Andrea Orlando, ministro della Giustizia (foto LaPresse)

“Questa antimafia non funziona più”

Claudio Cerasa
“L’affollamento delle carceri? Emergenza finita. Csm? Riforma in arrivo. La legge sulle intercettazioni? Entro la primavera. E su Md e il referendum…”. Intervista con Andrea Orlando, ministro della Giustizia.

Roma. “Direttore, scusi, ma il suo era davvero un pezzo parecchio stronzo”. Due giorni fa questo giornale ha dedicato al ministro Andrea Orlando un articolo in prima pagina per spiegare le ragioni per cui il discorso pronunciato qualche giorno fa a Palermo durante l’inaugurazione dell’Anno giudiziario da molti punti di vista era debole e inutilmente ottimista rispetto al futuro del mondo della giustizia italiano. Il Foglio ha contestato a Orlando la scelta di affermare, con troppo ottimismo, che in Italia “non vi è più una questione giustizia che ricapitoli in maniera quasi paradigmatica il senso della crisi che il paese attraversa” e ha notato che sul piano della riforma del processo penale da molti punti di vista la vera rivoluzione non è quella che si sta materializzando in Parlamento ma è quella che si sta manifestando attraverso l’ascesa di una classe dirigente alternativa nel mondo della magistratura che ha portato alla ribalta, con il sostegno del Csm, una serie di magistrati controcorrente come il procuratore capo di Palermo, Lo Voi e la presidente della Corte d’appello di Firenze, Cassano. Lo Voi, nel corso dell’inaugurazione dell’Anno giudiziario, ha denunciato con severità il mondo dei professionisti dell’antimafia, notando che in questi anni “c’è stata una certa rincorsa all’attribuzione del carattere di antimafia, all’autoattribuzione o alla reciproca attribuzione di patenti di antimafiosità… Rincorsa che è servita anche a tentare di crearsi aree di intoccabilità, o magari a riscuotere consensi, a guadagnare posizioni, anche a fare affari e a bollare come inaccettabili eventuali dissensi o opinioni diverse…”. Cassano, da parte sua, ha notato che nel mondo della magistratura vi sono “improprie forme di supplenza da parte degli organi di informazione mediante la celebrazione di pseudo processi mediatici che determinano un’impropria sovrapposizione tra la realtà e la dimensione virtuale, producendo un’innegabile assuefazione emotiva con conseguente annullamento di ogni forma di pietas (…) e calpestando la presunzione costituzionale di non colpevolezza e creando dei veri e propri mostri mediatici, vanificando il principio di pari dignità di ogni persona, solennemente affermato dall’articolo due della Costituzione”. Possiamo dire davvero che il ministro Orlando sia in sintonia con questa nuova generazione di magistrati che ha cominciato a muoversi contro il pensiero unico manettaro? “Non userei quest’espressione ma le posso dire che mi ritrovo da molti punti di vista con le affermazioni della dottoressa Cassano e del dottor Lo Voi. Secondo lei è un caso che il ministro della Giustizia abbia scelto Palermo come sede per fare il suo punto sull’Anno giudiziario? Le rispondo io: certo che non è un caso. Vede: ho ascoltato con attenzione l’intervento di Lo Voi e sono convinto a tal punto che in Italia vi sia un problema urgente legato alla lotta alla mafia da aver convocato da qui a pochi mesi gli stati generali dell’antimafia non solo per fare un punto sullo stato della lotta contro la mafia ma anche per mettere a fuoco i molti problemi che stanno emergendo nell’antimafia, come ha già iniziato a fare la Commissione parlamentare. Alla luce di quello che è successo negli ultimi tempi, penso per esempio allo scandalo molto grave relativo alla gestione dei beni confiscati alla mafia, non faccio fatica a dire che per troppo tempo si è scelto, soprattutto a sinistra, di coprirci gli occhi di fronte a una sacralizzazione francamente fuori misura di alcuni ruoli. Per dirla in altri termini, l’assenza della politica ha creato un vuoto che la stessa politica ha accettato che fosse riempito dalla società civile e quel cortocircuito oggi lo stiamo toccando con mano. Per questo dico che è arrivato il momento per fare una riflessione critica sugli strumenti creati in questi anni per contrastare la mafia. L’Italia è all’avanguardia su questo campo e il mondo studia la bravura delle nostre forze dell’ordine e della nostra magistratura. Ma a maggior ragione è bene evitare che ci sia qualcuno che se ne approfitti. E proprio per questo la politica deve attrezzarsi per far si che non si ripetano casi come quelli contestati alla dottoressa Saguto (l’ex presidente delle Misure di prevenzione del tribunale di Palermo, indagata per corruzione, abuso d'ufficio e riciclaggio dalla procura di Caltanissetta, ndr)”.

 

Sulle parole ci siamo, ministro, ma come può pensare che non vi sia più una questione giustizia in un paese in cui vi è una corrente della magistratura importante, come Md, che si schiera in un referendum? Come può pensare che non vi sia una questione giustizia importante in un paese che vive sotto la dittatura delle intercettazioni? Come può pensare che non vi sia una questione giustizia in un paese che crea ogni giorno orrendi mostri mediatici? “Il modo in cui lei usa le mie parole mi sembra fuorviante. Quando dico che non c’è più una questione giustizia non intendo affermare che non esistano più problemi legati alla giustizia ma intendo ribadire un concetto che mi sembra centrale: oggi non viviamo più all’interno di uno scontro senza confini tra politica e magistratura e in virtù di questo nuovo clima è possibile far emergere anche all’interno della magistratura delle voci diverse con le quali non faccio fatica a riconoscermi. Questo pone le condizioni per affrontare meglio quei nodi”.

 

Un paese in cui vi è una corrente della magistratura che si schiera contro il governo è un paese in cui vi è un clima migliore nei rapporti tra politica e magistratura? “Ho sempre sostenuto, e lo ribadisco oggi, che le correnti della magistratura, almeno nella loro funzione originale, sono un antidoto contro la sclerotizzazione della stessa magistratura e del nostro sistema giudiziario. E avere magistrati su posizioni diverse mi sembra sia un elemento di ricchezza del nostro sistema giudiziario. Magistratura democratica ha sempre partecipato al dibattito sull’assetto costituzionale. E questo ha dato respiro a quello interno alla magistratura. Si può discutere sulle forme in cui questa partecipazione avviene ma non mi soffermerei su questo. E dato che lei mi rimprovera di parlare molto e di agire poco le vorrei dire che sono i numeri che le danno torto”. Non c’è più un’emergenza giustizia, ministro Orlando? “Capisco la sua provocazione, ma su molti aspetti l’emergenza non c’è più. Le cito due casi. Il primo riguarda il tema della custodia cautelare, a proposito di ingranaggi che rendono possibile il processo mediatico, il secondo riguarda il sovraffollamento carcerario. So che quando ci sono buone notizie i giornali tendono spesso a fischiettare ma le buone notizie ci sono e credo sia giusto metterle in rilievo. Primo punto: nel giro di due anni siamo passati dall’avere 11.500 persone in attesa di primo giudizio, in custodia cautelare, all’avere circa 8.500 persone in attesa di giudizio. Sono numeri che si possono ancora migliorare ma sono numeri che si spiegano grazie a una serie di riforme che governo e Parlamento hanno fatto in materia di custodia cautelare. Secondo punto: nel 2012, a fronte di una capienza carceraria pari a circa 47 mila unità, vi era una popolazione carceraria che ammontava a circa 65 mila unità. Quattro anni dopo, una capienza leggermente superiore, pari a circa 50 mila unità, siamo arrivati ad avere 52 mila detenuti, abbiamo portato da 20 mila a 40 mila le pene eseguite all’esterno del carcere, e l’emergenza non c’è più, anche se c’è ancora molto da lavorare sulle modalità dell’esecuzione della pena e sulla finalità riabilitativa. Io non sono mai stato contrario ideologicamente all’idea dell’indulto ma se si parlava di indulto per questioni legate al sovraffollamento oggi possiamo dire che quel tema non esiste più”.

 

Nel corso del suo ragionamento, il ministro Orlando ricorda anche che “entro la primavera verrà approvato anche dal Senato, dopo essere stato già votato alla Camera, il ddl sulla riforma del processo penale ed entro pochi mesi avremo anche una buona legge sulle intercettazioni (la delega sarà in mano al governo, ndr) che impedirà la pubblicazione di conversazioni irrilevanti ai fini dell’indagine e riguardanti persone completamente estranee attraverso una selezione del materiale relativo alle intercettazioni”.

 

A Orlando ribattiamo che una grande riforma del processo penale non può considerarsi tale senza che ci si occupi di separazione delle carriere, di obbligatorietà dell’azione penale e di riforma del Csm e su questo punto il ministro ribatte argomentando così: “Non sono al ministero per riformare la magistratura, sono al ministero per riformare la giustizia, e vorrei continuare su questa strada. Anticipo la sua obiezione: non volete riformare la magistratura per paura della magistratura. Ma le ribatto senza problemi: questo governo non ha paura di cercare un equilibrio nel funzionamento della magistratura e questo governo non a caso è quello che ha deciso, dopo vent’anni, di firmare una legge importante che si chiama responsabilità civile dei magistrati. E anche sul Csm…”.

 

Sul Csm cosa? “Le posso anticipare che tra una decina di giorni il ministero avrà pronta una sua bozza di riforma e in questa riforma non ci sarà solo una nuova legge elettorale per il Consiglio superiore della magistratura ma ci sarà una riforma della sezione disciplinare. Il modello che abbiamo conosciuto finora non funziona per una ragione semplice: se il plenum del Csm nomina Tizio in una procura come potrà quello stesso plenum esprimersi con libertà qualora Tizio, nominato dal plenum, compia un atto per il quale deve essere giudicato dal punto di vista disciplinare? La chiave migliore e più ragionevole è che vi siano sezioni separate e non sovrapponibili e che chi si occupa di disciplinare faccia solo quello”.

 

Uno step successivo rispetto alla riforma sulla responsabilità civile? “Terrei separate le due questioni ma non c’è dubbio che sia nell’interesse di un paese che vuole avere un sistema della giustizia credibile che chi ha sbagliato, anche nel mondo della magistratura, ne paghi le conseguenze. Aggiungo, per altro, che il disciplinare del Csm funziona concretamente già oggi”.

 

Nel febbraio dello scorso anno, il 24, il Parlamento approvava la legge sulla responsabilità civile e il Foglio chiede al ministro se a dodici mesi di distanza esiste un qualche dato per inquadrare il funzionamento della legge. “Numeri precisi e dettagliati ancora non ci sono. Abbiamo delle stime. Nel giro di un anno i procedimenti avviati nel merito sono alcune decine, si aggirano attorno alle trenta unità. Non c’è stata, come temeva l’Anm, un’ondata di procedimenti ma certamente ce ne sono stati di più in un anno rispetto ai sette casi accertati nei 26 anni in cui è stata in vigore la vecchia legge che disciplinava la vecchia responsabilità civile”. Non ci ha ancora risposto se secondo lei l’Italia è vittima ancora di una dittatura chiamata processo mediatico. “Non c’è dubbio che questa barbarie esista, e sono il primo a denunciarla da anni, ma è un problema che riguarda più il giornalismo che la magistratura. Spesso mi si chiede perché non lavorare a un provvedimento che possa costringere i media a concedere a chi è stato assolto in un processo uno spazio congruo con quello avuto quando quella stessa persona era sotto processo ma questa scelta, che sarebbe sacrosanta, riguarda più la deontologia di un giornalista che il legislatore e spero che su questo punto qualcosa cambi nei prossimi anni. Ho sempre paura che dicano cosa scrivere sul giornale. Quanto a noi, condivido l’appello della dottoressa Cassano quando dice che la celebrazione del dibattimento a distanza di molto tempo dal fatto commesso produce un’alterazione della fisionomia complessiva del processo, attribuendo un’impropria centralità alla fase delle indagini preliminari. Questo governo è al lavoro sulla riduzione dei tempi del processo e la riforma che verrà presto approvata al Senato ci darà una mano per agire con fermezza anche in questa direzione”.

 

[**Video_box_2**]La nostra conversazione con il ministro della Giustizia si è quasi conclusa ma prima di congedarci, approfittando del ruolo politico importante che Orlando ha conquistato all’interno del partito, poniamo al ministro alcune domande flash. Milano: per chi voterà Orlando? “Non faccio endorsement, non do indicazioni di voto, posso solo dire che conosco Francesca Balzani e che la sua è un’ottima candidatura”. Pd: ha paura ancora che il suo partito possa aggiungere una “n” dopo la lettera “d” e diventare un partito della nazione? “Non ho paura che il Pd possa guardare a un elettorato moderato e sono contro la descrizione della sinistra come una forza politica antropologicamente superiore alle altre. Sono sciocchezze, queste. Per quanto mi riguarda ho solo paura a immaginare un partito che rivendichi un monopolio che coincide con la dimensione statale e con l’istituzione di governo. Un partito barracuda che si mangia tutto è un’anomalia destinata ad avere le gambe fragili”. Pd, ancora: crede che funzioni l’esperienza di un politico che è contemporaneamente segretario del partito e presidente del Consiglio? “Non ci vedo nulla di strano, avviene così in gran parte d’Europa e anzi penso che sia un punto di forza del nostro partito avere un segretario che governa il paese. E’ importante però che il partito non sia sacrificato in questo binomio”. Infine, il referendum: crede anche lei che ci sia la possibilità, come teme il presidente della Repubblica, di andare al voto anticipato, nel 2017, in caso di successo al referendum costituzionale? “Non conosco il pensiero del presidente Mattarella a questo proposito. Renzi ha sempre smentito quest’ipotesi e credo alle sue parole. Per onestà però bisogna dire che non si può prevedere quello che accadrà dopo il referendum e che comunque andranno le cose sarebbe surreale non farsi delle domande sullo scenario che emergerà all’indomani del voto sulla riforma Boschi”. A presto, grazie.

  • Claudio Cerasa Direttore
  • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.