Armando Siri e Matteo Salvini (foto LaPresse)

Che cosa c'è dietro all'eroica ed eolica resistenza di Siri e Salvini alle dimissioni?

Adriano Sofri

Domande attorno a un caso di garantismo senza precedenti

C’è qualcuno di voi che abbia trovato una spiegazione ragionevole alla eroica resistenza del sottosegretario Siri alle dimissioni? E qualcuno di voi ha trovato una ragionevole comprensione alla epica resistenza di Salvini alle dimissioni di Siri? Se sì, sareste gentili a raccontarlo. Se no, può darsi che siate troppo distratti, o troppo pavidi. E che una tale coincidenza di resistenze inaudite abbia bensì una spiegazione, come tutto, ma non una spiegazione ragionevole.

 

  

Siri tiene duro, per così dire, oltre ogni affermazione della propria innocenza – una delle formule usate quando ci si dimette è “per essere più libero di difendere la propria innocenza”… Sarà un po’ ipocrita, come le altre frasi cerimoniali, e la più derisoria di tutte, “Ho fiducia nella magistratura”, però ha un fondamento. Vuol dire che intendo difendermi senza dovermi preoccupare del danno o dei coinvolgimento che posso procurare ad altri, miei compagni di partito, di governo, di impresa eccetera. Siri tiene duro oltre ogni premura per la propria dignità personale: il messaggio inviato in extremis al presidente del consiglio, mi dimetterò entro quindici giorni da quando sarò stato sentito dai magistrati…, era una pagliacciata, e come tale o quasi, “una furbizia”, cestinata dal destinatario. Siri ha aggiunto al sospetto sollevato su lui il ridicolo. Lo fa per amore a una sua travolgente vocazione politica e civile? Risum teneatis, e mentre vi tenete dovete ammettere che un attaccamento così accanito non alla propria reputazione ma al proprio sgabello non promette niente di buono per l’ulteriore carriera.

 

Ma c’è uno che tiene duro almeno quanto Siri, e magari un po’ di più: Salvini. Il quale si spinge, lui, a ricordare che i processi si fanno in tribunale e che si è non colpevoli fino a sentenza passata in giudicato e cose così. Questo ferreo garantismo non ha precedenti nel curriculum dell’uomo, e si potrebbe salutarlo come una resipiscenza brusca ma comunque benvenuta. Solo che coincide strettamente con sintomi spettacolarmente opposti. Salvini è svelto a proclamare, a ogni crimine più o meno efferato, che gli autori “devono avere l’ergastolo”, opinione opinabile, comunque non di sua competenza, mentre di sua competenza sarebbe lavorare a sventare i crimini e a prenderne gli autori. E’ svelto anche a dichiarare “vergognosa” una sentenza (Bologna, adesso) e a intimare ai giudici che l’hanno pronunciata di “candidarsi con la sinistra”. E’ vero che in un caso almeno il garantismo di Salvini è stato inflessibile: quando ha chiesto di essere esonerato dal processo sulla Diciotti, dopo essersi millantato pronto alla galera e anzi all’ergastolo che, a suo dire, i magistrati progettavano per lui. La domanda, almeno la mia, è: che cosa spinge Salvini all’oltranza della difesa di Siri – del suo sottoposto di sottosegretario? Voi credete davvero che sia una fedeltà ad ogni costo all’amicizia e alla impresa comune? E, anche se così fosse, Siri-Pilade non libererebbe il suo Oreste-Salvini da quel costo? E’ Siri che tiene fermo Salvini o Salvini che tiene fermo Siri? E quando Salvini proclama che non ci si dimette se non dopo una condanna, e lo ripete anche quando è chiaro che Siri sarà dimesso, sta difendendo il passato e il presente che assediano Siri, o il futuro in cui toccasse a lui? E caso mai, si tratta di un futuro vago e sempre possibile, o di un futuro reso prossimo da una compartecipazione agli utili della catena di Sant’Antonio, o di San Giovanni Battista, protettore di Castelvetrano, e dello spirito che soffia dove vuole ma più forte nelle pale dei signori Nicastri e Arata padre e figli e Siri e Giorgetti e Salvini? E’ solo un’illazione, un venticello, ma chiederei in cambio di fornire una teorica spiegazione alternativa della resistenza strenua sullo sgabello di Siri. I 5 stelle, beneficiari improvvisi e immeritanti di un argomento almeno col quale mettere nell’angolo l’alleato che stava per finire di rubargli tutta la roba, come un gabellotto al contino fesso col vizio del gioco, premono sull’unica circostanza in cui la rottura del governo darebbe loro qualche respiro, perché anche l’ubriachezza molesta degli elettori forse si gratterebbe la zucca di fronte a una crisi di governo provocata per tenere il posto a uno accusato di avere intascato – cose da taschino – 30 mila euro. Così, dopo aver tirato fuori le pale, i 5 stelle ringalluzziti invitano intrepidi Salvini a tirar fuori le palle, perché a questo punto siamo. E a qualcosa devono pensare, dal momento che Conte ha ricordato che l’intervento richiesto a Siri valeva prima di tutto a sanare qualcosa che si era già consumata. Si può solo augurarsi che quella catena si sia interrotta prima che a compromettersi fino all’ultimo anello sia arrivato chi oggi dispone del governo dell’Italia. Il quale, del resto, quando scorrazzava ancora spensieratamente pensando tutt’al più a un viceregno, non arretrava nemmeno davanti alla piazza di Pyongyang e alla felpa relativa. C’è da augurarselo. Trovo tuttavia che la frase: “Tappatevi la bocca. E’ l’ultimo avviso”, sia un efficace compendio di Cosa Nostra e ‘ndrangheta insieme. E mostri che le citazioni di Salvini non si riducono al glossario mussoliniano.

 

E mentre aspetto – dico per dire, naturalmente – di sapere se qualcuno di voi abbia una spiegazione ragionevole della eolica resistenza Siri-Salviniana, farei anche una domandina supplementare, per la pura curiosità, una curiosità del terzo tipo, senz’altro: che cosa succederebbe se una crisi istituzionale di qualche imprevedibile genere facesse sfilare nelle strade italiane le truppe ufficialmente fasciste che oggi si accontentano di addestrarsi alle armi, ed esercitarle al minuto, nelle curve e nelle adiacenze degli stadi, e a srotolare striscioni a due passi – due! – da Piazzale Loreto, e a sbracciarsi a Predappio, e a editare e ad abbigliare Salvini e ad additare Soros e Saviano a 5 euro l’uno, sfilare, dicevo, come vere squadre paramilitari di rincalzo a un governo come quello che c’è? Al Viminale, di cui Salvini è frequentatore rado, leggo, e Steve Bannon ospite d’onore? Fu terribile dover contare sui servizi d’ordine. Sarà terribile non poterci più contare?

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