Quando a Lampedusa si prediligeva la carne dei gatti, dei cani, dei topi

Adriano Sofri

Un saggio ricostruisce la storia dei coatti ospitati sull'isola, negli anni tra il 1872 e il 1883

E’ noto che Lampedusa, come tante delle più belle isole, fu a più riprese un luogo di confino o una colonia penale. Ho trovato in rete un saggio su “La Colonia dei Coatti di Lampedusa (1872-1883)”, pubblicato sulla rivista Historia et ius, 15, 2019. Livio Gucciardo, l’autore, è un giovane maresciallo della Finanza, dottorando all’Università Kore di Enna. Erano destinati ai Coatti, ricorderà un ex direttore della colonia, gli edifici situati in “un’amena pianura denominata Salina appena fuori dell’abitato, in vicinanza del mare e di orti ricchi di verdure”; in totale “sei cameroni e quattro camerelle”, di cui uno “riservato ai camorristi” e uno “ai sodomiti passivi riconosciuti e bollati di ignominia”.

 

Erano elencate le infrazioni disciplinari, punite con sanzioni che andavano dall’ammonizione alla cella a pane e acqua (la più frequente) alla cella ai ferri: “Mancanza di rispetto e di obbedienza ai Superiori; assenza indebita dallo stabilimento o ritardo all’appello serale; possesso clandestino di armi e di effetti; ammutinamento; tentate evasioni; gravi indiscipline ed alterchi tra compagni; giuoco; ubriachezza; camorra; rifiuto assoluto e costante di lavorare; mancanze nel lavoro; mancanze nella scuola; finta infermità; altre”.

 

In un trimestre del 1883, per esempio, “la condotta dei coatti fu in generale soddisfacente”, salvi dei deferimenti “al potere giudiziario per ingiurie e diffamazione alla forza, due contravvenzioni ai regolamenti ed uno per tentato stupro violento sulla persona di due minorenni”.

 

Rapporti tesi con la popolazione locale, naturalmente. Rimando alla lettura, e intanto copio questo memorabile rapporto dell’Ufficiale del Genio civile del 1878: “I coatti generalmente provengono dai bassi fondi sociali ed è gente priva d’istruzione, e di educazione. La maggior parte non sa leggere né scrivere; ve ne sono che a stento scarabocchiano il proprio nome e cognome ed una lettera […]. A colmare la mancanza d’istruzione, vale l’abilità nelle professioni e nei lavori manuali […]. In quest’isola in cui fino a pochi anni addietro non esistevano che i sette palazzi costruiti dal governo borbonico ad uso dei coloni che nel 1843 vennero a popolarla, oggi mercé lo sviluppo delle produzioni locali in cui pur vengono impiegati i coatti, sorgono caseggiati magnifici di proprietà privata. Ebbene questi caseggiati non sono che opera dei coatti medesimi, i quali hanno portato qui lo stile e la costruzione delle migliori città, e l’hanno eseguiti da soli, senza la guida di persona tecnica che manca sopra luogo. Pochi, pochissimi sono coloro che ricercano cibi delicati e fra essi qualcuno che trae i natali da civile famiglia. La maggior parte si contenta di ciò che trova dentro un’osteria qualsiasi, dalla minestra rancida, alla carne ed al pesce talvolta puzzolenti e si direbbe che addirittura manca loro il palato. I continentali prediligono la carne dei gatti, dei cani, dei topi e perfino delle serpi. Capitando loro di uccidere questi animali o di trovar topi morti sulle vie, li mangiano con voluttà e taluno, allo stesso scopo fa l’allevamento dei gatti […]. Riassumendo: i coatti sono in massa degenerati, vera plebe del delitto, rifiuto putrido di grandi centri, deboli moralmente e predestinati all’ozio, al delitto abituale e piuttosto parassitario”.

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