Roberto Maroni e Matteo Salvini (foto LaPresse)

A Milano non si Lega

Salvini gioca con le alleanze in Lombardia e fa arrabbiare Maroni

Salvatore Merlo
Il risiko in vista delle elezioni di Milano, l’idea del segretario leghista di separare Alfano dal suo partito, i botti in regione. “Lupi non sarebbe un cattivo candidato”, ha detto il segretario della Lega, alludendo all’ipotesi che l’ex ministro, e alleato di Alfano, possa candidarsi a sindaco di Milano

Roma. Un giorno, in piena campagna elettorale per le ultime regionali, Maurizio Lupi telefona a Matteo Salvini. “Ci stai andando pesante, eh”, dice subito Lupi, riferendosi a certe dichiarazioni di Salvini che suonavano all’incirca così: “Angelino Alfano è un incapace incollato alla poltrona, mentre Ncd fa schifo”. E Salvini, con quel tono dolce e spiritoso che assume sempre in privato, così diverso dalle interviste tonanti che concede: “Ma dài… lo sai com’è il gioco, no? Vedrai che dopo la campagna elettorale smetto”. E in effetti ha poi smesso di pestare su Ncd, ma per dedicarsi con gusto sadico al solo Alfano: “E’ il peggior ministro dell’Interno della storia della Repubblica italiana”, “prima tornerà un ministro dell’Interno vero meglio sarà per tutti”.

 

E l’alleanza in Lombardia che regge il governo di Roberto Maroni? E Milano, dove tra un anno si vota il sindaco? “Dove c’è Alfano non c’è la Lega… tranne che qualcuno non molli Alfano. E il discorso cambia”. Ecco. E la suggestione d’una specie di coup, di divorzio pilotato del partito centrista in Lombardia, domenica Salvini l’ha buttata lì, un po’ per caso, anche ad Arcore, di fronte a Silvio Berlusconi. “Lupi non sarebbe un cattivo candidato”, ha detto Salvini, alludendo all’ipotesi che l’ex ministro, e alleato di Alfano, possa candidarsi a sindaco di Milano e guidare una specie di scissione lombarda di Ncd che separi il destino della giunta di Maroni (che sui voti di Ncd si regge) da quelli di Alfano, “che per Salvini è una specie di bandiera da bruciare in effigie”, come suggerisce spiritosamente Mariastella Gelmini. Possibile? Improbabile. Malgrado Lupi e Salvini abbiano un contatto diretto, e si stiano pure simpatici.

 

[**Video_box_2**]L’ostacolo principale, oltre alla manifesta (finora) indisponibilità di Lupi, si chiama Maroni. Sempre più il presidente della Lombardia soffre quelle che lui giudica mattane un po’ bislacche del suo segretario Salvini. E l’operazione di separare Alfano dal gruppo consiliare in regione – al solo scopo di avere, forse, un ritorno mediatico (ed elettorale) nazionale – è precisamente uno di quegli equilibrismi, di quelle contorte e rischiose manovre, che chi ha responsabilità di governo, come Maroni, tende a escludere per principio, anzi, a non voler nemmeno che siano adombrate, perché anche il solo parlarne provoca un pericoloso festival dell’equivoco, del collo torto e del sospetto in uomini che poi dovranno votare cose come il bilancio regionale. “Maroni fa il governatore della Lombardia e lo fa bene”, ha detto Salvini. “Ma quello che fa la Lega lo decide la Lega e lo decide il segretario della Lega”. Lunedì è prevista una riunione del consiglio federale del partito. E sono anche previsti dei botti. Maroni, tra le altre cose, comincia a sembrare sempre meno convinto delle posizioni euroscettiche della nuova Lega, specie adesso, ora che si avverte la ripresa proprio grazie all’euro e alla Bce.

 

Di più su questi argomenti:
  • Salvatore Merlo
  • Milano 1982, vicedirettore del Foglio. Cresciuto a Catania, liceo classico “Galileo” a Firenze, tre lauree a Siena e una parentesi universitaria in Inghilterra. Ho vinto alcuni dei principali premi giornalistici italiani, tra cui il Premiolino (2023) e il premio Biagio Agnes (2024) per la carta stampata. Giornalista parlamentare, responsabile del servizio politico e del sito web, lavoro al Foglio dal 2007. Ho scritto per Mondadori "Fummo giovani soltanto allora", la vita spericolata del giovane Indro Montanelli.