Olof Sodermark, ritratto di Stendhal (Wikipedia)

piccola posta

La sorprendente parentela fra Tomasi di Lampedusa e Sciascia su "l'adorabile Stendhal"

Adriano Sofri

Un aggettivo usato da entrambi i letterati per il grande scrittore francese. Coincidenza? Difficile stabilirlo con certezza. Sciascia lo riservava a Stendhal e a sua moglie, Lampedusa (come Pasolini) lo spargeva a piene mani

Ho letto “Un matrimonio epistolare”, il carteggio fra Giuseppe Tomasi di Lampedusa e sua moglie Alessandra Wolff von Stomersee, Licy, curato e raccontato da Caterina Cardona. Uscito nel 1987 da Sellerio nella collana “Prisma” è ora ripubblicato, aggiornato, nella “Memoria”. Sono estasiato da alcune pagine, come quella del 1937 in cui Licy, da Riga, racconta la visita notturna di un tipo, “viso lungo a lama di coltello, una bocca umida e rossa, il tutto sotteso da uno sguardo sfuggente degli occhi freddi senza lenti… Lui è l’amico intimo e il discepolo di Dzeržinskij !!!… Era come leggere la Pravda… Lui trova ammirevole ‘di votare milioni di persone alla morte per arrivare a cambiare la psicologia del popolo’… Mi ha anche raccontato una quantità di casi di avvelenamento del bestiame ed infiniti altri crimini…” (l’idolo del cupo visitatore notturno, l’efferato fondatore della Čeka, era comunque morto undici anni prima).

Ma ne scrivo qui perché verso la fine del libro Cardona cita fra virgolette la devozione di Lampedusa all’“adorabile Stendhal”. Notissima, del resto: nel 1977 ancora Sellerio aveva pubblicato, nella bellissima collana bianca “La civiltà perfezionata”, con la prefazione di Philippe Bernard, le “Lezioni su Stendhal”, che il principe aveva tenuto per il solo giovane Francesco Orlando poi per un numero ristretto di allievi fortunati. Il fatto è che, come avevo ricordato pochi giorni fa a proposito di Mattarella commemoratore di Manzoni, quella espressione ebbe un rilievo peculiare in Leonardo Sciascia, proprio in apertura dell’“Affaire Moro”, nella pagina commossa sulle lucciole e Pasolini: là Sciascia osserva che l’aggettivo così pasoliniano, “adorabile”, lui l’aveva forse qualche volta scritto, e sicuramente più volte pensato: “Ma per una sola donna e per un solo scrittore. E lo scrittore – forse è inutile dirlo – è Stendhal”.

La coincidenza colpisce, tanto più se, come a me sembra, sia stata ignorata da Sciascia – ma non ne so abbastanza, e ne chiederò conferma a maestri come Silvano Nigro o Antonio Di Grado. Che Sciascia rivendichi di aver gelosamente riservato l’aggettivo adorabile a Stendhal, come già Lampedusa, può sorprendere. Tanto più se si ricordi che il giudizio di Sciascia sull’autore del “Gattopardo” e sulla sua (e del principe di Salina) idea della Sicilia e dei siciliani è, salvo un ripensamento più tardo, molto riservato. Per esempio, in un brano di magnifica ironia: “… libro di felicissima lettura. Un libro che ci fa venire la voglia di lanciare lo slogan ‘La letteratura ai letterati’ (e la terra ai contadini, s’intende): che sarebbe l’ora (ma a patto che i letterati non abbiano riserve sulla terra da dare ai contadini)… Il principe di Lampedusa è stato un gran letterato, e basta questo libro a dimostrarcelo; ma in quanto a dare le terre ai contadini (non diciamo le sue) non ha certo sentito profonda inclinazione: e non per ragioni ‘particolari’, ma per congenita e sublime indifferenza”. L’ho detto, e lo ricorda Matteo Collura nella biografia, Sciascia dichiarò poi che la sua idea della Sicilia – “irredimibile” – aveva finito per congiungersi con quella di Lampedusa.

Nel 2003 la “sola donna” per la quale Sciascia aveva dichiarato di poter usare l’aggettivo sparso a piene mani da Pasolini, sua moglie e allora vedova Maria Andronico, raccolse per Adelphi una serie di suoi testi appunto sotto il titolo “L’adorabile Stendhal”: in nessuno di quei brani, compreso quello dedicato a Lampedusa, Sciascia nota il precedente dell’aggettivo – se non m’inganno.

La coincidenza non è passata inosservata (per esempio, trovo in nota a un saggio di Toni Iermano su “Mario Bonfantini e il racconto morale della Resistenza”: “Per Stendhal e il conte Mosca anche Giuseppe Tomasi di Lampedusa nelle Lezioni aveva usato più volte i termini ‘adorabile’ e ‘adoratore’”). Direi che l’aggettivo adorabile fosse anzi caro a Lampedusa al di là di Stendhal, il che accennerebbe a una imprevedibile affinità con Pasolini… Anche in un accostamento temerario come nel giudizio di Lampedusa su “Il Rosso e il Nero”: “In quanto a me, Stendhal ha fallito il colpo: voleva dipingere l’Inferno, ha creato il più adorabile Purgatorio dantesco”.

Escluderei che questa omissione di Sciascia – se omissione ci fu – avesse niente di intenzionale. Tutt’al più si può pensare, ed è un pensiero piacevole, che nello Sciascia così impegnato e commosso della pagina fraterna a Pasolini avesse agito una memoria inconsapevole. Le parentele dei bravi scrittori sono molto più forti e tenaci che le loro effimere impazienze.