare un’associazione privata che gestisce il partito al posto loro. Se si prende come riferimento il bilancio del 2016 il totale delle entrate dell’Associazione Rousseau – contributi più donazioni – passerebbe da 400 mila a circa 1 milione di euro. Un fatturato più o meno pari a quello della Casaleggio Associati, con la differenza che i bilanci di Rousseau sono già adesso in attivo di quasi 80 mila euro – mentre quelli della Casaleggio in rosso da diversi anni – e che il flusso dei ricavi di Rousseau è garantito dal contratto quinquennale firmato prima delle elezioni dai candidati del M5s che, in caso di violazione, prevede una penale da 100 mila euro (una clausola che comunque sarà difficile far valere in un tribunale).

 

Il ruolo di dominus di Casaleggio jr.

Con la nuova armatura di regole, il ruolo di Davide Casaleggio nel M5s è corazzato sia dal punto di vista economico che giuridico: il nuovo statuto infatti prevede una procedura per sfiduciare il Capo Politico (Luigi Di Maio) e anche una – in verità molto complicata – per revocare il Garante (Beppe Grillo), ma non è prevista alcuna modalità per tranciare il legame indissolubile tra il M5s e l’Associazione Rousseau sancito all’articolo 1 dello statuto. Né il Movimento 5 stelle ha alcun potere o strumento per decidere, influire, controllare, cambiare i vertici o condizionare l’attività dell’Associazione Rousseau e del suo presidente Davide Casaleggio. Il nuovo M5s può cacciare Di Maio e rimuovere Beppe Grillo, ma non ha un modo per sostituire Davide Casaleggio o chiedere conto di cosa faccia la sua associazione con i dati del partito e con i soldi dei militanti e degli eletti.

 

Quello di Casaleggio jr. è un ruolo assoluto che non ha mai avuto neppure suo padre Gianroberto, che era una semplice autorità morale del movimento e non compariva formalmente in alcuno statuto o documento ufficiale del M5s (eccetto il contratto firmato dalla Raggi). In questo il figlio è stato più abile del padre, mettendosi in una posizione blindata e schermata, infrangibile e opaca: con soli 300 euro – le quote associative di Rousseau – Davide Casaleggio è diventato il dominus di un’associazione che ha in mano i dati, i processi decisionali, i meccanismi di selezione e i soldi che arrivano da una delle principali forze politiche del paese, senza dover dare alcuna giustificazione a nessuno. Non proprio la posizione ideale per chi predica la trasparenza, la democrazia dal basso, la partecipazione e la guerra ai conflitti d’interesse.

 

Sul sito della piattaforma della democrazia diretta da Casaleggio c’è scritto che Rousseau è “il sistema operativo del Movimento 5 stelle”, ma a ben guardare è vero l’esatto contrario: il Movimento 5 stelle è il braccio operativo dell’Associazione Rousseau. David Borrelli, uno dei tre soci, dice: “Di Rousseau meno ne so, meglio è”. Ma forse per i cittadini e gli stessi militanti del M5s sarebbe meglio saperne di più, magari prima delle elezioni. Spiegare come è fatta e come funziona la scatoletta cinese in cui è contenuto l’attrezzo con cui si vuole aprire il Parlamento “come una scatoletta di tonno” è un dovere di chi si candida a guidare il paese. Luigi Di Maio e Davide Casaleggio dovrebbero dare qualche risposta più articolata di una minaccia di querela.

  • Luciano Capone
  • Cresciuto in Irpinia, a Savignano. Studi a Milano, Università Cattolica. Liberista per formazione, giornalista per deformazione. Al Foglio prima come lettore, poi collaboratore, infine redattore. Mi occupo principalmente di economia, ma anche di politica, inchieste, cultura, varie ed eventuali